Un segreto gelido emerge dalle ceneri, mentre Andrés affronta il suo passato e Pelayo lotta per proteggere il suo futuro.
La polvere non si è ancora posata completamente sui resti carbonizzati della sala caldaie, ma per Andrés, la ferita è ancora aperta e sanguinante. In “Sueños de Libertad”, il peso della verità sta per schiacciare il protagonista, in un susseguirsi di rivelazioni che promettono di scuotere le fondamenta della sua esistenza. L’episodio che ci attende ci trascina in un vortice di ricordi frammentati e minacce soffocate, dove la linea tra innocenza e colpa si fa sempre più labile.
Il cuore della narrazione batte forte nella figura di Andrés, il cui tormento interiore si manifesta in un ritorno straziante sul luogo del disastro. La sala caldaie, un tempo simbolo di operosità, è ora un monumento alla distruzione. Andrés, con lo sguardo fisso e la mano che trema lievemente, ripercorre con gli occhi ogni angolo devastato. Le superfici annerite, le impalcature distorte, i detriti sparsi come lacrime di metallo: tutto parla di un evento catastrofico. La sua mente, torturata da flashback confusi – suoni metallici, volti distorti, bagliori accecanti – lotta per ricomporre il puzzle di quel giorno fatale. La sua ossessione non è un capriccio, ma una ricerca disperata di risposte che sembrano sfuggirgli come sabbia tra le dita.
Dal varco dell’ingresso, la figura di Damián osserva il figlio con un’apprensione palpabile. La sua voce, contenuta ma carica di preoccupazione, rompe il silenzio opprimente: “Figlio, sei sicuro che sia una buona idea affrontare tutto questo?” La risposta di Andrés è un monosillabo, un cenno del capo che racchiude tutta la sua determinazione incrollabile e, forse, un presagio di ciò che sta per accadere. La sua scelta di confrontarsi con il proprio trauma è un atto di coraggio, ma anche un passo verso un baratro di verità potenzialmente distruttive.

Un operaio, con la tuta macchiata e le mani ancora scosse dai postumi dello shock, si avvicina, invitando Andrés e Damián a procedere con cautela. Le sue parole sottolineano la magnitudine dell’incidente e la fortuna quasi inspiegabile di essere sopravvissuti: “Sono stati molto fortunati ad essersi salvati. Avreste potuto morire tutti e tre.” Queste parole, pronunciate con un misto di stupore e sgomento, toccano una corda profonda in Andrés.
“Con tutto questo,” mormora Andrés, più a se stesso che agli altri, la voce roca per l’emozione, “non riesco a spiegarmi come siamo sopravvissuti io e mio cugino. Peccato che Benítez non abbia avuto la stessa fortuna.” La morte di Benítez è un macigno sulla coscienza di Andrés, un ricordo indelebile che aggiunge un ulteriore strato di dolore alla sua ricostruzione mentale.
L’operaio, aggrottando la fronte, offre una spiegazione che sembra più un tentativo di razionalizzare l’irrazionale: “Forse vi siete salvati perché una delle protezioni della caldaia si è incastrata e non è stata proiettata verso l’alto. Altrimenti, sareste potuti rimanere schiacciati. Se la caldaia fosse saltata un metro più in alto, non saremmo qui a parlare ora.” Questa ipotesi, pur logica, non riesce a placare il turbinio di pensieri di Andrés.

Ed è in questo momento che i ricordi iniziano a farsi più nitidi, emergendo con una forza quasi violenta. Le immagini di quel giorno si sovrappongono e si scontrano nella sua mente: la lotta frenetica per evitare l’esplosione, le mani sudate che cercavano leve e sicurezze, l’odore acre di metallo rovente, il rumore sordo che precedeva il caos. Poi, il ricordo di Gabriel. Un istante carico di accuse, di parole che ora ritornano come frustate nella sua memoria. Andrés accusa suo cugino di essere il responsabile di tutto. E la confessione di Gabriel, fatta con voce spezzata, risuona con agghiacciante chiarezza: “Ho manomesso i contatori.” Ma aggiunge, con un’apparente rassegnazione che ora suona come cinismo: “Ma non c’è più niente da fare.”
Le immagini si confondono nuovamente, sfumando nel fragore dell’esplosione. Flash bianchi, un’onda d’urto che lo scaraventa all’indietro, il suono acuto delle sirene che si mescola a un sibilo assordante che provoca un dolore lancinante nella testa di Andrés. Quasi incapace di reggersi in piedi, Andrés si aggrappa a Damián, il volto contratto dall’angoscia. “Devo uscire da qui,” sussurra, la voce tremante di panico. “Aiutami ad uscire, ti prego.” La sua richiesta disperata non è solo un bisogno fisico di fuga, ma un grido di aiuto per liberarsi dal peso opprimente di un passato che sta venendo alla luce.
Nel frattempo, mentre il dramma di Andrés si dipana, la tensione si intensifica altrove. Al calar della notte, Pelayo prende una decisione coraggiosa e potenzialmente pericolosa: andare in carcere per affrontare l’uomo che ha minacciato Marta. L’incontro si svolge in un’atmosfera carica di minaccia. Il detenuto, con studiata nonchalance, accoglie Pelayo con sarcasmo: “Beh, beh, beh. Mi aspettavo sua moglie, a dire il vero, ma immagino che lei abbia più carattere di lei. Nonostante lei sia la donna di casa.”

Questa provocazione, mirata a ferire e sminuire, fa divampare l’ira di Pelayo. La sua voce si fa affilata: “Cosa hai detto?” Il detenuto, fingendo indifferenza, ribatte, con un velo di perfidia: “L’ho già detto. Mi perdoni la mia mancanza di modi. Avevo dimenticato che sono di fronte all’estimato governatore civile. Immagino che sua moglie le abbia già trasmesso i miei desideri.”
Pelayo annuisce, mentre cammina intorno all’uomo, studiandolo come un predatore. Il detenuto insiste, con cinismo disarmante: “Quando sarà? Quando mi farà uscire da questo buco infetto?” È allora che Pelayo, avvicinandosi, sussurra all’orecchio del suo antagonista con una freddezza glaciale: “Mai.” La risposta del detenuto è un sorriso ironico: “Si arrischia davvero a farmi parlare con questa boccuccia? Dov’è finito quel matrimonio esemplare che formano lei e sua moglie, in cui entrambi sembrano proteggere persino i più piccoli dei vostri peccatucci?” Le parole sono cariche di intento, un tentativo di seminare il dubbio e la vergogna, di minare la reputazione impeccabile che Pelayo ha così faticosamente costruito.
Pelayo, tuttavia, non perde la sua compostezza. Si siede di fronte al detenuto, la voce ferma: “Ascolti. Non sono qui per soddisfare i suoi desideri né per supplicarla di smetterla di diffamarmi, mia moglie e me. Sono venuto a dirle che se, come finora, continuerà a minacciare uno dei miei cari, la sua permanenza qui sarà molto breve, e non certo perché uscirà di prigione.” Il detenuto, confuso, chiede: “Cosa intende dire?”

La risposta di Pelayo è tagliente come un rasoio: “Abbiamo la sfortuna di vivere in un paese dove si distilla ancora la pena di morte. Quindi, se non vuole che le venga applicata, non chiami più a casa mia, non scriva più a mia moglie e non si avvicini alla mia famiglia.” Il detenuto, cercando di recuperare il controllo, sfida ancora: “Si arrischia davvero a farmi parlare?” Pelayo lo affronta con severità: “Dica quello che vuole. Lei è solo un povero pazzo che non sa più cosa fare per uscire da qui. Io sono il governatore civile. Scoprirà le conseguenze.”
Nonostante le minacce, il detenuto promette vendetta: “Questo non resterà così. Vi rovinerò la vita.” Pelayo risponde con un’ironia tagliente: “Certo. Ci provi.” Alza la mano, chiama la guardia e si ritira, mentre il detenuto continua a urlare minacce inascoltate. La scena degenera in violenza: una guardia si avvicina e inizia a colpire il prigioniero senza pietà. Pelayo osserva da lontano, il volto impassibile, e abbandona la sala visite.
All’esterno, incontra Mellado, l’incaricato del carcere. Con voce ferma e grave, Pelayo dichiara: “Quell’uomo ha minacciato mia moglie, e non è la prima volta. Mi piacerebbe che fosse trasferito in un’altra prigione.” Mellado annuisce con professionalità: “Certamente. Alla prigione di Ocaña sapranno come occuparsene.” Pelayo gli consegna una busta e, guardandolo negli occhi, sottolinea: “Mellado, che siano chiare quali sono le conseguenze di minacciare il governatorato di questa città.” Mellado accetta la busta e risponde: “Può contare su di me.” L’episodio si conclude con Pelayo che si allontana nel corridoio illuminato dai neon, mentre il suono metallico di porte e chiavistelli riempie l’aria, un promemoria della tensione che si è abbattuta sulla famiglia.

Le domande che aleggiano sono cariche di suspense: Andrés riuscirà a ricordare completamente la verità sull’esplosione? Fino a che punto Pelayo è disposto a spingersi per proteggere Marta e la sua reputazione? Il detenuto custodisce un segreto in grado di mettere in pericolo la famiglia del governatore? E Damián, riuscirà ad aiutare suo figlio a superare il trauma, o le cose si complicheranno ulteriormente?
“Sueños de Libertad” continua a tessere una trama di intrighi e passioni, promettendo un futuro carico di colpi di scena. Restate sintonizzati per scoprire come si dipaneranno questi nodi di tensione.
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