LA PROMESA – ANTICIPAZIONI BOLLENTI: RICARDO CROLLA! SANTOS FUORI CONTROLLO… LA VERITÀ È DEVASTANTE!

Un silenzio innaturale incombe sulla zona dei servizi. Non è la quiete dell’attesa, ma un’aura satura di terrore, dove ogni cigolio sembra un lamento soffocato e ogni ombra un presagio di morte. La causa di questa angoscia ha un nome: Petra. Fino a ieri simbolo di forza e disciplina, ora giace fragile, febbricitante, su un letto dove ogni respiro è una battaglia.

Il dottor Salazar, il cui sguardo solitamente fermo tradisce ora impotenza, emerge dalla stanza portando con sé il peso di una diagnosi funesta. Al suo passo, Hann, López e il giovane Santos trattengono il fiato. “Non è una semplice torcicollo,” mormora, e quelle parole suonano come rintocchi di campana a morto. Tetano. Una parola che cade come una condanna, evocando immagini di spasmi, dolore e agonie dimenticate di corpi piegati da una malattia antica e spietata. “In queste condizioni, la situazione è critica. Se non troveremo nell’immediato un siero antitetanico, gli effetti saranno mortali. Spero non sia troppo tardi,” aggiunge con voce spezzata.

Il ghiaccio cala sui cuori. Petra, la donna di ferro, la più devota serva della Marchesa, è ora preda indifesa del destino, mentre il veleno serpeggia nelle sue vene. La notizia si diffonde nel palazzo come un sussurro che diventa urlo, e persino Doña Cruz, solitamente imperturbabile, lascia trasparire un gesto di sincera inquietudine per la sua confidente più leale. Se volete ricevere in anteprima i prossimi video de La Promesa, scrivete “sì” nei commenti. Ricominciamo.


Mentre la morte incombe nelle stanze dei servi, nei nobili saloni si librano guerre più silenziose, ma non meno crudeli. Adriano, divorato dall’assenza di Catalina, vaga per i giardini perso nei suoi pensieri, finché Martina, con la dolce fermezza che la contraddistingue, si siede al suo fianco e lo esorta a non arrendersi. “Le terre hanno bisogno di te. Catalina vorrebbe che tu lottassi per esse.” Ma lui, vinto dal dolore, cede, affidando la gestione ad Aliocadia e Jacobo, ignaro di consegnare nelle mani sbagliate un pezzo importante del suo destino. L’assenza improvvisa di Ricardo, invece, grava sull’animo di tutti e per suo figlio Santos si trasforma in un abisso di rabbia e solitudine. “Perché se n’è andato così? Non gli importava niente?” domanda senza ottenere risposta.

Curro, approfittando del vuoto di potere, si presenta davanti a Don Cristóbal con la ferocia di chi non teme lo scontro. “Ricardo non c’è più. Non hai più scuse. Pía deve tornare,” dichiara con voce ferma, affrontando lo sguardo di pietra dello zio in un duello di volontà che minaccia di esplodere.

Contemporaneamente, un altro cuore si infrange. Vera, ferita dalla freddezza del fratello e dal peso del suo sangue nobile rinnegato, decide di troncare ogni legame con Lope. “È finita,” sussurra, “non c’è futuro per noi.” E quando lui tenta di afferrarle le mani, lei le ritrae, lasciandolo con il cuore spezzato e l’anima vuota.


Ma in quella notte carica di presagi, un annuncio inaspettato porta un raggio di gioia. Toño, l’amico meccanico di Manuel, rivela il suo imminente matrimonio con l’enigmatica Enora. La notizia accende un entusiasmo che, tuttavia, non riesce a cancellare il dubbio negli occhi di Manuel. Qualcosa in quella donna lo inquieta. Uno sguardo, una parola, un segreto non detto.

E mentre il giorno tramonta, la cena nel grande salone nobiliare si trasforma nel palcoscenico di un sottile dramma. Curro e Ángela siedono uno di fronte all’altra, separati da un silenzio che urla, due anime divise da un abisso. Improvvisamente, il Capitano Lorenzo si alza con voce controllata e un sorriso gelido. “Questa sera, davanti a tutti voi, ho deciso qualcosa. Ángela, mi concederai l’onore di diventare mia moglie?”

Il silenzio che segue è irreale. Il volto di Ángela impallidisce mentre Lorenzo le prende la mano tremante. Tutti rimangono immobili, i Lujan, Leocadia, Curro, spettatori impotenti di una tragedia annunciata. E quando dalle labbra della giovane esce un impercettibile “sì”, è come sentire due cuori spezzarsi insieme. L’eco di quella insensata proposta continua a vibrare nelle mura del palazzo la mattina seguente, durante una colazione muta e pesante, dove Curro, distrutto, guarda Ángela accanto all’uomo che gli ha strappato l’anima, mentre Lorenzo ostenta un’insostenibile normalità, come se la notte precedente fosse stata protagonista di una grande storia d’amore e non di un atto di crudeltà.


Nei giardini. Nel frattempo, Adriano rimane prigioniero del dolore per Catalina, ma Leocadia, con determinazione, gli infonde nuova speranza. “Non possiamo rimanere inerti,” gli dice. “Ho assunto un investigatore privato. La troveremo. Te lo prometto.” Una scintilla si accende nel cuore dell’uomo, piccola, ma viva, un fragile raggio di speranza in un mare di assenze. L’idea che ci sia qualcuno, da qualche parte, che stia disperatamente cercando la sua amata Catalina gli restituisce una forza che credeva perduta, ignorando, tuttavia, che la promessa di Leocadia non è un gesto di pietà, ma una mossa calcolata sul tavoliere segreto di un piano ben più oscuro.

Martina, dal canto suo, cerca rifugio nella scrittura. Seduta alla scrivania, con la fredda luce del mattino che filtra dalla finestra, cerca di mettere ordine nei suoi pensieri in una lettera indirizzata alla madre, Margarita. Narra gli ultimi avvenimenti, la malattia di Petra, il trasferimento delle terre da parte di Adriano, ma giunta alla cena della sera prima si ferma, chiedendosi come spiegare la follia della proposta di Lorenzo o trasmettere il dolore negli occhi di Curro, il suo cugino e affetto fraterno. Decide di omettere quel passaggio, cancella quanto scritto e sigilla la lettera, nascondendo una verità pronta a esplodere.

Nel frattempo, la notizia della malattia mortale di Petra ha superato ogni barriera, diffondendosi come un’onda in entrambi i mondi de La Promesa. Al piano terra, tra gli umili fasti del servizio, la paura si mescola al lutto, poiché, nonostante il suo carattere duro e la sua cieca lealtà verso la Marchesa, Petra faceva parte di quella famiglia disfunzionale e l’idea di perderla in modo così ignominioso li univa in un dolore mutevole. Al piano nobile, tra i signori, la reazione è più contenuta, ma non meno reale, poiché Petra conosceva troppi segreti dei Lujan e la sua morte potrebbe aprire un vaso di Pandora che nessuno desidera scoperchiare.


Lope, ancora con il cuore ferito, non riesce a distogliere lo sguardo da Vera, che appare distante e persa in sé stessa, e un atroce sospetto lo assale, convinto che rivedrà il fratello che l’ha abbandonata. Gli duole che lei continui a cercare l’approvazione di chi l’ha disprezzata, senza vedere che la sua vera casa e chi l’ama davvero sono qui, a La Promesa. Sebbene Vera abbia eretto un muro di ghiaccio intorno al suo cuore, Lope non sa come attraversarlo senza ferirsi ancora di più.

Manuel, intanto, osserva Enora con crescente diffidenza, che non è più intuizione, ma certezza. E durante una conversazione sull’hangar e i progressi del prototipo, le pone una domanda che solo chi avesse studiato a fondo i progetti potrebbe conoscere. “Enora, cosa ne pensi della modifica che ho proposto per l’angolo d’attacco dell’ala sinistra? Toño mi ha detto che hai rivisto gli ultimi schizzi.” Lei esita un istante, ma per Manuel è un’eternità. Risponde con voce insicura e mentendo: “Oh, sì, certo. Mi è sembrata una brillante miglioria.” Ciò che lui comprende all’istante, decidendo di metterla alla prova e cercare prove che aprano gli occhi persino alla sua amica. Il pomeriggio scorre lento e pesante, carico di tensione e silenzi, finché una carrozza si ferma di soprassalto davanti all’ingresso principale e da essa discende una figura che molti credevano esiliata: Pía Daray, più magra e con il volto stanco, ma con lo stesso sguardo determinato di sempre. Il suo ritorno scuote le fondamenta de La Promesa e la cerimonia che la accoglie è un misto di gioia e sgomento, mentre lei scruta i volti in cerca di uno in particolare. E non trovandolo, chiede con voce tagliente: “Dov’è Ricardo?” E il silenzio che segue è assordante, con sguardi evasivi, carichi di una verità che nessuno osa pronunciare, e Pía comprende che qualcosa di terribile è accaduto. Non è tornata per un esilio concluso, ma per iniziare una nuova e dolorosa ricerca della verità.

Mercoledì 8 ottobre, la lotta per la vita e lo smascheramento acquistano una febbrile urgenza. Petra si consuma. Gli spasmi aumentano in frequenza e violenza. E il corpo che prima era rigido e orgoglioso ora si piega sotto il dolore finché emerge una figura inaspettata. Samuel, il giovane e silenzioso lacchè, si offre volontario per un’impresa quasi impossibile, dicendo con voce ferma: “Ho sentito che in una città vicina c’è un ospedale che potrebbe avere il siero. Se mi date il permesso, partirò subito a cavallo. Forse c’è ancora tempo.” E la sua determinazione è un balsamo nel mezzo dell’impotenza, ricevendo il permesso e la benedizione di Romolo per partire al galoppo, diventando l’unica, fragile speranza a cui padroni e servi si aggrappano per salvare Petra.


Mentre una vita pende da un filo, altre richiedono attenzione. Martina, cercando di dare un senso al tormento, si dedica alla cura dei figli di Catalina, che ignari della scomparsa della madre trovano in lei un rifugio di affetto e gioco. Non tutti approvano però quel gesto, poiché Jacobo, figlio di Leocadia, la osserva con crescente ostilità. “Sembra che tu abbia assunto il ruolo di madre troppo presto,” dice una volta con tono caustico. E Martina risponde con fermezza: “I bambini hanno bisogno di normalità e affetto.” Il roce tra i due cresce, una guerra latente per il controllo emotivo del palazzo e il ritorno di Pía scatena un riassetto del potere nel servizio. La prima conseguenza è lo scontro per la scomparsa di Ricardo Santos, ferito e risentito, la accoglie con freddezza tagliente, accusandola implicitamente dell’abbandono del padre. Ma la prova più dura è l’incontro con Don Cristóbal, poiché Pía entra nel suo ufficio eretta e decisa. “Sono tornata, signore.” E Cristóbal la scruta dal suo trono con espressione indecifrabile, con il potere di licenziarla nuovamente o umiliarla, ma qualcosa nella dignità di Pía lo disarma. Forse opera di Curro, che aveva mosso leve nascoste. “Benvenuta, Pía,” dice infine con tono sorprendente, restituendole la carica di governante e abolendo il sistema di colpe imposto da Ricardo, il che significò una significativa vittoria per lei, il cui primo atto fu affrontare Santos nei corridoi con voce calma ma acciaio nel tono. “Santi, so che sei ferito e mi dispiace, ma finché sarò governante, qui lavoreremo con rispetto e disciplina. Il tuo risentimento non sarà tollerato. E anche se il giovane la guardò con rabbia, vide nei suoi occhi un’autorità mai percepita prima e infine annuì di malavoglia, segnando l’inizio di un rapporto teso, ma regolato. Pía aveva vinto una battaglia.

Curro, nel frattempo, vive una sofferenza silenziosa e profonda. Vedere Ángela camminare accanto a Lorenzo, sorridergli e pianificare un futuro che non le appartiene. È una tortura costante, prigioniero in una gabbia dorata, impotente, mentre l’amore della sua vita gli viene strappato. E Ángela stessa si muove come un automa, con l’anima sempre più distante dal corpo, vittima della promessa che la uccide dall’interno.

Persino Toño ed Enora, la coppia apparentemente felice, non sono esenti da conflitti. Toño, entusiasta, parla già di nozze. “Potremmo sposarci in primavera,” ma Enora frena con grazia calcolata. “Non così in fretta, con PETA così malata non è opportuno e le regole de La Promesa per i matrimoni tra servi sono severe.” E Toño accetta l’argomento con riluttanza, mentre Manuel, che ascolta, comprende che non è prudenza, ma un astuto rinvio, segno che è tempo di agire.


Quel medesimo giorno, Manuel cerca Toño nell’hangar con i progetti originali e gli ultimi schizzi, dicendo: “Dobbiamo parlare di Enora.” “Che succede?” Toño reagisce sulla difensiva e Manuel posa i progetti sul tavolo indicando il dettaglio tecnico che aveva messo in discussione, affermando che lo aveva visto e ritenuto geniale. “È impossibile che lo abbia visto,” dice Manuel e Toño rivede i fogli. Ma guardando Manuel, il cui volto è un poema di confusione e rifiuto, risponde: “Perché dovrebbe mentirmi su una cosa del genere? Non ha senso.” A cui Manuel replica carico di preoccupazione: “È proprio questo che voglio capire. Ti ho detto che non mi fidavo di lei. Ha detto che ha studiato i piani per aiutarti e condividere la tua passione, ma è una bugia, non li ha toccati. La domanda è, cosa sta cercando veramente?” Il seme del dubbio è piantato. Toño guarda i progetti, testimoni della menzogna di Enora, e per la prima volta la sua felicità viene squarciata da una verità inquietante, la sua reazione, rabbia, incredulità, dolore, preludio della tempesta che si sta preparando.

Il gioco delle maschere crolla quando la notizia di una passeggiata mattutina tra Ángela e Lorenzo, quell’immagine studiata di felicità coniugale, arriva a Leocadia e ci si aspettava che la madre, artefice di quel legame forzato, reagisse con compiacimento, ma risponde con freddezza calcolata. “Non basta camminare,” dice ad Ángela nel silenzio del suo appartamento. “Devi dimostrare di essere innamorata. Devi convincere tutti, soprattutto i Lujan, che questa unione è il tuo più grande sogno. La tua felicità sarà la nostra arma.” E Ángela, sorpresa, pensa: “Arma, mamma? Di cosa parli? Questa è la mia vita.” Mentre Leocadia sorride, un sorriso che non raggiunge gli occhi, replica: “Tutto in questa vita è una battaglia, cara. E stiamo per vincere la guerra, non come madre, ma come generale,” muovendo pezzi sul tavoliere del potere, provocando un brivido ad Ángela che comprende con dolore di non essere altro che un pedone in un gioco di cui ignora le regole e gli obiettivi.

Nel frattempo, nell’hangar, Toño passa la notte tormentato dalla rivelazione di Manuel. L’inganno di Enora, seppur sottile, ha aperto una crepa nella fiducia che lui riteneva inviolabile, e confrontandola la trova preparata, offrendo uno spettacolo di lacrime calcolate, voce tremante e una recita di insicurezza e desiderio di piacere, ammettendo di aver mentito per paura di sembrare stupida, cercando l’ammirazione di Toño. E sebbene lui vacilli desiderando crederle, Manuel, testimone silenzioso, vede il meccanismo mentale dietro la recita e rimane in silenzio, consapevole che uno scontro immediato allarmerà solo la mente astuta di Enora.


Intanto, nell’ufficio di Don Cristóbal, Leocadia esegue la sua mossa decisiva, la conversazione sull’investigatore ingaggiato per rintracciare Catalina prende una piega inaspettata. “Il detective è una frode,” confessa a Cristóbal con fredda determinazione. “È un attore che ho pagato. Il suo unico obiettivo è dare false speranze ad Adriano, tenerlo occupato e docile.” E interrogata sull’obiettivo finale, risponde con occhi ardenti di ambizione: “Il fine è La Promesa. Con Adriano neutralizzato e il matrimonio di Ángela e Lorenzo assicurato, controlleremo le terre e con esse la capitale. Jacobo ed io assumeremo il potere completo. La Promesa sarà nostra,” rivelando che non si trattava di alleanze o convenienze, ma di conquista pianificata.

Lontano da queste intrighi, Lope lotta disperatamente, cercando di dissuadere Vera dal riconciliarsi con i suoi genitori, trovandola che prepara in silenzio un piccolo fagotto. “Non farlo, Vera,” supplica con voce angosciata. “Non tornare dove non sei desiderata. La tua vita è qui con me. Dimentica i duchi di Carril, dimentica chi eri. Resta e sii te stessa.” E sebbene le sue parole scaldino le lacrime di lei, Vera insiste: “Non posso, Lope. Lui è mio padre, è malato. Devo provare ancora una volta a cercare il suo perdono.” E di fronte alla domanda di Lope su un possibile rifiuto, lei sussurra: “Allora saprò di aver perso tutto.”

Nel servizio, lo scontro più violento viene provocato da Pía, che stanca delle provocazioni e dell’insubordinazione di Santos, lo affronta nella dispensa. “È finita, ragazzo,” dice con voce bassa ma vibrante. “Non tollererò più mancanza di rispetto. Mi piaccia o no, sono la governante. E tu sei un lacchè. Il tuo dovere è obbedire, non sfidarmi. Ricardo se n’è andato. Colpevolizzarmi non lo riporterà indietro. O ti comporterai come un membro decente del servizio, o giuro che ti farò licenziare in modo umiliante.” E la minaccia colpisce Santos come un fulmine, facendolo retrocedere per la prima volta, spaventato, riconoscendo in Pía una donna diretta, una leader che reclama il suo trono, stabilendo chi detiene il potere a La Promesa.


La settimana si conclude con la medesima tensione oscura che l’ha contraddistinta. Petra si aggrappa alla vita con un filo sempre più sottile. Il siero che Samuel ha recuperato non è ancora arrivato e ogni istante è una vittoria per la malattia. In mezzo a questa angoscia, Curro e Ángela rubano un momento di confidenza nella galleria che dà sui giardini. E Ángela, disperata, implora: “Non ce la faccio più, Curro. Mia madre mi opprime, Lorenzo mi osserva. Sento che sto soffocando.” E Curro, con il cuore ferito dall’impotenza, le stringe le mani. “Dobbiamo fare qualcosa, Ángela. Non possiamo arrenderci.” E in un atto di follia carico di speranza, propone un’alleanza con Lorenzo. “Ha contatti, potere. Forse potrà ottenere il siero per Petra.” E Ángela, costernata, replica: “Chiedere aiuto all’uomo che mi opprime?” Ma Curro insiste: “Ma se salverà Petra, forse ci concederà una tregua. Ci permetterà di dimostrare che siamo dalla sua parte. Guadagneremo tempo.” E Lorenzo acconsente, non per altruismo, ma per strategia, diventando l’improbabile salvatore.

Nell’hangar, Enora completa il suo inganno magistrale, costruendo spiegazioni plausibili persino per Manuel, seminando confusione e ritardando le accuse, mentre Pía attraversa momenti di sconforto, considerando di partire da sola alla ricerca di Ricardo. Ma protetta e consigliata da Hann e Teresa, comprende che la sua priorità è suo figlio e che la ricerca può aspettare. Vera, nel frattempo, si assenta con la scusa di un incarico urgente, e Martina e Adriano condividono un istante di calma parlando di Catalina. Osservato da Jacobo, che trova in quel gesto una nuova arma per seminare discordia. La notte cala con Ángela che implora la madre per più tempo di fronte al matrimonio imminente, e Curro, spinto da un’idea disperata, tenta di liberare Ángela forzando la serratura di un portagioielli con una preziosa reliquia, venendo scoperto da Leocadia, che con espressione di gelido trionfo proclama: “E cosa abbiamo qui, signor Curro? Rubare alla mia famiglia.” E in quell’istante, il destino di Curro, il futuro del suo amore con Ángela e l’equilibrio di potere a La Promesa pendono da quella collana e da quel momento di disperazione, lasciando la settimana conclusa con un terribile interrogativo sulle conseguenze di quel furto nato nel silenzio della disperazione.

Se non volete perdervi nulla di ciò che accadrà, scrivete “sì” nei commenti e molto presto arriverà un nuovo video. Alla prossima!