Sueños de Libertad Capítulo 439: Begoña tra Amore, Colpa e Adozione 🔥🔥 – La Donna Tra le Scelte Difficili e i Fantasmi del Passato

Il profumo del cambiamento, l’odore della colpa e il richiamo dell’amore: la vita di Begoña è un intreccio complesso di decisioni che rischiano di travolgerla.

Toledo, Spagna. Nel cuore pulsante di Toledo, la prestigiosa profumeria “La Reina” è avvolta da un’atmosfera densa, un cocktail di tensione mascherato da sorrisi forzati e cordialità di facciata. L’arrivo di nuove, imponenti scatole, provenienti dalla fabbrica francese Broter – ora parte dello stesso colosso imprenditoriale che ha acquisito la catena spagnola – ha innescato una reazione a catena che va ben oltre la mera riorganizzazione dello spazio espositivo.

La direttrice, donna dai modi misurati e dalla voce impeccabile come la sua uniforme, ha annunciato l’integrazione dei prodotti Broter con una calma quasi esasperante: “Buongiorno a tutte. Come vedete, è arrivato il nuovo carico. Una linea di profumi, l’altra di cosmetici. Da oggi, questi prodotti saranno esposti e venduti qui.” La sua voce, pur gentile, non ammetteva repliche.


La sorpresa e l’incredulità sono dipinte sui volti delle dipendenti, specialmente su una delle più giovani. “Ma venderemo prodotti Broter nel nostro negozio?” chiede, un misto di stupore e tradimento che le incrina la voce, come se si stesse profanando un luogo sacro. La direttrice, impassibile, conferma: “Certo. Ora facciamo parte della stessa famiglia aziendale. La fabbrica in Spagna è temporaneamente ferma e dobbiamo spostare l’inventario e offrire novità alle nostre clienti.” La frase “La signora Marta de La Reina è al corrente di tutto e ha dato la sua approvazione personale” spegne ogni barlume di speranza di resistenza. La decisione è arrivata dall’alto.

Senza concedere tempo per metabolizzare la notizia, arrivano gli ordini: “Dobbiamo riorganizzare tutto il negozio. Claudia, per favore, svuota completamente gli scaffali sul retro. Emma ed io intanto disimballeremo le scatole. I prodotti Broter occuperanno le vetrine centrali, quelle che le clienti vedono per prime. I nostri, quelli delle profumerie La Reina, li sposteremo nelle vetrine laterali.”

Quest’ultima istruzione è una vera e propria stilettata. Il malessere, fino ad allora contenuto, diventa palpabile. Una delle commesse più anziane, con voce tremante ma dignitoso orgoglio, interviene: “Con tutto il rispetto, non mi sembra giusto. I nostri prodotti, quelli di sempre, il marchio spagnolo che ha costruito questa casa, non dovrebbero essere relegati in un angolo.” Le sue parole risuonano come un grido di protesta per un orgoglio ferito e un profondo senso di appartenenza.


La direttrice, con una diplomazia gelida, concede: “Capisco perfettamente il tuo sentimento. Ma dobbiamo essere strategici. Le novità devono spiccare per attirare l’attenzione. Le nostre clienti conoscono e amano già i prodotti de La Reina. Quelli di Broter, invece, hanno bisogno di una spinta promozionale.” Distribuisce cataloghi e conclude la riunione con un augurio di “buone vendite” che suona più come un ordine implacabile.

Appena la direttrice volta le spalle, il mormorio della frustrazione esplode: “È incredibile. Ci stanno mettendo agli angoli come fossimo di serie B.” “Questa è un’umiliazione, una completa umiliazione”, risponde un’altra con rassegnazione. La sensazione di essere sminuite dalla nuova direzione francese è un veleno che si diffonde nella boutique. Claudia, con l’indignazione negli occhi, è pronta a protestare, ma Carmen, con la sua esperienza, la ferma: “Cosa vuoi dire, bambina? Non c’è niente che possiamo fare. Se apriamo bocca, questi francesi ci mettono alla porta. Dobbiamo tacere e sopportare, anche se ci ferisce l’orgoglio.”

Nel mezzo di questo clima di impotenza e rabbia repressa, un flacone di profumo scivola da mani tremanti e va in frantumi sul pavimento. Il rumore del vetro rotto risuona nel silenzio teso della boutique. Carmen, con un’amara ironia, sentenzia: “Ecco, questo succede più spesso di quanto dovrebbe.” Una metafora perfetta del loro stato d’animo: qualcosa di più di un flacone si è infranto in quella boutique: lealtà, morale, illusione.


Lontano dall’ambiente teso della profumeria, nel calore di un focolare domestico, Begoña cerca Matilde, la nonna della piccola Julia, per una conversazione che sa sarà difficile. L’atmosfera tra loro è densa, carica di sentimenti inespressi. Begoña rompe finalmente il silenzio, cercando le parole giuste per scusarsi: “Matilde, so che avrei dovuto parlarti prima dei miei piani di adottare Julia. Mi dispiace davvero,” inizia, con la voce piena di rimorso. “La mia unica intenzione era agire per il bene della bambina. Non volevo che si sentisse insicura o dislocata ora che Gabriel ed io ci sposiamo.”

Matilde ascolta con una serenità che nasconde una profonda tristezza. Quando Begoña finisce, l’anziana risponde con la calma che solo gli anni sanno donare: “Begoña, quello che hai fatto è stato un errore,” dice senza rimprovero, ma con il peso della verità. “Io sono la sua nonna. Meritavo di saperlo da te, non di scoprirlo per caso da mia nipote. Mi ha fatto molto male.”

Begoña annuisce, accettando la colpa: “Lo so e non ho scuse. Ho agito d’impulso, mossa dall’emozione del momento. La bambina era triste e io volevo solo darle sicurezza, farla sentire che avrà sempre una casa con me.”


“Una cosa sono le buone intenzioni, un’altra è la vita reale,” replica Matilde con la saggezza di chi ha visto molto. “Non è che non mi fidi di te, ma la vita mi ha insegnato ad essere cauta, soprattutto con gli uomini. Sono pochissimi quelli che meritano davvero.”

Begoña interviene a difesa del suo promesso sposo: “Gabriel non è così. Lo amo. È un uomo meraviglioso e so che sarà un padre eccezionale per Julia,” afferma con convinzione. Ma Matilde, sempre pragmatica, le solleva un dubbio ragionevole: “E cosa succederà se a quest’uomo così buono offriranno un posto importante a Parigi con la nuova azienda francese? Porterete Julia lontano da qui, lontano da me?”

Begoña si sente in trappola: “Quella è solo una supposizione, una remota possibilità,” balbetta. “Nella vita bisogna pensare a tutte le possibilità,” insiste Matilde. “Soprattutto quando si tratta di una bambina che ha già sofferto troppo. Conosco a malapena il tuo promesso sposo, Begoña. Mi sarebbe piaciuto avere tempo per conoscerlo, per sapere chi è l’uomo che vuole essere il padre di mia nipote, prima di parlare di adozione.”


Begoña, sopraffatta dalla colpa, si scusa ancora: “Lo capisco, ma non possiamo più tornare indietro. Se ora le togliamo quella promessa, le faremmo un danno terribile.” Matilde sospira, sconfitta dalla logica schiacciante di quelle parole: “Lo so,” dice con rassegnazione. “Per il bene di mia nipote accetterò questa decisione, anche se non sono d’accordo su come sono andate le cose.”

Prima che Begoña se ne vada, insiste un’ultima volta: “Ti giuro che Gabriel ti dimostrerà che puoi fidarti di lui.” Matilde la guarda con un misto di affetto e preoccupazione e conclude con una frase che rimane sospesa nell’aria: “Figlia mia, spero sinceramente che tu non ti sbagli.”

Poco dopo quella conversazione agrodolce, la tranquillità di Begoña viene turbata da una visita del tutto inaspettata. Beltrán, una figura del suo passato, appare sulla sua porta con un mazzo di fiori, un gesto che evoca tempi lontani e sepolti. Begoña, visibilmente sorpresa, riesce a malapena a articolare un: “Cosa ci fai qui?”


Beltrán le offre un sorriso un po’ nervoso: “Sto andando a Córdoba. Ho una riunione con degli investitori, ma ho voluto fare una deviazione per passare a trovarti a Toledo,” spiega. “Inoltre, volevo scusarmi per il nostro ultimo incontro. È stato molto teso e, dato che non hai risposto alla mia lettera, temevo che fossi ancora arrabbiata con me.”

Begoña mantiene una distanza prudente. La storia tra loro era stata intensa e il finale, doloroso, si avverte nell’aria. Beltrán, con tono conciliante, aggiunge: “Mi piacerebbe molto che potessimo andare d’accordo, Begoña, almeno come amici.”

Lei scuote la testa, diretta e sincera: “Non credo che sarebbe possibile, Beltrán. Sarebbe una situazione molto imbarazzante per tutti e tre. Per te, per me e soprattutto per Loreto, la tua nuova compagna.” Beltrán annuisce, accettando la realtà: “Sì, suppongo che tu abbia ragione. Le cose sono cambiate molto.”


Begoña non può evitare un commento con un leggero tocco di ironia: “Beh, si sono cambiate parecchio. È curioso, perché ricordo che non avevi mai un’opinione molto buona di Loreto.” Beltrán sorride un po’ imbarazzato: “Beh, dopo che la nostra storia è finita, abbiamo iniziato a incontrarci molto al club di tennis e una cosa ha portato all’altra. Ora siamo fidanzati.”

La notizia la sorprende, ma Begoña reagisce con eleganza: “Sono felice per voi. Vi auguro di essere molto felici,” dice. E anche se la sua voce trema per un istante, il suo augurio è sincero. È un misto strano di nostalgia per ciò che è stato e accettazione di ciò che è. “Loreto sembra una brava ragazza, sarà sicuramente la moglie perfetta.”

Beltrán, volendo chiudere quel capitolo delle loro vite in modo amichevole, le restituisce l’augurio: “E io ti auguro lo stesso a te, Begoña, che tu possa trovare un uomo che ti renda immensamente felice.” Lei risponde con una calma che dimostra la sua nuova forza: “Sto molto bene come sto, concentrata sul mio lavoro e sulle mie nuove responsabilità in azienda.”


Lui la guarda con interesse: “Ah, sì. Mia madre mi ha raccontato che avevi comprato azioni con il denaro di un’eredità, quindi ora sei anche una donna d’affari.” La sorpresa di Begoña è evidente: “E come fa a saperlo?” “Tua madre ha incontrato la tua l’altro giorno all’uscita dalla chiesa,” chiarisce lui. La tensione iniziale si è dissolta, lasciando spazio a una cordialità strana e agrodolce. Beltrán sembra genuinamente felice di vederla forte e indipendente. Begoña, tuttavia, decide che è il momento di concludere la conversazione: “Bene, devo tornare in laboratorio. Ho molto lavoro arretrato.” Lui, comprensivo, si scusa per averla trattenuta: “Certo, non ti tolgo altro tempo. Devo continuare il mio viaggio.”

Proprio mentre si volta per andarsene, si ferma e, con una certa timidezza, aggiunge: “Senti, è il compleanno di Loreto e pensavo di comprarle un regalo. Tu la conosci meglio di chiunque altro. Non ti dispiacerebbe darmi un consiglio?”

Begoña esita un istante. Il suo primo impulso è di rifiutare: “Uff! È che sono molto impegnata oggi. Davvero, non ho un minuto libero.” Beltrán, rassegnato, si scusa ancora: “Non preoccuparti, capisco perfettamente. Me la caverò da solo.”


Sta per andarsene quando Begoña, in un gesto impulsivo, un misto di gentilezza e forse un’eco della nostalgia che condividevano, lo ferma: “Aspetta,” dice. “A Loret Canton ti consiglio i profumi. Se vuoi, questo pomeriggio, quando esco dal lavoro, possiamo vederci in negozio e ti aiuto a scegliere uno che le piaccia davvero.”