La settimana che va dal 10 al 14 novembre si preannuncia come un turbine di emozioni e colpi di scena nella maestosa cornice de “La Promesa”. I nuovi capitoli promettono di svelare segreti custoditi gelosamente e di mettere a dura prova i legami che tengono uniti i protagonisti, culminando nell’eco amaro di un matrimonio destinato a infrangersi.
Lunedì: Il Peso dei Sospetti e la Caccia alla Verità
Il lunedì si apre sotto un cielo plumbeo, un presagio delle tempeste che si addensano all’orizzonte de “La Promesa”. L’aria stessa del palazzo sembra carica di segreti inespressi, un fardello che il Capitano Lorenzo de la Mata avverte più acutamente degli altri. Uomo d’azione e di poche illusioni, Lorenzo non può più ignorare la sottile ma palpabile corrente che serpeggia tra Ángela e Beltrán dopo il loro presunto “innocente” viaggio. Non è uno scandalo eclatante, ma un’intesa proibita, uno sguardo che indugia un secondo di troppo, un sorriso condiviso che si spegne al suo avvicinarsi.
Beltrán, solitamente così impeccabile, appare su un letto di brace ogni volta che si trova vicino ad Ángela. E lei, dal canto suo, naviga attraverso le giornate come una sonnambula, lo sguardo perso nel vuoto e un tremore quasi impercettibile nelle mani. “Qualcosa è accaduto”, mormora Lorenzo, la mascella serrata, osservandoli dalla soglia della biblioteca. Il suo istinto di cacciatore non è mai stato così acuto. Con la discrezione di un’ombra e qualche moneta ben piazzata, inizia la sua indagine. Ma la verità che emerge non è quella che si aspettava. Non è Beltrán l’oggetto della sua sospetta ombra, ma un nome inaspettato: Curro. Il viaggio, quello che doveva essere un addio tra promessi sposi, è stato in realtà un addio tra Ángela e il giovane de la Mata. Il tradimento è così monumentale, così sfacciato, che per un istante Lorenzo sente il terreno franargli sotto i piedi. Non è solo l’inganno, è l’umiliazione di essere stato irriso da una ragazzina e dal giovane che aveva considerato un intruso. “Mi hanno preso per un idiota,” sibila nel suo studio, il volto contratto da una furia che minaccia di divorarlo. Ma la sua rabbia, una volta indirizzata, sarà implacabile. Il suo primo impulso è quello di affrontare Ángela, ma la prudenza lo trattiene. C’è un bersaglio più strategico, uno che ha permesso tutto questo: Leocadia.

Mentre la rabbia di Lorenzo ribolle, nei saloni si sviluppa un’altra caccia. Jacobo, il futuro sposo di Martina, si muove con la sua consueta eleganza predatoria. La sua preda non è un amante, ma una verità nascosta. Le lettere di Catalina non gli tornano, qualcosa in esse è falso, un’impostura. Decide di interrogare quello che considera l’anello più debole, o forse il più connesso: Curro. Lo trova assorto, con lo stesso sguardo assente di Ángela. “Curro, che piacere vederti,” esordisce Jacobo con una dolcezza disarmante. “Un affare curioso quello delle lettere di Catalina, non ti pare?” Curro, scosso dalla sua contemplazione, balbetta la sua ignoranza. Ma Jacobo insiste: “Arrivano con una regolarità quasi sospetta, come se venissero scritte qui stesso.” L’allusione è così diretta che Curro indietreggia, un brivido freddo lungo la schiena. “Cosa insinuate?” “Solo che è un mistero affascinante,” sorride Jacobo, un sorriso che non raggiunge gli occhi. Da quel momento, Jacobo esige la massima vigilanza su ogni busta, ogni sigillo, ogni postino. È convinto che la risposta non sia nel bollettario reale, ma nei corridoi del palazzo.
Nel frattempo, Curro rimane disorientato. L’ostilità velata di Jacobo è inspiegabile. Perché lui? Perché tanta fissazione? In mezzo a queste tensioni, un raggio di sole irrompe nell’hangar. Manuel irrompe nel salone con un’esultanza che stride violentemente con l’atmosfera generale. “Padre, famiglia, è stato un successo!” Alonso alza lo sguardo dai suoi documenti. “Di cosa parli, Manuel?” “Il motore. Il motore che abbiamo progettato con Toño ed Enora. Don Luis ha appena confermato i progressi nella produzione. Funziona. È un successo clamoroso.” Per un attimo, l’orgoglio spazza via le preoccupazioni dei Luján. Ci sono congratulazioni, un raro abbraccio di Alonso e persino un sorriso genuino di Leocadia.
Ma la gioia dei signori raramente contagia il personale, e quel giorno in cucina l’atmosfera è quella di un funerale. La notizia è piombata come una sentenza: Petra è stata retrocessa. Non è più governante, è una semplice serva. Il colpo per Petra è brutale. Non è il lavoro fisico, che detesta, è l’umiliazione, è il silenzio. Si aspettava urla, forse lacrime dalle sue compagne, ma riceve solo un imbarazzato silenzio, sguardi deviati. Le è stato tolto il potere e con esso tutto il resto. Si siede in un angolo dell’area di riposo, le mani immobili in grembo, vestita con un’uniforme che non le appartiene. Il dolore che prova è così profondo che le costa respirare. Solo Pía e Samuel osano avvicinarsi. “Petra,” comincia Pía con voce pacata. “Lasciatemi, Pía, per favore,” mormora Petra, gli occhi ardenti. “Non sei sola,” insiste Samuel, sedendosi al suo fianco, ignorando il suo sguardo di avvertimento. “Questa è un’ingiustizia.” “L’ingiustizia non è il grembiule, Samuel,” sussurra Petra, “È il silenzio di coloro che ho chiamato compagni.”

Nel frattempo, Simona, ignara del dramma di Petra e ancora più di quello di suo figlio, canticchia felice. “Vedrete che bel matrimonio faranno il mio Toño ed Enora. Dobbiamo iniziare a pensare al menù del banchetto.” Candela la guarda con pietà, ma non osa rompere la sua bolla. “Non ancora.” E in un altro angolo, l’indagine sulle ricette rubate di López prende una piega inaspettata. Grazie a Manuel, Simona e Candela, scoprono finalmente il metodo: qualcuno sta usando una posta secondaria per inviarle alla casa editrice di Madame Cocot. Hanno il colpevole a portata di mano. Corrono a raccontarlo a López, aspettandosi una reazione di rabbia, di rivendicazione. Invece, López ascolta il resoconto con una quiete mortale. “Grazie,” dice semplicemente. “Grazie!” esclama Candela. “López, dobbiamo denunciarla.” “No,” dice lui con una finalità che gela. “Non faremo niente, lasciamo perdere.” La sorpresa è immensa. Perché López, così orgoglioso, così appassionato della sua cucina, decide di non agire? Il mistero della sua passività è quasi più grande di quello del furto stesso.
La giornata, tuttavia, è riservata a Lorenzo. Aspetta fino al tramonto, quando la luce morente dipinge d’ombre lo studio di Leocadia. Non bussa, entra come un’esalazione, i suoi stivali militari che risuonano sul marmo. Leocadia alza lo sguardo dai suoi conti. Impassibile. “Lorenzo, che impeto.” “Non prendermi in giro, Leocadia!” ruggisce lui, battendo il palmo aperto sulla scrivania. Il suono è come uno sparo. “Il viaggio.” “Che viaggio?” “Il viaggio di Ángela. Il viaggio di addio. Ma non con Beltrán. Con Curro. So tutto.” Il Capitano è fuori di sé, il volto pallido di una furia a lungo repressa. La affronta direttamente, il suo respiro quasi a colpire il volto di lei. “Tu lo sapevi. Hai permesso che la mia promessa andasse in un viaggio romantico con quel ragazzino.” Leocadia sostiene il suo sguardo e per la prima volta Lorenzo vede nei suoi occhi qualcosa che non è calcolo, ma una freddezza assoluta. “Calmati, Lorenzo, non chiedermi calma,” dice lei con voce pacata ma ferma, “Mi hai umiliata questa volta. Non ho intenzione di trattenermi.” “Siediti, o questo finirà molto male per te.”
Martedì: Distanze Incolmabili e Segreti Svelati

La confrontazione nello studio di Leocadia non è un’esplosione, ma un’implosione. La furia di Lorenzo si scontra contro il muro di ghiaccio della Signora di Figueroa. “Come osi?” ripete lui, anche se la sua voce non è più un ruggito, ma un ringhio contenuto. “Perché era necessario,” risponde Leocadia, alzandosi e servendosi un bicchiere di Jerez. Non gliene offre. “Ángela aveva bisogno di chiudere quella fase e io avevo bisogno di assicurarmi che la chiudesse per sempre.” “E hai pensato che il modo migliore fosse mandarla sola con lui?” “Era l’unico modo. Un ultimo addio. Un taglio netto. Ora lei sa cosa perde e sa cosa guadagna. È pronta a sposare Beltrán e compiere il suo dovere. E Curro. Curro non è che un pedone. Un pedone che presto sarà tolto dalla scacchiera.” Leocadia lo guarda da sopra il bicchiere. “Tutto questo, Lorenzo, fa parte di un piano molto più ampio. Un piano che va a tuo beneficio tanto quanto al mio. O preferisci che Ángela fosse fuggita il giorno prima del matrimonio?” Lorenzo stringe i pugni. Odia quando lei ha ragione. Odia, ancora di più, che lei lo abbia manipolato così sfacciatamente. “Fidati di me, Capitano,” dice lei, tornando al suo posto. “Il viaggio è stato un investimento. Ora concentrati sul matrimonio.” Lorenzo la fissa, i suoi occhi scuri cercando una crepa nell’armatura di lei. Non la trova. Era Leocadia che gli diceva la verità, o semplicemente stava guadagnando tempo? Per ora, decide di accettare con riluttanza la tregua. Ma il sospetto si è installato in lui come un parassita.
Lontani dal gelo di quello studio, Ángela e Curro vivono il loro inferno personale. Il viaggio di addio non è stato un taglio netto, è stato una tortura. È stato il paradiso e l’inferno intrecciati. Hanno vissuto in quei pochi giorni più verità che in tutta la loro vita. E ora il ritorno a “La Promesa” è come tornare in prigione dopo aver respirato aria pura. Fanno del loro meglio per mantenere le distanze. Si evitano nei corridoi, deviano lo sguardo in sala da pranzo. Rispondono con monosillabi se qualcuno si rivolge loro la parola. Ma la processione va per dentro. Ángela passa ore nella sua stanza, seduta davanti allo specchio, vedendo non il suo riflesso, ma il volto di Curro. Ricorda le sue parole, il tocco della sua mano e la disperazione dell’addio. La ferita non è chiusa, è aperta, suppurante in silenzio sotto le sete e i corsetti. Curro, dal canto suo, si rifugia nell’hangar o nelle scuderie. La minaccia velata di Jacobo e l’aperta ostilità di Lorenzo lo tengono all’erta, ma nulla fa più male dell’assenza di Ángela. Vederla da lontano, così vicina e così irraggiungibile, è un supplizio quotidiano. Soffrono in silenzio, cercando di nascondere un amore che è diventato pericoloso, radioattivo.
La tensione non è esclusiva dei signori. Nell’hangar, il successo del motore è stato oscurato dal fallimento della relazione tra Toño ed Enora. Non riescono a ricomporsi. Ogni conversazione è un campo minato. “Gliel’hai già detto a tua madre?” le incalza Enora quella mattina mentre revisionano dei progetti. “Non ho trovato il momento.” “Enora è molto entusiasta.” “Certo. E intanto io devo sopportare che mi parli di abiti da sposa e futuri nipoti.” La voce di Enora si incrina. “Non ti rendi conto di quanto sia umiliante? Non hai avuto il coraggio di dirglielo, Toño.” “Non è codardia, è prudenza.” “È codardia!” urla lei, lanciando una matita sul tavolo. “Mi hai lasciata in asso. Mi hai lasciata molto provata.” Toño rimane in silenzio, incapace di confutarla. La mancanza di fiducia, l’ombra di Manuel, ha rotto tutto.

In cucina, la brigata di Madame Cocot non si arrende nonostante Lope. “Non mi fido di Lope,” dichiara Simona mentre impasta con rabbia. “Quel ragazzo nasconde qualcosa, ma mentre lo nasconde, quell’impostora si sta arricchendo con le nostre ricette.” “Hai ragione,” annuisce Candela. “Dobbiamo catturarla.” “Io so come intervenire,” dice Vera, i suoi occhi che brillano di determinazione. “Se la casa editrice riceve le lettere da un punto specifico, forse possiamo tenderle una trappola.” Il trio, più motivato che mai, inizia a tracciare un piano. Mentre loro pianificano un’imboscata epistolare, Jacobo perfeziona la sua. Rimane ossessionato dalle lettere di Catalina. L’intera “Promesa” è il suo tavolo da Cluedo. Revisiona le lettere che Leocadia gli ha consegnato, apparentemente da Adriano. Le confronta con quelle che riceve la famiglia. La carta, l’inchiostro, il timbro postale. Tutto sembra corretto, troppo corretto. “Non è quello che è scritto, è quello che non c’è,” pensa. Le lettere di Adriano erano fredde, distanti. Quelle di Catalina erano emotive, ma stranamente vuote di dettagli concreti. La teoria di Jacobo si rafforza. Qualcuno del palazzo sta intercettando o forse creando entrambe le corrispondenze. E Leocadia, dandogli le lettere di Adriano, non cercava aiuto, cercava di deviare l’attenzione. “Mi credi un ingenuo, Leocadia?” pensa Jacobo. “Ma scoprirai che il promesso sposo di Martina è molto più furbo di quanto sembri.” Il cerchio si stringe.
Mercoledì: Decisioni Irreversibili e Rivelazioni Amare
Il mercoledì sorge con una riunione nel salone principale. È Leocadia ad aver convocato la famiglia. Alonso, Cristóbal, Manuel, persino Jacobo è presente, osservando da un secondo piano. “Mia cara famiglia,” comincia Leocadia, la sua voce artefatta da una falsa solennità. “Ho passato la notte a rivedere insieme a Jacobo la corrispondenza di Adriano. Tutte le sguardi si posano su di lei, in attesa. “Mi duole comunicarvi,” prosegue con un sospiro perfettamente studiato, “che le lettere non contengono indizi rilevanti. Non c’è niente di nuovo, niente che ci avvicini alla verità su Catalina.” Un mormorio di delusione percorre la sala. Alonso chiude gli occhi, sconfitto. La speranza, per quanto flebile, svanisce ancora una volta. La famiglia, rassegnata, inizia ad assumere la terribile possibilità di non sapere mai veramente cosa fosse successo a lei. Jacobo osserva Leocadia. È un’attrice magnifica e sta mentendo. La riunione si scioglie, ma Leocadia trattiene Alonso e Cristóbal. “C’è un’altra questione. È arrivato un invito dal Duca di Carvajal y Cifuentes. Ci invita al suo anniversario di matrimonio.” “Magnifico,” dice Alonso, cercando di trovare un po’ di luce nella giornata. “Ci farà bene distrarci.” “C’è un problema, Alonso,” dice Leocadia freddamente. “La data coincide con quella in cui abbiamo pianificato il matrimonio segreto di Ángela e Beltrán.” “Beh, si cambia,” esclama Cristóbal. “È un matrimonio segreto, per l’amor di Dio!” “La festa del Duca è la festa dell’anno. No, la negazione di Leocadia è categorica, sorprende entrambi i fratelli. “La data è fissata. I preparativi sono fatti. Non muoverò un dito. Il matrimonio di mia figlia è la mia priorità.” La testardaggine di Leocadia è incomprensibile. Rinunciare a una festa di tale portata per un matrimonio che apparentemente volevano mantenere segreto. Alonso e Cristóbal si scambiano uno sguardo di frustrazione, ma sanno che discutere con lei è inutile.

L’angoscia del matrimonio imminente grava su Ángela e Curro come una lapide. Dopo il fallito incontro nel corridoio il giorno prima, il dolore della loro separazione si è intensificato. Non è più solo tristezza, è disperazione. Curro si sente intrappolato. La minaccia di Jacobo, l’ostilità di Lorenzo. E ora sapere che lei sta per sposarsi. Ángela, dal canto suo, si sente come un animale in gabbia. Ha assaporato la libertà e ora la gabbia dorata. Sì, ma pur sempre una gabbia, le risulta insopportabile. Cercano di ricomporsi separatamente, ma entrambi sono completamente distrutti. Non sono gli unici ad attraversare un inferno personale. Nell’ala di servizio, María Fernández fatica a tenersi in piedi. La nausea mattutina è costante, ma è la nausea dell’anima che la sta uccidendo. Finalmente si spezza, cerca Pía e nella privacy della stireria crolla. “Non ce la faccio, Pía, non ce la faccio.” “Sono Ozaba,” aggrappandosi a lei. “Tranquilla, bambina, è normale avere paura.” “Non è paura, Pía, è… è disgusto. È rifiuto. Non voglio questa gravidanza. Non voglio questo bambino.” La crudezza della confessione lascia Pía senza fiato. Più tardi, Pía, visibilmente turbata, cerca Samuel. “Sono molto preoccupata per María.” “È spaventata. È normale.” “No, Samuel, è più di questo.” Pía abbassa la voce. “Mi ha detto che sta seriamente considerando di interrompere la gestazione.” Samuel sbianca. In quei tempi, quella era una parola che equivaleva a un disastro, alla prigione o alla morte. La questione è diventata infinitamente più delicata.
In cucina, la bolla di Simona è finalmente esplosa. Toño non ha avuto il coraggio, quindi è stata Enora a farlo. Entra con la determinazione di chi sta per strapparsi un cerotto doloroso. “Simona, Candela, devo dirvi una cosa.” Simona sorride. “Avete già scelto il sapore della torta, figlia.” La voce di Enora trema, ma rimane ferma. “Ho deciso di rimandare il matrimonio.” Il silenzio che cade in cucina è assoluto. “Rimandare?” ripete Simona, confusa. “Toño ed io non stiamo bene. La relazione ne ha risentito. C’è stata una mancanza di fiducia.” Le parole cadono come un secchio d’acqua gelida. Simona si siede di colpo su uno sgabello, sentendo le gambe cederle. La delusione è così amara che non riesce ad articolare parola. Candela, per una volta, non sa cosa dire. Nel frattempo, Vera, seguendo il piano di Madame Cocot, cerca di estorcere informazioni a López, ma lui rimane rigido nel suo silenzio. “López, per favore, dicci solo chi altro aveva accesso ai tuoi quaderni.” “Lasciatemi in pace, Vera. Ho già detto che non mi importa.” “Come non ti importa?” La discussione si alza di tono. Vera, frustrata, finisce per affrontarlo. “Sei un codardo, López, lasciando che ti rubino.” “Tu non sai niente!” urla lui. La tensione tra i due è elettrica e in mezzo a quella tensione, López inizia a sospettare. La veemenza di Vera, la sua insistenza, era preoccupazione genuina o era colpa? Il dubbio, una volta piantato, inizia a crescere. E mentre il servizio si sgretola, Cristóbal prende una decisione. Aborda Teresa in privato, lontano dalle orecchie di Petra. “Teresa, ti ho osservata. La tua dedizione, la tua discrezione.” “Signore. Io faccio solo il mio lavoro.” “Fai più di questo.” Cristóbal la guarda intensamente. “Petra è stata sollevata dalle sue funzioni e ‘La Promesa’ ha bisogno di una nuova governante.” Teresa apre gli occhi come piatti, senza poter respirare. “Signore, io…” “Pensaci, Teresa. Voglio che sia tu in futuro, naturalmente, quando sarai pronta.” L’offerta la lascia senza parole. Lei, una cameriera? Era un salto che non aveva mai osato immaginare. Ma accettare con Petra che soffre nella stanza accanto, la sfida è tanto terrificante quanto allettante.
Giovedì: Minacce Incombenti e Verità Rivelate

Teresa corre a cercare Pía con il cuore che le batte in gola. Ha bisogno di un consiglio. Ha bisogno d’aria. “Pía, non ci crederai.” Racconta in un sussurro febbrile l’offerta di Don Cristóbal. Pía l’ascolta con attenzione. “Ma Pía, io, governante, è impossibile. E Petra mi distruggerebbe.” “Petra continua a soffrire profondamente. Non si riprende dal colpo.” “Petra soffre adesso, Teresa,” dice Pía con la sua tranquilla saggezza. “Ma il palazzo non può fermarsi per il suo dolore. E se Don Cristóbal ti ha scelta, è perché vede qualcosa che forse neanche tu vedi. Non dubitare, saresti un’ottima governante.” Teresa, pur continuando a dubitare, sente un piccolo calore crescere nel petto. Forse, forse sì che poteva. Nella biblioteca, Jacobo ammucchia le lettere. Ha passato giorni di insistenza, di indagini minuziose, confrontando calligrafie, cercando schemi. E finalmente ha la chiave: un piccolo errore in una delle lettere di Catalina, un riferimento a un evento a “La Promesa” accaduto dopo che la lettera, presumibilmente, era stata inviata dall’estero. Un sorriso freddo si disegna sul suo volto. “Ti ho preso,” pensa. Era più vicino che mai alla verità. E tutte le frecce puntavano in un’unica direzione. La pazienza di Lorenzo, d’altro canto, si è esaurita. Il piano di Leocadia non lo convince. La calma finta di Ángela lo esaspera e la presenza di Beltrán, che si comporta come il devoto promesso sposo, gli rivoltana lo stomaco. Esplode. Trova Ángela in giardino da sola. “Basta con questa farsa, Ángela!” le intima. Senza preamboli. Lei si sussulta. “Lorenzo, il tuo atteggiamento è cambiato da quando sei tornata con Beltrán.” “Non so di cosa parli.” “Non mentirmi.” La sua voce si alza di volume. “Non posso più trattenermi. Voglio risposte chiare. Che diavolo è successo in quel viaggio? Che c’è tra te e Beltrán?” Ángela sente un sollievo momentaneo. Beltrán, Lorenzo sospetta di Beltrán, può usare questo. “Beltrán ed io ci siamo solo uniti. La tensione del matrimonio.” “Non parlarmi di tensione. Parlo di sguardi, di segreti.” Lorenzo stringe, ma nella direzione sbagliata. E Ángela, terrorizzata, si aggrappa a quella confusione.
In cucina, la tristezza di Simona è palpabile. “Mio povero Toño, così entusiasta.” Manuel, sceso per un bicchiere d’acqua, ascolta il lamento. Più tardi, cerca il suo amico nell’hangar. Toño è seduto a guardare il motore che hanno costruito, ma senza vederlo. “Toño, mi dispiace molto per Enora.” Toño sospira, un suono che esce spezzato. “Anche a me, Manuel,” dice Toño con voce roca. “Tu… tu ti fidi di lei?” Manuel tace a lungo. Il successo del motore era una cosa, ma il tradimento personale era un’altra. “Non ancora, Toño,” confessa Manuel con rammarico. “Non sono ancora riuscito a recuperare la fiducia in Enora,” e quella confessione, per quanto onesta, è l’ultimo chiodo sulla bara della speranza di Toño.
Mentre Alonso osserva il suo altro figlio, Adriano, il lutto per Catalina sembra dissolversi troppo in fretta. Adriano sorride di più, legge in giardino, parla di cose futili. Non menziona più Catalina. Alonso, lontano dall’alleggerirsi, sente una profonda tristezza. “Figlio,” le dice quel pomeriggio. “Non devi dimenticare Catalina.” Adriano lo guarda e c’è nei suoi occhi una nuova durezza. “Non la dimentico, padre, ma lei non c’è e io sì.” Alonso teme il peggio. Adriano non sta guarendo, sta chiudendo un capitolo. Sta lasciando andare il ricordo di Catalina per sempre. López, dal canto suo, osserva Vera, Simona e Candela. Continuano a bisbigliare su Madame Cocot. La sua rabbia iniziale per la disobbedienza si è trasformata. È stufo che non gli diano retta. Sì, ma una parte di lui apprezza il loro sforzo. Vera, soprattutto la sua passione per difenderlo, è commovente, inizia a vederci il lato positivo. Forse non è così male che loro vogliano risolvere il mistero. La giornata, tuttavia, si chiuderà con la crudeltà caratteristica di Leocadia. Trova Curro mentre esce dalle scuderie. Lui cerca di evitarla, ma lei gli si para davanti. “Giovane de la Mata, Signora,” dice lui, inchinandosi con la testa tesa. “Spero che stia godendo delle sue passeggiate per ‘La Promesa’.” “Io goda.” Lo interrompe lei, la voce che scende a un sibilo velenoso. “Goda ogni minuto, perché ne restano pochissimi.” Curro la guarda confuso e allarmato. Leocadia continua, assaporando ogni parola. “Una volta che mia figlia Ángela ti darà il ‘sì’, voglio il Capitano Beltrán. Mi occuperò personalmente di assicurare che non metta più piede in questa tenuta. Farò tutto il possibile per espellerlo da ‘La Promesa’.” La minaccia è chiara, inequivocabile e assolutamente terrificante. Il tempo stringe.

Venerdì: La Negazione di Martina e l’Incontro Proibito
Il venerdì arriva come una sentenza. La tensione accumulata durante tutta la settimana è sul punto di esplodere. Jacobo non aspetta più. Richiede una riunione formale con Alonso, Cristóbal e Leocadia ed esige che Martina sia presente. Si riuniscono nella biblioteca. L’atmosfera è gelida. “Grazie per essere venuti,” comincia Jacobo con una calma che gela il sangue. “Vi ho riuniti perché, dopo un’esaustiva indagine, ho scoperto la verità sulle lettere di Catalina.” Alonso si raddrizza. “Cosa hai scoperto, Jacobo?” “Ho scoperto,” dice Jacobo, girandosi lentamente per guardare Martina, che le lettere non vengono da nessuna nave né da nessun porto. Vengono scritte qui, a ‘La Promesa’.” Si fa un silenzio tombale. “E ho prove inconfutabili,” prosegue, posando sul tavolo la lettera con l’errore cronologico che indica la persona responsabile di questo crudele inganno. “Questa persona,” conclude Jacobo indicandola con il dito, “sei tu, Martina.” Il mondo sembra fermarsi. Alonso guarda sua nipote. Incredulo. Leocadia osserva la scena con indescifrabile interesse. Martina impiega un secondo per reagire. Poi emette una risata secca, priva di gioia. “Io? È lei pazzo, Jacobo?” “Le prove sono lì, Martina. La calligrafia, i dettagli.” “Delira!” esclama lei, alzandosi di scatto. La sua voce trema, ma non di paura, di rabbia. “Nego di avere niente a che fare con questa stupidaggine. Quali prove può avere? È assurdo. È una calunnia.” Martina rimane ferma, negando tutto. La sua performance è impeccabile. Nega le prove, nega le allusioni, nega ogni punto che Jacobo pone sul tavolo. Jacobo la osserva impassibile. Ha lanciato l’amo. Ora deve solo aspettare. La negazione di Martina è così veemente, così totale, che risulta sospetta.
Mentre questo dramma si svolge nella biblioteca, nell’ala di servizio, Teresa rimane immersa nei suoi dubbi. “Non so se ce la farò, Pía. È una responsabilità enorme.” Ma la notizia si è filtrata. E con sorpresa di Teresa, il resto del servizio non esita nemmeno un secondo. Uno per uno si avvicinano a lei. “Dona Teresa,” dice Candela con una rara serietà. “Lei sarebbe una capa giusta. Ha il temperamento.” “E il cuore,” aggiunge Samuel. Il supporto è unanime. Il servizio che aveva sofferto sotto il regime erratico di Petra vede in Teresa una speranza. Convinti che abbia tutto il necessario, la incoraggiano ad accettare. Nello studio di Alonso, il patriarca tenta un ultimo sforzo con Adriano. L’invito del Duca di Carvajal y Cifuentes è ancora sul tavolo. “Adriano, per favore, mi hanno appena confermato che Sua Maestà il Re sarà presente. È un’occasione unica.” Ma Adriano, avvolto nella sua nuova e strana apatia, scuote la testa. “Non sono dell’umore per feste, padre. Nemmeno per il Re.” Alonso si arrende disperato. Suo figlio si sta isolando dal mondo e lui non sa come riportarlo indietro.

La mattina porta una nuova sorpresa: il quotidiano locale e in prima pagina nella sezione sociale, un titolo a tutta pagina. “Intervista esclusiva all’enigmatica Madame Cocot.” In cucina la notizia cade come una bomba. Vera legge l’articolo ad alta voce. La presunta Madame Cocot parla della sua ispirazione, delle sue ricette familiari, della sua passione per l’innovazione. È un insulto diretto, un furto alla luce del sole. Tutti guardano Lope, sperando che questa esposizione pubblica finalmente lo faccia reagire. López ascolta l’intero articolo con il volto impasible. Quando Vera finisce, lui semplicemente annuisce. “Bene per lei,” dice e torna ai suoi fornelli. Il silenzio di López è più rumoroso di qualsiasi grido. Inizia a pesare sempre di più, non solo su di lui, ma su tutti coloro che lo circondano.
In mezzo a tanta tensione, Pía e Curro non dimenticano María Fernández. La trovano nel giardino di servizio, pallida e scavata. “María,” dice Pía, sedendosi al suo fianco. “Come ti senti oggi?” María scuote solo la testa, incapace di parlare. È ancora intrappolata in un mare di dubbi. La decisione è troppo grande. Curro si inginocchia di fronte a lei. “Non sei sola, María. Non devi decidere oggi. E qualunque sia la tua decisione, Pía ed io ti sosterremo.” Le offrono il loro più sincero supporto, una piccola zattera nell’oceano della sua angoscia.
Ma il giorno non è finito. Per Curro, la minaccia di Leocadia, l’accusa a Martina e soprattutto l’imminente matrimonio di Ángela sono un cocktail letale. Non può respirare, non può pensare. Per Ángela, la confrontazione con Lorenzo e la negazione di Martina la fanno sentire ancora più intrappolata. Avevano fatto una promessa, stare lontani, una promessa che era diventata impossibile da mantenere.

Quella notte, mentre “La Promesa” dorme, un’ombra scivola fuori dal palazzo. Curro. Aveva lasciato un biglietto sotto la porta di Ángela. Una sola parola, ora lei l’ha trovata. E il suo cuore ha preso la decisione che la sua mente non osava. Si incontrano di nuovo nell’unico posto che era stato loro, l’hangar buio e silenzioso, che odora di olio motore e di sogni infranti. Rimangono a guardarsi nella penombra, la luna che disegna le loro sagome. “Non dovremmo essere qui,” sussurra Ángela. “Lo so,” risponde Curro, la voce roca per l’emozione. “Ci siamo promessi.” “Non posso mantenere quella promessa, Ángela.” La tensione tra loro è così densa, così carica di sentimenti impossibili da nascondere, che l’aria stessa sembra vibrare. Si sono ritrovati, hanno infranto la loro unica regola e nell’oscurità dell’hangar, entrambi sanno, con una certezza terrificante, che il matrimonio fallito di cui parlavano le anteprime non sarebbe stato quello di Ángela e Beltrán. Sarebbe stato qualcosa di molto peggio.