“Sogni di Libertà”: Cloe Ordina a Tasio il Licenziamento di Metà Organico, una Decisione Devastante per la Fabbrica!
Il clima nella fabbrica di “Sogni di Libertà” è diventato improvvisamente gelido, e non per le temperature esterne. L’ombra minacciosa di un drastico ridimensionamento incombe su centinaia di operai, le cui vite sono destinate a cambiare radicalmente in poche ore. Al centro di questo dramma, una figura inflessibile e un uomo lacerato tra il suo dovere e la sua coscienza: Cloe, la rappresentante della nuova gestione, e Tasio, il direttore della fabbrica, costretto a un compito che gli spezza il cuore.
L’episodio che sta scuotendo le fondamenta della comunità operaia di “Sogni di Libertà” è iniziato con una conversazione che, pur breve, ha gettato un’ombra inequivocabile sul futuro. Mentre Tasio era impegnato in una concitata discussione telefonica con Edmundo, il capo cantiere, riguardo all’impossibilità di accelerare i lavori per mancanza di fondi – una chiara indicazione delle difficoltà economiche che affliggono l’azienda – l’ingresso inaspettato di Cloe ha segnato una svolta decisiva e impietosa.
Con uno sguardo che non ammette repliche, Cloe ha immediatamente posto Tasio di fronte a una realtà brutale. Le sue parole, cariche di una freddezza strategica che contrasta nettamente con il calore umano che solitamente permea la fabbrica, hanno rivelato l’incarico che Brossard, il suo capo e figura enigmatica ai vertici, le ha affidato. “Le ho parlato ieri con il mio capo e bene, mi ha incaricato un compito per lei,” ha esordito Cloe, preludendo a una comunicazione che si sarebbe rivelata un vero e proprio terremoto.
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“So che le risulterà sgradevole, ma deve licenziare la metà della forza lavoro fino a quando non riprenderà l’attività della fabbrica,” ha sentenziato Cloe, pronunciando parole che hanno fatto gelare il sangue a Tasio. Il suo sconcerto è palpabile, un misto di incredulità e profonda angoscia. “Cosa sta dicendo, [Música] Beltrán?” ha esclamato, il suo volto un ritratto di pura costernazione.
La reazione di Tasio è stata immediata e carica di emozione. Il suo legame con i suoi operai non è solo professionale, ma viscerale. “Andiamo, Enrique. Ma, ma come posso licenziare tutta questa gente che ha famiglia, signorina?” ha replicato, la sua voce tremante di passione e disperazione. La sua obiezione non è una semplice resistenza burocratica, ma un grido di dolore per le vite che sta per essere costretto a distruggere.
Cloe, tuttavia, è un ingranaggio di un meccanismo più grande, e la sua missione è quella di eseguire gli ordini con efficienza glaciale. Ha spiegato a Tasio che il suo compito è quello di valutare i dipendenti in modo strettamente professionale, separando i più competenti dai “prescindibili”. Un linguaggio asettico che riduce gli uomini e le donne che hanno dedicato anni alla fabbrica a mere statistiche.

La disperazione di Tasio si è fatta ancora più acuta quando ha domandato se non avesse pensato di chiedere aiuto a lei, ma Cloe ha replicato con una logica spietata. “La sto chiedendo ora. Sarà lei a comunicare loro che non lavorano più qui. È il suo lavoro come direttore,” ha sentenziato, scaricando su di lui il peso emotivo di una decisione che, a quanto pare, non poteva e non voleva condividere.
Il direttore ha insistito, cercando una via di fuga, chiedendo perché non fosse il nuovo direttore a gestire questo spiacevole compito. La risposta di Cloe è stata una doccia fredda che ha evidenziato l’urgenza e la gravità della situazione economica: “Perché quando arriverà l’azienda dovrà essere già risanata e al momento lei è ancora il direttore.” La parola “risanata” risuona nell’aria come una condanna.
Tasio, sentendosi attaccato nel profondo, ha rimproverato a Cloe di parlare degli impiegati come se fossero “parassiti”, un’accusa che ha fatto trasalire la giovane donna. “Per favore, signore della regina, non mi renda le cose più difficili. Non ha altra scelta. Questi tagli sono necessari per la sopravvivenza della fabbrica, per la sua viabilità economica,” ha implorato Cloe, rivelando la pressione a cui è sottoposta, pur mantenendo un’apparente fermezza.

La lotta interiore di Tasio è evidente. “Sa qual è il problema? Che sono amico della grande maggioranza e molti hanno figli, sono padri di famiglia,” ha confessato, sottolineando il legame umano che lo lega alla sua squadra. “E alcuni sono così anziani che sarà molto difficile che trovino un altro posto di lavoro.” Ogni parola è un pugno nello stomaco, un riconoscimento del danno irreparabile che questi licenziamenti causeranno.
Cloe, pur mostrando un barlume di empatia (“Sì, mi dispiace molto”), ha ribadito l’inevitabilità: “ma gli ordini vengono dall’alto.” Ha poi fatto un’offerta ambigua, cercando di alleggerire il suo compito: “Ho provato ad agevolarle il lavoro, ma veramente, se vuole sceglierli lei stesso.” Questa proposta sembra più un tentativo di scaricare completamente la responsabilità che una reale volontà di aiuto.
Il peso dell’incarico è stato ulteriormente amplificato dalla consapevolezza di Tasio che questa sarà la sua “ultima attività prima di essere licenziato”. La sua posizione, un tempo apparentemente sicura, ora vacilla come una candela al vento. La promessa di una ricollocazione, avanzata da Cloe con un tono quasi di rassicurazione (“No, lei verrà ricollocato. Veramente, non dimentichiamo che è uno degli azionisti”), suona come una magra consolazione di fronte alla catastrofe imminente.
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Tasio non può fare a meno di esprimere il suo rimpianto: “Non so in quale malora ho appoggiato la vendita, signorina.” Queste parole risuonano come un’amara confessione, un riconoscimento di un errore strategico che ha portato a questa situazione drammatica. La vendita, intesa come un passo verso la stabilità, si sta rivelando invece l’inizio della sua fine, e la fine di molti altri.
Cloe, tuttavia, cerca di proiettare un’immagine di ottimismo futuro, un barlume di speranza che forse non è del tutto sincero. “Quando riprenderà l’attività nella fabbrica, tutto questo sarà rimasto una mera aneddoto. Quando l’azienda tornerà a galla, si tornerà ad aver bisogno di tutto questo personale e se saranno disponibili, verranno reintegrati.” Una promessa che, nel clima di incertezza attuale, appare fragile e lontana.
L’incontro si conclude con Tasio che, con un senso di impotenza e un peso insopportabile sul cuore, dichiara che “Allora andiamo.” L’invito a “mantenersi informato” da parte di Cloe è un’ultima, fredda cortesia, che sottolinea la distanza che separa i potenti dalle vite che decidono.

La decisione di Cloe, dettata dagli ordini di Brossard, è un momento cruciale in “Sogni di Libertà”. Ha messo in moto una catena di eventi che porteranno dolore, incertezza e forse una profonda trasformazione per tutti i personaggi coinvolti. Tasio, il direttore che ora deve trasformarsi nell’esecutore di un decreto di morte per la carriera di molti, si trova di fronte a una scelta impossibile, mentre la fabbrica, un tempo simbolo di speranza, è ora avvolta dalla minaccia della disperazione. Il futuro è più incerto che mai, e la promessa di “libertà” sembra per molti, in questo momento, un sogno irraggiungibile.