L’ombra del tradimento si allunga sui giardini autunnali, mentre vecchi fantasmi riaffiorano e nuovi complotti prendono forma nella lussuosa ma soffocante magione della Regina.
Toledo, 27 Ottobre – 31 Ottobre
L’aria all’interno della sontuosa magione dei de la Reina si è fatta improvvisamente densa, quasi irrespirabile. Ogni angolo, ogni corridoio rivestito di tappeti preziosi, ogni mobile in mogano lucidato, sembra aver assorbito la tensione palpabile che emana dai suoi abitanti. L’autunno dipinge i giardini di Toledo con pennellate d’oro e di ruggine, ma tra quelle mura spesse e silenziose, regna un inverno dell’anima, freddo e persistente. La settimana si apre sotto il peso opprimente dell’incertezza, un sipario oscuro su cui si proiettano le ombre minacciose del tradimento, della paura e di una disperata, quasi vana, ricerca di speranza.
La mattina di lunedì vede la famiglia riunita a metà nel grande salone, l’assenza di Andrés è un macigno che pesa sull’atmosfera. Il suo corpo giace immobile in un letto d’ospedale, sospeso nel limbo tra la vita e la morte, un pedone inconsapevole in un gioco che è diventato mortalmente serio. E tra loro si muove Gabriel, l’architetto di gran parte di questa oscurità, con una calma studiata, un balsamo avvelenato che offre con un sorriso affabile. I suoi occhi scivolano su Begoña, seduta su un divano, lo sguardo perso nel vuoto, una pallidezza che tradisce ben più della semplice angoscia per il cognato. Porta nel suo grembo un segreto, una nuova vita che è sia una complicazione che una strana ancora in mezzo alla tempesta.

“Dobbiamo essere forti”, proclama Gabriel, la sua voce echeggia con una falsa autorità, “Per Andrés e per la famiglia. I medici sono ottimisti e la nostra fede deve essere incrollabile.”
Maria ascolta da lontano, le mani serrate sul grembo. Il timore per Andrés è una pugnalata al petto, ma si mescola a una crescente sfiducia verso l’avvocato. C’è qualcosa nella sua serenità che la innervosisce, una freddezza sotto la superficie che stride con la devozione che ostenta. Teme per Begoña, per il bambino che cresce dentro di lei, un essere fragile e innocente in mezzo a questa rete di menzogne.
Più tardi, quando Gabriel la trova sola nella biblioteca, la tensione esplode. “Non mi fido di te, Gabriel”, dice Maria, la sua voce un sussurro carico d’acciaio. “La tua calma è innaturale. Begoña sta soffrendo e tu sembri godere del controllo che hai su tutti.”

Gabriel inarca un sopracciglio, la maschera di amabilità che si incrina per un istante. “Mia cara Maria, credo che lo stress ti stia facendo vedere fantasmi. La mia unica preoccupazione è il benessere di questa famiglia, inclusi Begoña e quel bambino. Un bambino che, tra l’altro, necessita di un ambiente tranquillo. Le tue accuse non aiutano.”
“E cosa aiuta, Gabriel?”, replica lei, avvicinandosi. “Nascondere la sua gravidanza come se fosse una vergogna, manipolare Damián affinché venda l’azienda che ha costruito con il suo sudore.”
L’avvocato sorride, un sorriso gelido che non raggiunge gli occhi. “A volte, per salvare qualcosa, bisogna prendere decisioni difficili, decisioni che tu forse non sei capace di comprendere.”

Nel frattempo, nella colonia degli operai, il disamore ha un volto e un nome: Claudia. La rottura con Raúl l’ha lasciata svuotata, vuota. Manuela e le sue amiche cercano di tirarla su, insistendo che è stato un errore, che deve riconsiderare, ma Claudia rimane ferma con la testardaggine dei cuori spezzati. “Non c’è niente da riconsiderare”, dice, gli occhi arrossati. “È finita. A volte l’amore non è sufficiente. A volte semplicemente si rompe e non si può più ricomporre.”
Lontano da lì, nello studio principale, Gabriel sta dispiegando la sua rete su Damián. Il patriarca, una quercia che ha resistito a innumerevoli tempeste, appare ora indebolito dalla malattia del figlio e dall’imminente rovina del suo lascito. “La proposta di Masina è solida, Damián”, argomenta Gabriel, mostrandogli dei fogli. “Gli italiani hanno capitale, hanno esperienza. Un’iniezione da parte loro non solo salverebbe le Profumerie de la Reina, ma la proietterebbe a un nuovo livello. È un’opportunità d’oro.”
Damián sospira, passandosi una mano sul volto stanco. “Non mi piace l’idea di cedere parte del nostro controllo a estranei. Questa è un’azienda familiare e continuerà a esserlo.”

“Ma un’azienda familiare in bancarotta non serve a nessuno. Pensaci. È la mossa più intelligente.”
Sconcertata dall’insistenza di Gabriel, Maria lo affronta di nuovo quella sera. La luna piena filtra dai vetri, disegnando lunghe ombre nel corridoio. “Perché tanto interesse per quegli italiani? E Brosard? Credevo che quello fosse il tuo contatto, il tuo grande salvatore.”
Gabriel si ferma. La sua silhouette ritagliata contro la luce lunare si gira lentamente e, per la prima volta, lascia cadere completamente la maschera. I suoi occhi brillano di un’ambizione oscura e trionfante. “Brosard non è un salvatore, Maria. Brosard sono io. O, per essere più precisi, è lo strumento che userò per prendermi tutto. Masina è solo un fumo negli occhi, un’offerta esca per far disperare Damián e, quando la rifiuterà, io apparirò con la soluzione finale. Brosard acquisterà l’azienda a prezzo di saldo e quell’azienda sarà mia.”

Maria resta senza fiato, gelata. Il vero piano di Gabriel non era salvare l’azienda, ma divorarla dall’interno.
Allo stesso tempo, un nuovo elemento entra in gioco nella fabbrica. Un uomo di nome David, assunto come caposquadra per supervisionare i lavori nella sala caldaie. Il suo arrivo è discreto, ma la sua presenza non passa inosservata, soprattutto per Carmen. È il suo primo amore, un fantasma del passato che ritorna con una tuta da lavoro e lo stesso sguardo intenso che lei ricordava della sua giovinezza. Il suo primo giorno lo mette sulla strada di Gaspar, con cui connette immediatamente, ma anche sulla rotta di collisione con Tasio, la cui diffidenza e carattere burbero si scontrano frontalmente con la tranquilla autorità di David. La tensione tra loro è istantanea, una promessa di futuri conflitti.
Nella casa, Digna e Luz intrattengono una conversazione preoccupata in cucina. “Il vestito non le chiude più bene”, mormora Digna mentre sparecchia un piatto. “È questione di giorni che Manuela se ne accorga. O Marta o lo stesso Damián. Non possiamo continuare a nascondere la gravidanza di Begoña.” “Lo so”, risponde Luz, “ma con Andrés in ospedale e Gabriel che controlla ogni suo movimento… cosa possiamo fare? Begoña è intrappolata.”

La notizia della presenza di David giunge alle orecchie di Carmen tramite Chema. Il semplice nome basta a smuovere un turbine di ricordi e sentimenti che credeva sepolti sotto anni di lavoro e nuove routine. Il passato bussa alla sua porta e non è sicura di volerla aprire.
Nel frattempo, i fratelli Merino, Luis e Joaquín, giocano la loro partita personale. Floral, un’azienda concorrente, ha fatto un’offerta allettante per i brevetti di diversi profumi non ancora usciti sul mercato. È una somma considerevole, una potenziale tavola di salvataggio personale in mezzo al naufragio generale. “Non diremo niente a nessuno”, decide Luis con uno sguardo calcolatore. “Se l’azienda affonda, almeno noi avremo questo. È il nostro lavoro, il nostro talento.”
Claudia, ignara di queste trame, cerca la sua soluzione. Con l’aiuto di Gaspar, concepisce un’idea audace, quasi rivoluzionaria. “E se fossero i lavoratori stessi a salvare l’azienda?”, propone, gli occhi che brillano di una nuova determinazione. “Potremmo formare una cooperativa. Ognuno investe quello che può. Compreremo azioni. Diventeremo padroni del nostro destino.” L’idea, seppur rischiosa, è un faro di speranza nell’oscurità.

Quando l’offerta di Floral filtra inevitabilmente, tutti i soci, in un raro momento di unità, la rifiutano. Non venderanno le loro impronte della corona a un concorrente. Ma questo rifiuto non fa che aumentare l’ansia di Gabriel. Sa che Pelayo, il governatore e amico di Damián, sta cercando incessantemente un nuovo investitore, un vero socio che potrebbe mandare all’aria i suoi meticolosi piani affinché Brosard, il suo alter ego imprenditoriale, prenda il controllo.
Nel mezzo della crisi aziendale, la crisi personale di Marta raggiunge il suo culmine. L’incertezza sul fratello Andrés, l’imminente fallimento dell’azienda che ama tanto, e la dolorosa scomparsa di Fina, la cui assenza è una ferita aperta, l’hanno portata al limite. Si chiude in sé stessa, costruendo un muro di silenzio che solo Digna sa come iniziare a demolire. Nel tepore della cucina, tra l’aroma di stufati lenti, Marta finalmente crolla, lasciando che le sue lacrime parlino del dolore che la consuma.
E poi, quando la notte sembrava più buia, quando tutto sembrava perduto, una chiamata dall’ospedale cambia tutto. Un’infermiera, con voce professionale ma speranzosa, informa Damián: “Signor de la Reina, suo figlio Andrés ha iniziato a reagire.” La notizia si diffonde come un incendio. Un soffio di vita in una casa che profumava di morte. Ma per Gabriel non è un soffio di vita, è il suono di una condanna.

Il martedì si desta con una luce pallida e fragile, ma la notizia su Andrés ha infuso un’energia rinnovata nella famiglia. Le conversazioni a colazione sono più animate. Gli sguardi contengono un barlume di speranza che non c’era il giorno prima. Damián, nonostante la preoccupazione per il futuro dell’azienda, sorride per la prima volta in settimane. “Pelayo non trova ancora investitori affidabili”, ammette in una conversazione con Gabriel e Maria. “E io continuo a non fidarmi un capello di quegli italiani e della loro offerta. C’è qualcosa che non mi quadra, ma ora, ora l’unica cosa che importa è che Andrés torni con noi.”
Luz arriva poco dopo, diretta dall’ospedale con un rapporto più dettagliato. “Ha mosso le dita e ha risposto agli stimoli luminosi. Sono segni molto positivi. È ancora in coma, ma il suo cervello sta lottando. Sta tornando.” La gioia sul volto di Begoña è così intensa che per un momento cancella ogni sua angoscia. Si porta una mano al ventre come se condividesse la buona notizia con la vita che cresce dentro di lei. Gabriel, al suo fianco, forza un sorriso che non raggiunge gli occhi. Il panico lo sta attanagliando, una marea gelida che gli sale in gola. Se Andrés si fosse risvegliato, se avesse ricordato cosa era successo, se avesse ricordato di aver visto Maria alzarsi dalla sedia a rotelle poco prima dell’incidente… Tutto il suo piano, tutta la sua vita, sarebbe crollata. La ripresa di Andrés non è una speranza, è una minaccia mortale. E le minacce mortali, Gabriel lo sa bene, devono essere eliminate. Nella sua mente, un’idea mostruosa inizia a prendere forma. Deve uccidere Andrés.
Prima che possa svegliarsi, nella fabbrica la vita scorre, ignara del dramma che si sta tramando in ospedale. Irene, con un misto di tristezza e risolutezza, comunica a Tasio la sua decisione di partire. “Io e José andiamo a Madrid. È ora di ricominciare, di realizzare il sogno che abbiamo sempre avuto.” Prima di partire, cerca Joaquín. La tensione e il dolore che c’erano stati tra loro si sono dissolti, sostituiti da una comprensione reciproca. “Ti perdono, Irene”, dice Joaquín, la voce roca per l’emozione. “E voglio chiederti una cosa. Sii felice per te e per quello che avremmo potuto essere. Vivi tutto, anche per me.”

Da parte sua, Luis, ignorando le conseguenze, prende una decisione sulla vendita dei brevetti a Floral. Sta per chiudere l’affare quando Cristina, passando nel corridoio, sente la conversazione telefonica. Irrompe nello studio come un turbine. “Cosa stai facendo, Luis? Stai vendendo le nostre creazioni alle nostre spalle? In un momento come questo, quando dovremmo essere più uniti che mai.” La discussione è aspra, piena di rimproveri e ben presto giunge alle orecchie di Tasio e Marta. Scoprono l’offerta di Floral e le vere intenzioni del suo proprietario: spogliarli dei loro beni più preziosi mentre sono deboli. L’indignazione è immensa. “I Merino pensano sempre e solo ai fatti loro”, esclama Tasio furioso. “Mentre noi ci spezziamo la schiena cercando di salvare questo, loro si riempiono le tasche.”
In mezzo a quella tensione lavorativa, la colonia è testimone di un incontro carico di emozione. Carmen e David si ritrovano accanto alla fontana della piazza. Il sole di mezzogiorno illumina i loro volti, segnando le linee che gli anni hanno disegnato su di loro. “Carmen”, dice David, la voce più profonda di quanto lei ricordasse. “Sei sempre bella come allora.” “E tu sei ancora un bugiardo”, risponde lei con un sorriso che non riesce a reprimere. Parlano a lungo e la vecchia complicità riaffiora tra loro come se non fosse passato un solo giorno. L’affetto, scoprono entrambi, è ancora lì, intatto, addormentato sotto strati di tempo e distanza. Poco dopo, quando Tasio si lamenta amaramente della lentezza e dell’inefficacia del team di David, Carmen esce in sua difesa con una ferocia inaspettata. “Sono bravi lavoratori, Tasio, e David è il miglior caposquadra che potresti trovare. Dagli una possibilità.”
Nel frattempo, l’idea della cooperativa guadagna adepti. Gaspar e Claudia, diventati leader improvvisati del movimento, riescono a convincere un gruppo significativo di lavoratori. La proposta nata dalla disperazione si sta trasformando in una speranza reale, tangibile. La gente è disposta a lottare per ciò che è loro.

Nella magione, Gema va a trovare Maria. La notizia che ha iniziato a recuperare la mobilità nelle sue gambe, un segreto custodito gelosamente, è trapelata fino a lei. “Sono così felice, Maria”, dice Gema sedendosi al suo fianco. “Sei una lottatrice e ora con Andrés che migliora… forse il destino vi darà una seconda possibilità.” “Begoña ha scelto Gabriel. La strada è libera.” Le parole di Gema, sebbene ben intenzionate, smuovono un vespaio di emozioni in Maria. Speranza e colpa lottano nel suo interno.
La chiamata che precipita tutto arriva nel pomeriggio. Damián, esultante, riattacca il telefono e cerca la famiglia. “Ho parlato con il dottor Herrera, un’eminente figura della neurologia. Ha esaminato il caso di Andrés e dice che ci sono grandi speranze. Grandi speranze. Crede che il recupero possa essere totale.” L’illusione inonda la casa, un torrente di gioia che spazza via le preoccupazioni. Tutti festeggiano, si abbracciano, ridono. Tutti, tranne Gabriel. Per lui, la notizia è il martello finale. Recupero totale. Quelle parole risuonano nella sua testa come una condanna a morte. Non può permetterlo. Non c’è tempo da perdere. Incapace di dissimulare il suo panico, con una goffa scusa su un affare urgente, esce di casa di corsa. Il suo volto è una maschera di cupa determinazione. Si dirige verso l’ospedale. Ha intenzione di finire ciò che l’incidente non è riuscito a fare. Vuole mettere a tacere Andrés per sempre. Ma Maria lo vede. Vede lo sguardo nei suoi occhi, uno sguardo che ha visto prima negli incubi. Comprende all’istante. L’affare urgente non è in uno studio, è nella stanza di un ospedale. Senza pensarci due volte, senza dire una parola a nessuno, esce di corsa dietro di lui. La domanda fluttua nell’aria fredda del pomeriggio, carica di una terribile urgenza. Arriverà in tempo?
L’odore antisettico e di malattia dell’ospedale colpisce Gabriel non appena entra. Avanza per i corridoi bianchi e impersonali con una determinazione gelida, la sua mente concentrata su un unico e macabro obiettivo. La stanza di Andrés è alla fine del corridoio, una porta socchiusa che rappresenta l’ultimo ostacolo alla sua vittoria totale. Spinge la porta ed entra. Andrés dorme, il suo viso sereno, ignaro della morte che incombe su di lui. Gabriel si avvicina al letto, osservando le flebo e i monitor che lo tengono in vita. Vede il cuscino. Sarà veloce. Sembrerà un arresto respiratorio. Nessuno sospetterà. Alza le mani, le dita che tremano leggermente, non di dubbio, ma di adrenalina.

“Gabriel, no.” La voce di Maria squarcia il silenzio della stanza. Irrompe come una furia. I suoi occhi accesi di rabbia e paura si interpongono tra lui e il letto di Andrés, il suo esile corpo diventato una barriera invalicabile. “Togliti di mezzo, Maria”, sibila Gabriel, la sua voce appena un sussurro velenoso. “Non osare toccarlo”, replica lei, la voce che trema ma ferma. “Ti giuro, Gabriel, ti giuro sul sacro, se gli metti un dito addosso ti uccido. Io stessa. Non mi importa di passare il resto della mia vita in carcere.” La determinazione nel suo sguardo lo disorienta. Non è una minaccia vuota. Vede nei suoi occhi la verità delle sue parole. Lo scontro è brutale, sussurrato a pochi centimetri l’uno dall’altro, mentre Andrés respira placidamente al loro fianco. “Non sai con chi hai a che fare”, lo avverte Gabriel. “So esattamente con chi ho a che fare. Con un mostro, un uomo disposto a tutto per denaro e potere.” La tensione si rompe e Gabriel, sentendosi messo all’angolo, decide di giocare una carta inaspettata. Abbassa le braccia e un sorriso storto gli disegna il volto. “Credi che questo sia per denaro? Per l’azienda? Che ingenua sei. Profumerie de la Reina è solo lo scenario. Il premio è sempre stato Begoña, dal momento in cui l’ho vista. E farò di tutto per assicurarmi che nessuno, e tanto meno un ricordo risorto come lui, si metta sul mio cammino.”
La confessione è più scioccante di qualsiasi minaccia fisica. Non è solo ambizione, è un’ossessione. Maria lo guarda inorridita, comprendendo la vera profondità della sua follia.
Mentre nel mondo reale l’azienda affonda senza rimedio, i creditori chiamano, gli ordini vengono cancellati. Damián, disperato, inizia a vedere la proposta degli italiani come l’unica, amara uscita. Ma proprio allora, Tasio riceve una chiamata da un vecchio contatto nel settore. Le informazioni che gli dà su Masina, la presunta azienda salvatrice, sono allarmanti. Hanno la reputazione di squali, di comprare aziende in difficoltà per smantellarle e vendere i loro beni separatamente. Non sono costruttori, sono distruttori.

Nella magione, Digna non riesce a togliersi dalla testa la decisione di Begoña di sposare Gabriel. “C’è qualcosa in quell’uomo che non mi piace, Luz”, confessa alla dottoressa mentre prendono un tè. “Non so cosa sia. È educato, attento, ma il suo sguardo è freddo. E Begoña… Dice di essere convinta, ma so che non ha dimenticato Andrés. Prego che la mia intuizione, per una volta, sia sbagliata.” Luz cerca di tranquillizzarla, ma lei stessa condivide una vaga inquietudine che non osa esprimere.
La notizia su Masina giunge presto in forma ufficiale. La loro condizione per investire è in negoziabile. Esigono il controllo del 51% delle azioni. La notizia cade come una bomba nella sala riunioni. Perdere il controllo. Diventare soci di minoranza nella propria casa. L’idea è un insulto, un’umiliazione. Damián, fuori di sé, si rifiuta categoricamente. Passa il resto della giornata al telefono, chiamando banche, amici, chiunque possa prestergli denaro, ma tutte le porte si chiudono. Di fronte all’urgenza della situazione, Tasio convoca una giunta straordinaria. La decisione deve essere presa subito. Marta e Damián entrano nella riunione convinti che la famiglia non cederà mai il controllo, ma la realtà è un secchio d’acqua fredda. I Merino, pensando solo a salvare il loro investimento, si mostrano favorevoli. Cristina, pragmatica, argomenta che è meglio avere il 49% di qualcosa che il 100% di niente. Anche Tasio, nonostante le informazioni che ha, inizia a vedere la vendita come il male minore, l’unico modo per garantire che i lavoratori incassino gli stipendi. La resistenza di Damián e Marta inizia a vacillare.
Nella colonia, ignari della lotta di potere, Carmen e David si incontrano di nuovo. Passeggiano lungo i sentieri che circondano la fabbrica e lui, per la prima volta, le parla del suo passato. Le racconta della perdita della moglie anni prima, una malattia che l’ha portata via troppo presto, lasciandolo con un dolore che ancora trascina come un’ombra. Carmen lo ascolta in silenzio, il cuore che si stringe per quell’uomo che, nonostante tutto, conserva una bontà innata.

L’ora dei saluti è giunta per Irene. Prima di partire per Madrid, incontra un’ultima volta Damián. L’attrazione tra loro è un campo magnetico, una tensione palpabile che non si è mai risolta. “C’è una cosa che non ti ho mai detto”, confessa Damián, la voce grave. “Durante tutto questo tempo, sei stata l’unica persona che mi ha fatto sentire che non ero completamente solo nel mio inferno.” È un addio agrodolce, carico di ciò che poteva essere. Irene parte poco dopo, lasciando un vuoto nel cuore di Cristina e, soprattutto, di Digna, che considerava la sorella che non aveva mai avuto. La domanda resta sospesa nell’aria. Sarà un addio definitivo?
Nella casa, Manuela osserva Begoña con crescente nervosismo. La gravidanza è ormai impossibile da nascondere. Il suo ventre, seppur discreto, ha assunto una rotondità inconfondibile. Il suo nervosismo è così evidente che Gabriel deve richiamarla all’ordine. E poi, in ospedale, avviene il miracolo. Andrés apre gli occhi. Non è una reazione fugace. Non è un riflesso. È sveglio, confuso, debole, ma sveglio. I medici confermano la notizia: è uscito dal coma. Damián, piangendo di pura gioia, è il primo a saperlo. La sua prima reazione è chiamare Gabriel per condividere la notizia che cambia tutto. “Gabriel è sveglio. Andrés è sveglio.” Dall’altro capo della linea c’è un silenzio. Un silenzio lungo, freddo, innaturale. “Oh”, dice infine Gabriel, la voce priva di ogni emozione. “Che bella notizia.” La freddezza di suo nipote lascia Damián completamente sconcertato. Non c’è gioia, non c’è sollievo, solo un vuoto gelido e, per la prima volta, un seme di dubbio oscuro e terribile inizia a germogliare nella mente del patriarca.
Il giovedì arriva avvolto in un’atmosfera strana, un misto di euforia per la notizia di Andrés e un pesante presentimento per l’imminente futuro dell’azienda. Begoña vive il miglioramento di Andrés con una gioia incontenibile. Il sollievo è così grande che sente il bisogno impellente di vederlo, di verificare con i propri occhi che stia bene. “Voglio andare in ospedale, Gabriel”, dice mentre si prepara. “Ho bisogno di vederlo.” Ma Gabriel, con una calma paternalistica che nasconde il suo panico, glielo impedisce. “Amore mio, non credo che sia la cosa migliore. Sei ancora debole e la gravidanza richiede riposo. Un’emozione così forte potrebbe alterare te e il bambino. Lascia che vada io. Ti terrò informata di tutto. La cosa più importante ora è la vostra salute.” Begoña, seppur delusa, cede. La preoccupazione per suo figlio è la sua priorità e Gabriel sa esattamente quali tasti toccare.

Nel negozio, la notizia del riavvicinamento di Carmen con David corre di bocca in bocca. Le ragazze, curiose ed emozionate, non smettono di farle domande. “Raccontaci tutto. È bello come dicono? Sono scoccate scintille?” Carmen, tra risate e rossori, finisce per condividere con loro qualcosa di più profondo. Racconta come David l’abbia sostenuta durante uno dei momenti più bui della sua vita dopo la morte dei suoi genitori. È stata la sua roccia, il suo primo amore nel senso più puro della parola. È un segreto importante, un pezzo del puzzle della sua vita che Tasio, con la sua innata diffidenza verso il nuovo arrivato, ignora ancora.
Per distrarre Begoña dai suoi pensieri su Andrés, Gabriel le fa una proposta. “Credo sia arrivato il momento di condividere il nostro segreto con la famiglia. Diamo loro una gioia in mezzo a tanta disgrazia. Raccontiamo loro che saremo genitori.” Gli occhi di Begoña si illuminano. L’idea di condividere la sua felicità, di dirlo soprattutto a Julia, la riempie di un’emozione infantile.
Mentre la cooperativa dei lavoratori cerca ancora di farsi strada, Gaspar cerca appoggi economici per incrementare il capitale iniziale, ma si imbatte nel rifiuto di Chema. “Mi dispiace, Gaspar, non posso rischiare i miei risparmi. Non ora.” Tuttavia, poco dopo, Chema riceve una lettera che potrebbe cambiare la sua sorte: una piccola eredità inaspettata da un parente lontano. Il destino a volte ha uno strano modo di muovere le sue pedine.

Nel suo studio, Damián si aggrappa a un’ultima, fragile speranza: che nella giunta definitiva l’orgoglio familiare e il buon senso prevalgano e i soci rifiutino la vendita del 51% a Masina. Ma una nuova avversità insorge. Un grosso cliente americano minaccia di cancellare un contratto milionario se non si garantisce l’immediata stabilità dell’azienda, aggiungendo una pressione insostenibile alla già critica situazione.
In ospedale, Maria non si allontana dal letto di Andrés. Lui inizia a reagire di più, a balbettare parole sparse. I suoi occhi, sebbene offuscati dalla confusione, si fissano su di lei. “Maria…”, sussurra la sua voce, appena un filo. “La sedia, ti sei alzata.” Le parole frammentate e febbrili gelano il sangue di Gabriel, che è entrato in quel preciso istante. L’incubo si sta avverando. Andrés sta iniziando a ricordare.
In un altro luogo, il passato chiama Marta nel modo più inaspettato. Riceve una chiamata dal carcere. Dall’altro capo della linea, una voce che non si aspettava di sentire di nuovo la lascia pallida e senza fiato. La conversazione è breve, criptica, ma visibilmente turbante. Quando riattacca, decide di mantenere il segreto, non volendo aggiungere altra legna a un fuoco che minaccia già di consumarli tutti.

Gaspar, sempre alla ricerca di soluzioni, ha un’idea geniale vedendo Luz e Begoña parlare dei loro esperimenti con le creme. “Quella crema all’aloe vera che avete creato è fantastica! Perché non la commercializziamo? Potrebbe essere una nuova linea di prodotti per l’azienda, qualcosa di vostro.” L’idea semina un seme di illusione nelle due donne, un piccolo progetto proprio in mezzo al caos.
Il momento della grande rivelazione familiare è giunto. Gabriel e Begoña riuniscono tutti nel salone. “Abbiamo qualcosa da comunicarvi”, annuncia Gabriel, stringendo Begoña con un braccio. “Saremo genitori.” La reazione generale è di gioia e sorpresa, ma quella di Julia sconvolge Begoña. La bambina, che si aspettava di vedere esultante, la guarda con un freddo e incomprensibile distacco. Si limita a un laconico “Congratulazioni” e si ritira nella sua stanza, lasciando Begoña con il cuore stretto e una domanda dolorosa: perché?
Finalmente arriva l’ora della giunta. La sala è carica di una tensione che si potrebbe tagliare con un coltello. Damián fa un’ultima e appassionata difesa dell’indipendenza dell’azienda. Fa appello alla storia, al lascito, al sacrificio di generazioni. Ma le sue parole si infrangono contro il muro della paura e del pragmatismo. Uno a uno, i soci emettono il loro voto. I Merino, Cristina, Tasio, persino Marta, con le lacrime agli occhi, votano a favore, convinta da Maria che sia l’unico modo per salvare i posti di lavoro. Il risultato è unanime. Con la sola opposizione di Damián, Profumerie de la Reina ha venduto la sua anima. Il martello cade e Damián sente il suo mondo, il lascito di suo padre, sgretolarsi. La delusione sul suo volto è abissale, quella di un re che ha appena perso il suo regno.

Il venerdì è un giorno di ceneri e conseguenze. L’aftermath della giunta lascia un sapore amaro in bocca a tutti. Damián, sentendosi tradito, si scontra con Marta e Maria nello studio. La sua voce, solitamente ferma e controllata, echeggia di un dolore e una furia che non gli sono mai stati visti. “L’avete distrutta?”, grida, colpendo il tavolo con il pugno. “Avete venduto il lascito di vostro nonno al primo offerente. Non avete idea di quello che avete fatto. Questo non è salvare l’azienda, è firmare la sua condanna a morte.” Marta cerca di ragionare con lui, spiegandogli che lo ha fatto per i lavoratori, per la famiglia. Maria tace, il suo volto una maschera impassibile, sapendo che la verità delle sue motivazioni è molto più complessa e oscura.
In ospedale, Andrés mostra segni di un miglioramento sorprendente, ma la sua memoria a breve termine è una tela bianca. Non ricorda nulla dell’incidente né dei giorni precedenti. Il compito di raccontargli la verità ricade su Damián, che con il cuore spezzato si siede accanto a suo figlio e gli spiega con parole scelte attentamente che ha subito una grave caduta. Omette qualsiasi dettaglio che possa implicare terzi, volendo proteggerlo da qualsiasi ulteriore angoscia.
Tasio, divorato dalla curiosità e dalla gelosia dopo aver scoperto dalle ragazze del negozio la vera natura della relazione passata tra Carmen e David, decide di parlarle. “Carmen, ho bisogno che tu sia sincera con me. Cosa c’è stato esattamente tra quel tipo e te?” Carmen lo guarda negli occhi e gli racconta la verità. Gli parla della solitudine e del dolore della sua adolescenza e di come David fosse stata la sua luce in quell’oscurità, un pilastro di forza e bontà incondizionale. “Non è stato solo un fidanzato, Tasio. È stata la persona che mi ha aiutato ad andare avanti quando credevo di non poter più farlo. Gli devo molto.”

Nel frattempo, Digna prende una delle decisioni più difficili della sua vita. Vede Marta consumata dal senso di colpa e dal dolore e sa che non può continuare a custodire un segreto che, seppur doloroso, contiene la chiave della sua liberazione. La porta in giardino e lì, sotto l’ombra di un vecchio ulivo, le racconta tutta la verità sulla morte di Jesús, il defunto marito di Begoña. Le rivela i dettagli, le circostanze, le bugie che sono state costruite attorno a quell’evento per proteggere la famiglia. La rivelazione è un terremoto per Marta, destabilizzandola completamente, ma seminando al tempo stesso il primo seme di una possibile, lontana pace interiore.
Julia, confusa e sopraffatta dalla notizia della gravidanza di Begoña, cerca conforto nell’unico luogo che le viene in mente: la chiesa. Racconta tutto a don Agustín, il parroco, cercando guida nel suo vortice di sentimenti contrastanti. La bambina non sa come processare che la donna di suo zio defunto aspetti un figlio da suo cugino. Il prete, scandalizzato, non perde tempo ad agire. Si presenta alla magione e, trovando Begoña sola, la confronta con una durezza implacabile. “Lei è una peccatrice!”, tuona, la sua voce che rimbomba nel salone. “Vivere in concubinato sotto questo tetto con il cugino di suo marito defunto è un affronto a Dio e alla memoria di un buon uomo.” Begoña, pallida e tremante, cerca di difendersi, ma le parole del prete sono come frustate.
In ospedale, la guerra fredda tra Gabriel e Maria continua. Andrés continua a non ricordare nulla dell’incidente, con grande sollievo di Gabriel. “È meglio che tutto rimanga così”, la avverte con un sussurro minaccioso nel corridoio. “Che la sua mente lo protegga da ricordi dolorosi.” Ma Maria lo sfida ancora una volta, gli occhi che brillano di una determinazione gelida. “Non sentirti così sicuro, Gabriel, perché ho un piano. E se, per caso, Andrés ricordasse che mi ha vista alzarmi da quella sedia, se ricordasse che non sono invalida… credimi, tutti sapranno che razza di mostro sei.”

Nella fabbrica, la giornata si svolge con una normalità quasi irritante, ma la calma si rompe quando Tasio riceve una chiamata. È il suo contatto. Ascolta il suo volto trasformarsi gradualmente dall’attenzione all’incredulità e dall’incredulità all’orrore puro. Joaquín, che è al suo fianco, lo vede impallidire, rimanere senza parole, con il telefono ancora incollato all’orecchio. Non capisce cosa stia succedendo, ma l’espressione di Tasio è quella di un uomo che ha appena visto la fine del mondo. Poco dopo, la conferma ufficiale giunge alla direzione. Il nuovo direttore di Profumerie de la Reina, una figura messa da Masina per supervisionare la transizione, riceve un comunicato. Non avrebbero investito, non avrebbero modernizzato. Il piano di Masina era esattamente quello che Tasio aveva temuto: la liquidazione. Avrebbero venduto i brevetti, i macchinari, gli edifici, licenziato tutti i lavoratori. Profumerie de la Reina come tale avrebbe cessato di esistere. Li avevano traditi nel peggiore dei modi. L’avvertimento di Damián, pronunciato con la furia di un profeta inascoltato, risuona nella mente di tutti: “Non avete idea di quello che avete fatto.” Aveva ragione. Aveva perfettamente ragione e ora era troppo tardi.