Sueños de Libertad: Capitolo Del 10 Al 14 Novembre – Tempesta di Segreti e Oltre di Sopravvivenza a Toledo

Toledo, Spagna – La settimana che va dal 10 al 14 novembre si è abbattuta sulla vita dei nostri amati personaggi di “Sueños de Libertad” come un uragano di emozioni, scelte irrevocabili e rivelazioni scioccanti. Mentre il sole di Toledo tagliava l’aria con una luce cristallina, quasi a volersi purificare delle ombre del passato, all’interno delle mura della “colonia de los de la Reina”, la luce filtravano attraverso persiane complici di innumerevoli segreti. È in questo crogiolo di non detti che i fili del destino si sono intrecciati in modi inaspettati e a volte brutali.

Il lunedì si è aperto con un silenzio innaturale nell’appartamento di Gabriel. Non il solito sottofondo di musica soffusa o l’aroma confortante del caffè, ma un vuoto denso, quasi chirurgico. L’arrivo di Begoña, con un quaderno stretto al petto come un’armatura, ha infranto quella quiete. Il suo ritorno, accolto da un Gabriel impeccabile ma con la cravatta a mezzo annodare, è stato carico di un misto di gratitudine e un sottile, inconfondibile rimprovero. “Sono tornata,” ha detto Begoña, e nella sua voce risuonava il peso delle attese. Gabriel, con un sorriso che a Begoña è parso più calibrato che mai – un sorriso da avvocato, capace di illuminare un’aula prima di un’obiezione che cambierà il corso di un processo – ha confermato il suo ritorno. Ma tra loro si era aperto un abisso invisibile, un baratro colmato dal nome di Julia e dagli echi misteriosi di un viaggio a Parigi, intriso di vaghe notizie, carte con intestazioni francesi e un’agenda indecifrabile.

La richiesta di Begoña, pronunciata con una voce affinata da ore di prove davanti allo specchio, è stata un fulmine a ciel sereno: rendere ufficiale la loro richiesta di adottare Julia. Non più promesse nell’aria, non più piani destinati a dissolversi, ma un desiderio di solidità, di un nome legalmente sancito, di un legame inattaccabile. Gabriel, sorpreso da tanta fermezza, da questa brama di registrazione legale della felicità, ha esitato. Alle sue spalle, una fotografia di Begoña con Julia sembrava giudicarlo in silenzio. “Forse non è il momento migliore,” ha mormorato, accennando alle complicazioni parigine, alla fragilità di Damián e al rischio che un’eccessiva pressione potesse rompere qualcosa. Ma Begoña, con una calma incrollabile, ha ribattuto: “Quello che si rompe quando le cose non si fanno in tempo, Gabriel, non è ‘qualcosa’. È un bambino.” La menzione del nascituro ha scosso Gabriel, facendolo riflettere sul suo piano meticolosamente architettato, un domino di decisioni che la richiesta di Begoña minacciava di far crollare. Ha chiesto un giorno, solo ventiquattro ore per organizzare l’agenda e parlare con Damián. La sua parola, o la sua firma, sarebbero arrivate.


Nel frattempo, le porte del carcere si sono aperte per Pelayo. Il sapore amaro della sconfitta gli ha inondato la bocca. Entrato con l’arroganza di chi credeva di essere intoccabile grazie al suo denaro, è uscito con l’inquietudine di chi ha toccato i limiti del proprio potere. L’incontro con Eladio era stato teso. Eladio aveva accettato le sue condizioni per mantenere il silenzio, ma Pelayo aveva intravisto negli occhi del suo interlocutore una scintilla di risentimento che prometteva guai futuri. “Non ci darà più fastidio,” ha assicurato a Marta con una sicurezza forzata. “Ho tagliato il problema alla radice, ho comprato la pace.” Marta, scettica, sapeva che la vera pace non si compra, si costruisce. “Spero tu abbia ragione,” ha detto, e il suo “spero” risuonava come un profondo dubbio.

Proprio in quel momento, il telefono ha squillato. Era Chloe, la donna francese che di solito prediligeva la concisione dei telegrammi, ma questa volta aveva bisogno della potenza della voce. “Marta Cherie,” ha detto con una dolcezza venefica, “mi dispiace essere io a darti la notizia, ma è meglio che tu la sappia da me. Da oggi, Perfumerías de la Reina sarà Perfumerías Brosar de la Reina. È solo una piccola sfumatura, un’alleanza per potenziare il marchio, niente di più.” Marta ha sentito il cuore gelarsi. Aveva compreso la strategia: non un’acquisizione ostile, ma un’infiltrazione lenta e paziente, un cognome che si inseriva nel suo come se fosse sempre stato lì. “Damián lo sa?” ha chiesto, la rabbia che saliva in gola. “Sta vedendo le nuove insegne sulla fabbrica in questo preciso istante?” ha risposto Chloe. “Accompagnala, avrà bisogno di te.”

Alla fabbrica, l’atmosfera era irrespirabile. Joaquín, appena nominato direttore, si sentiva un impostore. Firmava licenziamenti non decisi da lui e obbediva a ordini di un francese invisibile. La tensione accumulata è esplosa quando si è incrociato con Tacio. “Non venirti a dire che stai solo eseguendo ordini,” ha urlato Joaquín. “Non parlarmi come se la sofferenza della gente fosse una semplice pratica amministrativa.” Tacio, temprato da mille battaglie, ha stretto la mascella. “Sto cercando di salvare i posti che posso,” ha risposto con voce roca, “e di salvare te dal commettere una follia, perché se non lo faccio io, lo farà Brosar direttamente. E credimi, preferirai che sia io.” Joaquín è rimasto senza parole, odiando Tacio per avere ragione e odiando se stesso per sentirsi così perso. Con un impeto di orgoglio, ha annunciato: “Mi licenzio da direttore. Torno al mio posto, a fare quello che so fare senza che mi muoia l’anima.”


Quando Joaquín è rientrato a casa, la notizia lo aveva preceduto. Gema lo aspettava con il terrore disegnato sul volto. “Come pagheremo i debiti? Cosa diremo a Teo?” Lui ha risposto: “Preferisco poter guardare mio figlio negli occhi con la verità. E preferisco poter guardare te, piuttosto che continuare a vedermi allo specchio come mi vedo ora.” Nonostante la discussione superficialmente aspra, entrambi hanno avvertito un sottile sollievo, quello di smettere di fingere.

Nel negozio, la nuova era Brosar è iniziata con una guerra silenziosa. Chloe ha annunciato un sistema di commissioni che trasformava ogni venditrice in una rivale. “La migliore venditrice del mese avrà un bonus e la sua foto appesa qui,” ha annunciato, indicando una parete vuota. Claudia è stata la prima a fiutare il pericolo. “Non venderemo più profumo,” ha sussurrato a Manuela. “Venderemo la nostra stessa pace.” Manuela, nel frattempo, era impegnata in una battaglia interna. I suoi sentimenti per Damián crescevano ogni giorno, e li ha confessati a Digna, cercando un consiglio che non è arrivato. “Ti ascolto,” le ha detto Digna con la sua solita serietà, “ma non posso consolarti con qualcosa che nemmeno io capisco.”

Begoña, dal canto suo, ha fatto un ultimo tentativo con Digna, chiedendole con umiltà di accettare l’adozione di Julia. Il rifiuto è stato netto. “Non puoi portartela via come se fosse un mobile in più nella tua casa,” ha sentenziato Digna. “Noi siamo la sua famiglia. Non ci cancellerai dalla sua vita con un foglio.” Con il cuore stretto, Begoña è uscita a rifugiarsi nella cantina. Lì, il destino l’ha fatta incontrare con Maripaz, una donna dallo sguardo stanco ma dignitoso. “Non voglio elemosina,” ha detto Maripaz prima ancora che Begoña potesse offrirle qualcosa. “Ho bisogno di un’opportunità. Posso lavorare nella casa Kuna. Capisco i bambini.” Claudia, che aveva ascoltato la conversazione, ha deciso di rischiare, commossa dalla sincerità di quella donna.


Il martedì, Damián si è trovato di fronte alla nuova targa sulla facciata della fabbrica: “Perfumerías Brosar de la Reina.” Ha sentito il suo retaggio, il nome della sua famiglia, profanato. “Non posso sopportarlo,” ha confessato a Marta. “Non posso vedere un’altra famiglia entrare nel mio cognome.” “Una famiglia non è un cognome, papà,” ha risposto Marta con una semplicità disarmante. “È sapere per chi prepari la cena quando torni a casa.” Le parole della figlia hanno operato un piccolo miracolo. Damián ha sorriso, e in quel sorriso si è allentata una tensione che lo stava soffocando. “Lo accetterò da Begoña,” ha detto all’improvviso. “Julia ha bisogno di una vera casa, e se non mi piace Gabriel, imparerò a tollerarlo.”

Quel pomeriggio, quando ha dato la notizia a Begoña, lei ha sentito che il mondo finalmente si stava rimettendo in ordine. È corsa da Gabriel. Per un istante, mentre si abbracciavano e Julia li guardava con una gioia incontenibile, sono sembrati una famiglia vera.

Ma per Andrés, la felicità era un miraggio. Il dubbio sull’esplosione nella sala caldaie lo divorava. Ricordava il fumo, il caos, Gabriel che rischiava la vita, ma c’era qualcosa, un dettaglio minuscolo, che non quadrava nel puzzle della sua memoria. Lo ha confessato a Luis in laboratorio: “Se Gabriel stava giocando su due tavoli, perché diavolo si è rischiato di scottarsi le mani?” “C’è chi accende un fuoco affinché nessuno noti il fumo di un incendio più grande,” ha replicato Luis con la sua solita perspicacia. “Non smettere di cercare, Andrés.”


Il sospetto di Andrés si è trasformato in una certezza schiacciante quella sera stessa, quando ha scoperto che María gli aveva nascosto una lettera di una certa Enriqueta. “Perché non me l’hai detto?” le ha chiesto con una calma che feriva più di un grido. “Perché non so più da che parte stai tu,” ha risposto lei, “né da che parte voglio stare io.”

Il mercoledì ha portato con sé la brutalità delle decisioni corporate. In un’assemblea degli azionisti che nessuno dimenticherà, Chloe, seguendo le istruzioni dirette di Brosar, ha annunciato il nome del nuovo direttore dell’azienda. Con somma sorpresa e indignazione di tutti, non era né Joaquín, né Tacio, né alcun membro della famiglia de la Reina. Era Gabriel. Il silenzio che è seguito all’annuncio è stato più eloquente di qualsiasi applauso. Gabriel ha accettato la carica con una finta modestia, promettendo di proteggere gli interessi della famiglia, anche se nessuno sapeva se le sue parole fossero una garanzia o una minaccia.

Quello stesso pomeriggio, Damián ha comunicato a Digna la sua decisione finale su Julia. La zia ha ascoltato in silenzio. Quando Begoña ha spiegato alla bambina che avrebbe potuto finalmente essere sua figlia sulla carta, Julia è esplosa in un pianto di pura felicità e ha corso ad abbracciare Gabriel. Lui l’ha accolta tra le braccia, sentendo al contempo il peso di un’assoluzione e quello di una condanna, consapevole che quell’abbraccio innocente complicava ulteriormente il suo piano segreto.


Il giovedì, Chloe ha tentato di far revocare la nomina di Gabriel, ma da Parigi la risposta è stata un no categorico. Ha quindi attivato il suo piano B: sedurre Marta con promesse di potere, confessandole che lei era stata la sua prima opzione per dirigere l’azienda. Marta, seppur lusingata, non è caduta nella trappola. “Non cospirerò contro la mia famiglia,” ha detto. “Ma medierò affinché non diventiamo un semplice appendice del vostro impero.” Nel frattempo, Joaquín ha ricevuto un’inaspettata offerta di lavoro da una piccola fabbrica di saponi artigianali. Un lavoro umile, ma che gli restituiva la dignità.

La sera, Gema e Joaquín, esausti ma uniti, hanno riso per la prima volta da tempo, trovando nell’onestà una nuova forma di volersi bene. La notte del giovedì ha portato anche una chiamata anonima per Andrés. Una voce distorta gli ha sussurrato che la chiave dell’esplosione era nel registro di manutenzione. “Non fidarti delle fotografie,” lo ha avvertito la voce. “Cerca chi le ha fatte.”

Contemporaneamente, in un caffè discreto, Gabriel e Chloe siglavano la loro alleanza, diventando i padroni invisibili del futuro dell’azienda. Il venerdì è sorto con lo sbarco dei prodotti Brosar nel negozio. Scatole e ancora scatole che odoravano di un mondo estraneo. Gabriel, dal suo nuovo ufficio, ha chiamato Andrés per chiedergli un voto di fiducia. “La fiducia non si chiede come un anticipo, Gabriel,” ha risposto Andrés con freddezza. “Si guadagna come uno stipendio.”


Poco dopo, María si è confrontata con Gabriel, chiedendogli direttamente della lettera di Enriqueta. All’udire quel nome e quello ad esso associato, Remedios, un allarme si è acceso nella mente di Gabriel. Ha sentito per la prima volta che la minaccia era reale, fisica, e aveva il nome di una donna. Ha capito che doveva agire, e in fretta.

Ha guidato verso il carcere, un tragitto che si è trasformato in un viaggio attraverso i suoi stessi inganni. Pensava alla sala caldaie, al sorriso di Chloe, alle risate di Julia e, soprattutto, a Remedios, la donna che custodiva il filo da cui poteva tirare per disfare tutta la sua elaborata menzogna. Il suo obiettivo era chiaro: farla scomparire, non letteralmente, non ancora, ma cancellarla dalla mappa, comprarne il silenzio o seppellirla sotto strati di burocrazia e minacce.

L’incontro nella sala colloqui è stato un duello di volontà. “Vengo a chiuderti la bocca,” le ha detto Gabriel senza mezzi termini. Remedios ha riso. “Con cosa?” “Con la colonia.” Lui le ha offerto un trasferimento in cambio del suo silenzio. Lei lo ha rifiutato. “E se parlo prima?” lo ha sfidato. “E se racconto a qualcuno quello che ho visto? La chiave che hai usato, l’ora esatta in cui sei arrivato per fingere di essere in ritardo.” Gabriel ha cercato di mantenere la calma, ma Remedios lo ha messo all’angolo. “A me credono le donne,” ha detto. “E in questa città le donne stanno imparando a non tacere.”


Stremato, Gabriel ha lasciato cadere la maschera. “Ci sono modi di far scomparire le persone che non lasciano segni sul corpo.” Remedios lo ha guardato e ha capito. “Allora, sei di quelli che fanno cadere la gente dalle scale da sola, mormorò.” Proprio prima che la visita terminasse, lei gli ha lanciato la sua ultima avvertimento: “Se mi uccidi, parleranno le mie lettere.” “Allora cercherò le tue lettere,” ha risposto lui. “E le brucerò.” “La carta puzza sempre di qualcosa quando brucia,” ha detto Remedios prima di congedarsi. “Te la tradirà l’odore.”

Uscendo dal carcere, Gabriel ha sentito il controllo sfuggirgli di mano. Mentre nella colonia, Andrés, seguendo la pista della chiamata, si immergeva nel polveroso archivio di manutenzione. Ha trovato orari che non quadravano, firme sospette e, infine, la fotografia. Sul retro, un’iniziale scritta a matita gli ha gelato il sangue. “R.”

In quell’istante preciso, Andrés ha capito che la prossima mossa di Gabriel non sarebbe stata una strategia aziendale, ma un atto di eliminazione. E se non fosse arrivato in tempo, l’umano si sarebbe trasformato in cadavere.


Il venerdì si è chiuso con lo schianto di una porta metallica nel carcere. Fuori, Gabriel stringeva in tasca una chiave che non figurava in nessun inventario. Il cielo di Toledo, basso e grigio, odorava di temporale, un odore che preannunciava che la verità, per quanto tardiva, arriva sempre. E che coloro che tentano di cancellarla, finiscono inevitabilmente per odorare di ciò che sono.

M.