ENORA… UN SEGRETO IMPATTANTE MINACCIA DI DISTRUGGERE IL SUO MATRIMONIO CON TOÑO… – LA PROMESSA AVANCES
Il Destino è un Gioco Spietato a La Promesa: Curro Riemerge per Sconvolgere Tutto!
Il Palazzo de La Promesa è in fermento. Tra preparativi frenetici e sussurri nervosi, l’aria vibra di attesa per quello che dovrebbe essere il giorno più felice della famiglia. Ma sotto la superficie scintillante, un segreto sconvolgente sta per eruttare, minacciando di spazzare via ogni piano e ogni speranza. La Promesa si prepara a un colpo di scena epocale, con il ritorno inaspettato di Curro, pronto a riscrivere il destino con la forza di un animo nobile e un cuore spezzato.
La notizia che sta per scuotere le fondamenta del palazzo è di quelle che cambiano le sorti di un regno. Curro, il giovane che sembrava aver perso tutto, riemerge dalle ombre con una determinazione che fa tremare i malvagi. La sua presenza non è solo un ritorno, è un terremoto in arrivo. Il suo primo obiettivo? Fermare il matrimonio tra Ángela e Lorenzo. E non con un semplice sussurro, ma con una rivelazione che lascerà tutti a bocca aperta, un segreto che si palesa all’ultimo istante, trasformando un lieto evento in un vero e proprio dramma.

Ma Curro non si accontenterà di interrompere le nozze. La sua astuzia e la sua incrollabile determinazione smaschereranno i piani subdoli di Lorenzo, costringendolo a fare un passo indietro, draconiaco e inaspettato: un ritorno in carcere, da cui pensava di essersi liberato per sempre. Il suo agire sarà guidato da un senso di giustizia che ha covato nel profondo, alimentato dal dolore e dall’amore che prova per Ángela.
E poi, nel giorno decisivo, in un atto di pura audacia e vulnerabilità, Curro compirà un gesto che congelerà il respiro di ogni presente. Si inginocchierà, di fronte a tutti, e chiederà ad Ángela di sposarlo. La reazione? Sconvolgimento totale. Incredulità. Un silenzio assordante che peserà come un macigno.
Il mattino che precede l’imminente catastrofe si annuncia limpido sui giardini de La Promesa, un contrasto crudele con l’oscurità che si annida all’interno del palazzo. I preparativi corrono frenetici nei corridoi: stoffe che vengono sistemate, fiori che adornano la sala principale, voci concitate che echeggiano. Ogni dettaglio sembra urlare che il matrimonio è imminente, un destino ineluttabile. Curro, appollaiato in cima alla scalinata, osserva questo turbine di attività, il luccichio delle posate, le prove dell’orchestra, un cupo presagio che si insinua nel suo cuore. Ogni gesto, ogni sussurro sembra una beffa al suo amore. Stava per perdere Ángela, non per mancanza di coraggio, ma per il terrore che lo attanagliava.

È María Fernández a trovarlo, un’ombra in piedi, il volto segnato, gli occhi persi nel vuoto. “Curro, nemmeno tu vorresti assistere a questo,” mormora, avvicinandosi con cautela. Lui, immerso nei suoi pensieri, non la sente. Lei tenta di confortarlo: “Ángela non vuole che questo accada. Ha solo paura.” La sua risposta è un singhiozzo spezzato: “Se avessimo avuto il coraggio, saremmo già lontani da qui, ma ora è troppo tardi.”
Quella sera, la decisione è presa. Un passo dopo l’altro, con il cuore in tumulto, si avvicina alla porta di Ángela. Un battito, un istante. La sua risposta tarda ad arrivare. Quando finalmente appare, il suo aspetto tradisce la profonda turbazione: pallida, occhi arrossati, il vestito scomposto. “Curro, non dovresti essere qui,” riesce a dire con voce tremante. “Dovevo vederti,” risponde lui, guardandola negli occhi. “È l’ultima volta che te lo chiedo. Fuggi con me, adesso, prima che inizi quest’inferno.”
Un silenzio denso cala tra loro. Lei abbassa lo sguardo: “Non posso. Lorenzo è pericoloso. Se scomparissi, mi darebbe la caccia e se non mi trovasse, ti distruggerebbe.” Lui la afferra per mano con una dolcezza disperata: “Preferirei morire piuttosto che non salvarti, che vivere sapendo di averti consegnata a un mostro.” Lei si ritrae, tremando: “Non parlare così. Non voglio perderti.” Lui replica con amara rassegnazione: “Ho già accettato il mio destino. Voglio che tu viva.” Gli occhi di Ángela si riempiono di lacrime, incapace di trovare le parole. Curro, con il cuore a pezzi, si volta verso la porta e sussurra: “Se questo matrimonio si celebrerà, che Dio mi perdoni per ciò che sarò capace di fare.”

E così, il palazzo inizia a festeggiare. Gli invitati arrivano, Lorenzo cura ogni dettaglio con orgoglio insolente. Ordini, brindisi, risate compiaciute. Ma Curro non trova più alcuna ragione per resistere. L’odio e il dolore si fondono in una forza oscura. Se il prezzo per liberare Ángela è la sua stessa vita, è pronto a pagarlo.
Al calar della sera, entra con passo deciso nell’ufficio di Lorenzo, dove il capitano sta firmando documenti e rivedendo la lista degli invitati. “Dobbiamo parlare,” dice. Lorenzo, sorpreso e beffardo, lo accoglie con arroganza: “Che onore ricevere la visita del bastardo innamorato.” Curro, con voce ferma nonostante il dolore: “Vuoi vedermi distrutto? Bene, ti lascio il mio tormento. Chiedo solo una cosa.” Lorenzo sorride divertito: “E quale sarebbe?” Gli occhi di Curro si velano di lacrime: “Voglio essere sepolto accanto a Hann. Hann, l’unica che mi avesse davvero capito.”
La richiesta di Curro nascondeva una dichiarazione finale, un’espressione di amore eterno e di ribellione. “E se dovrò perdere la vita, voglio riposare al suo fianco.” Il silenzio che segue è quasi assordante. Lorenzo guarda Curro per un istante, poi scoppia in una risata secca e crudele: “Sei un folle,” ringhia. “Mi chiedi di rinunciare a una donna per cui ho lottato per rubarti il mio posto? Pensi che sia un santo?”

Ma Curro non indietreggia. Fa un passo avanti, le mani tremanti, gli occhi sull’orlo delle lacrime: “Penso che tu sia un codardo e sono qui per dimostrarti che esiste un uomo disposto a dare tutto, persino la vita, per amore. Tu, Lorenzo, non sai nemmeno cosa sia amare.” La provocazione colpisce Lorenzo come un pugno. Si alza furioso, ma con la sua solita ironia avvelenata: “Parli come se fossi nobile, ma non sei che un servo sudicio. Un bastardo che non dovrebbe nemmeno stare di fronte a me. Vuoi darmi la tua vita? Non la voglio. Non vale niente.”
Curro avanza ancora, la voce rotta ma risolta: “Potete prendervi gioco quanto volete, ma arriverà un giorno in cui, guardando accanto al letto, vedrai Ángela odiarti e ricorderai queste parole.” L’ira di Lorenzo esplode. Gli sputa in faccia: “Insetto, non sei che il fango che alimenta questa casa.” Curro non si muove, non reagisce. La saliva scivola sul suo viso, mentre Lorenzo attende una reazione. E invece, Curro rimane saldo: “Ti ho offerto la mia vita. È più di quanto tu abbia mai fatto per qualcuno,” dice con voce tremante.
Lorenzo scoppia in una risata sarcastica: “Ah, Curro, credi davvero in questo amore ridicolo? Sposerò Ángela. E sai cosa altro? Sarà reale. Avremo figli. Il loro sangue si mescolerà al mio e tu sarai lì a guardare da lontano, sapendo che l’amore della tua vita è mio.” Quelle parole trafiggono Curro come coltelli ardenti. Chiude gli occhi, trattenendo le lacrime e l’odio che lo divora. “Puoi forzare un matrimonio, Lorenzo. Puoi vestire un altare, suonare campane, organizzare feste, ma non avrà mai il suo cuore perché è già mio.”

Con un gesto sprezzante, Lorenzo spinge Curro: “Muoviti,” ordina. “Ti ho mandato all’inferno.” Curro lo guarda un’ultima volta: “Un giorno, Lorenzo, scoprirai che non tutto l’oro del mondo può comprarti ciò che desideri. E quando lo capirai, sarà troppo tardi.” Esce dall’ufficio tremando per la ferita al petto, ma con lo sguardo deciso.
La notte cala su La Promesa carica di tensione. Curro attraversa i corridoi con passi veloci, il cuore che martella, la mente ossessionata da un unico pensiero: vendetta. La conversazione con Lorenzo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Umiliazioni, insulti, sputi, nulla di tutto ciò resterà impunito. Credeva Lorenzo di poter distruggere tutto con il suo potere? Ora imparerà che Curro non è più quel giovane che soffriva in silenzio.
Esce dal palazzo da un’entrata laterale e si dirige verso le scuderie. Lì, nel silenzio della notte, con il chiarore lunare come complice, appare López, che gli si avvicina con le sopracciglia inarcate per la preoccupazione. “Curro, che fai? Che faccia hai? Cosa ti è successo?” Curro si passa una mano sul volto ancora umido, senza rispondere subito. “Lorenzo mi ha sputato in faccia. Ha dimostrato ancora una volta che si crede intoccabile, ma oggi, oggi farò in modo che tutto finisca.” López spalanca gli occhi: “Stai per commettere una follia.” Curro lo guarda con fermezza: “Non cerco giustizia con le armi e non ho bisogno che tu mi segua. Se qualcuno chiederà, diremo che sono andato in paese per affari agricoli.” “Curro, per l’amor di Dio, pensaci,” lo supplica López, ma il giovane si è già allontanato.

Qualche ora dopo, giunge al vecchio magazzino del palazzo, lo stesso dove un tempo si conservavano cosmetici e merci importate da Córdoba per le dame della casa. Dalla morte di Eugenia, quel luogo era rimasto chiuso, dimenticato. Ma Curro possiede le chiavi, conosce i passaggi segreti. Spinge la pesante porta di legno. Accende una lampada e si addentra nell’oscurità. L’aria è irrespirabile, carica di odori acidi e chimici. Bottiglie, flaconi e barattoli polverosi coprono scaffali disordinati. Curro inizia a frugare, apre armadi, esamina etichette scolorite, risveglia ricordi sopiti.
Si ferma davanti a una scatola di latta sigillata. Usa un piede di porco per forzare il coperchio, finché con un clic il chiavistello cede. La apre: decine di piccoli flaconi sigillati. Le etichette consunte mostrano il nome delle creme che Eugenia era solita usare. Ma qualcosa attira la sua attenzione. I tappi mostrano chiari segni di manipolazione. Qualcuno li aveva aperti e richiusi. Ne prende uno e lo porta al viso. Un odore forte, metallico, lo fa esitare. È qualcosa di tossico, qualcosa che ricorda le miscele usate dal dottor Teodoro nei suoi esperimenti medici. “Mio Dio,” mormora Curro. “Era questo che usavano con lei.”
In mezzo alla pila, individua una bottiglia più sospetta, il sigillo rotto, un’etichetta scritta a mano con la parola “Eugenia”. Quel dettaglio fa esplodere in lui una tempesta di rabbia, dolore e determinazione. Uso quotidiano. Al suo fianco, un altro flacone con l’etichetta sostituita. La prova definitiva. Leocadia e Lorenzo, tremando, sussurrerebbero: “L’hanno drogata. Ci hanno fatto perdere la ragione.” Il volto di Curro si contrae in una smorfia di furia e indignazione. Con movimenti rapidi, raccoglie le bottiglie e le ripone con cura in una borsa di cuoio scuro. Come un trofeo di verità.

È giunto il momento di agire. All’alba, ansimante e con il cuore in gola, Curro arriva alla stazione di polizia locale. Stringe la borsa con i flaconi come se tenesse la salvezza. Il sergente Burdina, seduto dietro la sua scrivania con una tazza di caffè fumante, lo guarda sorpreso. “Sergente, devo parlarle. È urgente.” Burdina lo fa accomodare. Curro deposita i flaconi sul tavolo insieme ai documenti che ha raccolto. “Questi prodotti provengono dal magazzino del palazzo,” dice. “Sono adulterati. Sono tossici. Sono stati usati per sabotare Eugenia. Lorenzo e Leocadia sono i responsabili. Volevano farla credere pazza e ci sono riusciti. È questo che ha causato la sua caduta dal dirupo.”
Il sergente prende i flaconi con cautela, li esamina uno ad uno. “Hai prove che siano stati loro?”, chiede. Curro annuisce. “Testimoni, registri di importazione con la firma di Lorenzo. E la stessa Leocadia portava queste creme nella sua stanza. Nessun altro aveva accesso.” Burdina esita un momento, poi alza lo sguardo. “Curro, capisci cosa rischi? Stai accusando un uomo potente?” “Lo capisco, signore,” risponde Curro con voce ferma. “Ma questa è la verità. Non riposerò finché la memoria di mia madre non sarà difesa.” Il sergente si alza di scatto: “Allora andremo oggi stesso al palazzo.”
Poche ore dopo, le carrozze della guardia si fermano davanti alla dimora. Il fragore degli zoccoli risuona, tutti si voltano. Lorenzo, infastidito, esce dalla sala dei preparativi per vedere cosa sta succedendo. Vede Burdina e Curro salire le scale. “Cosa significa questo, infame?” urla. Il sergente mostra l’ordine. “La dichiaro in arresto, Lorenzo de la Mata, per sabotaggio, tentato omicidio e complicità nella morte di Eugenia Luján.” Lorenzo scoppia in una risata incredula: “Questo è assurdo. Su cosa basate per arrestarmi?” Curro avanza con voce ferma: “Queste prove che ho raccolto, flaconi adulterati, odore chimico, etichette falsificate, dimostrano che tu e Leocadia avete distrutto la vita di chi mi ha cresciuto.” Lorenzo tenta di reagire, ma viene trattenuto dalle guardie. “Non hai il diritto di accusarmi, ruggisce.” “Ce l’ho,” replica Curro. “Pulirò il nome di colei che hai distrutto e il mondo saprà cosa hai fatto.”

In quel momento, Leocadia, attratta dal trambusto, appare in cima alle scale. Vedendo Lorenzo ammanettato, il suo volto impallidisce. “Cosa sta succedendo?” chiede. Burdina solleva un secondo ordine per lei: “Anche lei sarà interrogata.” “Questa è una farsa!” urla Leocadia. Ma la risposta non tarda. Il marchese Alonso, che osservava da lontano, interviene: “No, non lo è. Ho visto i documenti di importazione con la firma di Lorenzo. E Leocadia insisteva affinché Eugenia usasse quelle creme ogni giorno. Tutto li incrimina.” Lorenzo, furioso, sputa per terra: “Ti pentirai.” “Mani in alto,” ordina Burdina. “Portatelo via.”
Il cattivo viene trascinato per il corridoio con la forza, urlando e opponendo resistenza. I servi lo guardano inorriditi. Leocadia tenta di seguirlo, ma Alonso la ferma: “Resta. Il tempo delle bugie è finito.” Quella stessa notte, la notizia dell’arresto di Lorenzo de la Mata si diffonde per tutta Córdoba. Il marchese Alonso convoca Curro nel suo studio, dove lo attende. Al suo fianco, il sergente Burdina. “Curro,” dice Alonso con solennità, “ciò che hai fatto oggi è un atto di coraggio. Hai salvato l’onore di questa casa e hai reso giustizia alla memoria di Eugenia. La monarchia è stata informata. Da oggi, Curro Luján sarà nuovamente riconosciuto come nobile, figlio legittimo del sangue Luján.” Curro abbassa lo sguardo, umile. “Ho solo fatto ciò che dovevo, signore.” “No,” replica Alonso. “Hai fatto molto di più. Il re ha ristabilito i tuoi diritti. Ora va’, vivi come un uomo libero, non più schiavo del passato.”
Al tramonto, Curro si dirige nei giardini per cercare Ángela. Lei, appoggiata sull’erba, contempla l’orizzonte. Quando lo vede avvicinarsi, le lacrime le riempiono gli occhi. “Curro, sapevo che avresti rischiato tutto per la giustizia.” Lui si avvicina lentamente: “Non solo per la giustizia, per te. Perché anche quando credevo che tutto fosse perduto, tu eri la mia ragione per non arrendermi.” Ángela trattiene il pianto.

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AVANZAMENTI DE LA PROMESSA: UN FINALE INASPETTATO MINACCIA DI SCONVOLGERE IL MATRIMONIO DI ANGELA E LORENZO!
Nei prossimi episodi de La Promesa, Ángela, senza più vie di fuga, si vedrà costretta ad accettare il suo destino e a sposare Lorenzo, anche se il suo cuore grida il contrario. Dopo settimane di tensione palpabile, giungerà finalmente il giorno tanto temuto. Leocadia, fredda e calcolatrice, deciderà che la cerimonia dovrà essere semplice, riservata solo agli abitanti del palazzo. Una scelta che farà infuriare Lorenzo, desideroso invece di un matrimonio grandioso e celebrato in tutta la provincia.

Curro, devastato dal dolore, non potrà sopportare la visione della donna che ama tra le braccia di un altro. E proprio nel momento in cui il sacerdote starà per iniziare la cerimonia, un imprevisto cambierà tutto. Un personaggio dal passato irromperà, fermando le nozze e alterando per sempre il corso della storia.
LA PROMESSA: IL GIORNO DEL MATRIMONIO, TRA TENSIONE E RIVELAZIONI INASPETTATE!
Il giorno de La Promesa inizierà con un’atmosfera carica di pura tensione. Lorenzo entrerà nella sala principale con passo deciso e sguardo torvo, stringendo un fascio di carte tra le mani, mentre il suono dei suoi passi sul marmo risuonerà come un presagio di tempesta. Dall’altra parte, Leocadia, imperturbabile, sorseggerà il tè mentre sfoglia i suoi documenti.

Con voce ferma, Lorenzo lancerà il pacchetto sul tavolo esigendo spiegazioni. Lei, con una calma glaciale, risponderà che si tratta dei suoi inviti di nozze, appena stampati. Aprendoli, lui troverà solo 25 inviti e reagirà con furia, accusandola di voler trasformare il suo matrimonio in una farsa. Leocadia, con ironia, gli farà notare che nessuno dei notabili della regione accetterebbe di partecipare, ricordandogli i suoi debiti, i suoi inganni e la sua reputazione ormai distrutta. “Nessuno vuole vederti, Lorenzo,” dirà lei con voce tagliente. “Il tuo nome non ispira rispetto, solo paura.”
Ma lui, accecato dall’orgoglio, insisterà nel voler celebrare un matrimonio fastoso, ordinando di invitare tutti, persino i contadini e i mendicanti del villaggio. Vuole pubblico, applausi, scompiglio. Leocadia lo osserverà con disprezzo, accusandolo di cercare approvazione solo per nascondere il vuoto della sua vita e la certezza che Ángela non lo ama. La tensione raggiungerà il suo culmine. Lorenzo, fuori di sé, le griderà di tacere, ma lei, impassibile, gli ricorderà che quella non è casa sua, bensì quella del marchese, e che la sua autorità non è che un’illusione.
Per un istante, il silenzio riempirà la stanza, mentre la rabbia di Lorenzo arderà come fuoco. Giurerà che il suo matrimonio sarà la cerimonia del secolo, l’evento più commentato di Córdoba, disposto a tutto pur di dimostrare al mondo di essere ancora un uomo potente e rispettato. Leocadia, con il suo sguardo di ghiaccio, lo ammonirà che un uomo che compra i propri applausi non merita rispetto, ma scherno. “Fai quello che vuoi,” dirà infine, “ma quando la gente riderà di te, non dire che non ti ho avvertito.” Ma Lorenzo, cieco e furioso, risponderà che non gli importa del giudizio altrui. Vuole il palazzo illuminato, la musica che riempia i saloni, banchetti per tutti, perché il nome di Lorenzo de la Mata deve tornare a imporsi.

Allora, con un filo di disprezzo, Leocadia gli rivolgerà la sua ultima e gelida frase: “Sì, il tuo nome ha peso, ma del peso che affonda tutto ciò che tocca.” Ángela avrebbe dovuto fuggire prima che quella cerimonia avesse luogo e se qualcuno avesse potuto persuaderla, lo farebbe ora. Lorenzo la spingerà leggermente, trattenendosi per non andare oltre: “Non interferirai, non impedirai nulla. E se aprirai la bocca su ciò che ho pianificato, te ne pentirai.” Lei aggiusterà il suo scialle con freddezza e lo guarderà dritto negli occhi: “Ti stai già autodistruggendo, Lorenzo. Io sono solo una spettatrice.” Lui respirerà a fondo, pieno di ira e le punterà il dito contro: “Allora, ascolta bene. Quando si celebrerà la cerimonia, voglio vederti tra la folla ad applaudire. Quel giorno, Leocadia, dovrai ingoiarti ogni parola.”
Leocadia sonderà con ironia: “Oh, Lorenzo, ancora non capisci. Non saranno le persone a ridere, sarà il destino.” Senza aggiungere altro, uscirà dalla sala, lasciando Lorenzo solo e furioso, deciso a trasformare le nozze in un’ostentazione di potere.
Nel frattempo, Curro attraverserà un corridoio secondario e sentirà delle cameriere commentare una notizia che gli toglierà il fiato. Il matrimonio tra Ángela e Lorenzo è confermato. La cerimonia si terrà nei prossimi giorni e gli inviti sono già stati distribuiti. Rimarrà immobile per un istante incredulo, mentre le voci delle serve si allontanano e tutto intorno a lui sembra svanire. Il suo cuore lo tira con forza, come se fosse appena stata pronunciata una sentenza. Senza pensarci, salirà le scale con passo deciso, deciso a cercare Ángela.

Lei sarà nella sua stanza seduta davanti al comò, lo sguardo perso nello specchio, tentando di nascondere la disperazione dietro un’apparenza serena. Curro entrerà senza bussare, con la voce tremante di rabbia e dolore: “Ángela, dimmi che è uno scherzo. Dimmi che non lo sposerai.” Lei lo guarderà attraverso lo specchio, sorpresa, ma immobile. “Curro, per favore, non iniziare.” “Vuoi che taccia? Sposerai quel mascalzone? È una follia.” Lei si alzerà lentamente tentando di mantenere il controllo: “Non serve a niente, Curro. Gli inviti sono già usciti. Il marchese è informato. Mio padre avvisato. Tutto è deciso.”
“C’è ancora tempo,” insisterà lui disperato. “Possiamo fuggire adesso. Preparo i cavalli. Recupero un po’ di soldi con Lope.” Lei abbasserà la testa, gli occhi pieni di lacrime: “Non lo capisci? Se fuggo, Lorenzo verrà a cercarmi e quando non mi troverà, si vendicherà su di te. So di cosa è capace.” “Non mi importa cosa mi farà,” dirà Curro avvicinandosi. “Voglio solo portarti via di qui, lontano da lui.” Lei si allontanerà un po’ con la voce bassa e rassegnata: “Non mi sto arrendendo, Curro. Sto solo cercando di evitare una tragedia. Se fuggo, si vendicherà su tutti, sul marchese, sulle serve, su di te. Non voglio portarmi addosso quella colpa.”
Curro stringerà i pugni, lo sguardo acceso: “Allora farai un sacrificio per lui? Vivrai accanto a un uomo che ti umilia solo per proteggere gli altri?” “Non è per lui,” risponderà lei, trattenendo le lacrime. “È per te. Non voglio perderti.” Un silenzio denso cadrà tra loro. Curro respirerà a fatica cercando di contenersi, ma la rabbia e l’impotenza lo consumeranno interiormente. “Allora, è deciso,” dirà a bassa voce. “Permetterai che vinca.” Ángela si asciugherà le lacrime, ferma: “Non permetterò che vinca, ma a volte bisogna cedere prima per poter lottare dopo.” Lui la guarderà qualche secondo in silenzio: “Non accetterò questo.” “Non ho scelta,” risponderà triste. Curro farà un passo indietro, la guarderà un’ultima volta e uscirà dalla stanza senza dire altro. Quando la porta si chiuderà, Ángela si lascerà cadere su una sedia, sommersa dal silenzio con il cuore a pezzi.

Ore più tardi, nel cortile principale, Curro osserverà i preparativi per il matrimonio, carrozze cariche di fiori, tessuti e scatole, servi che corrono con ordini costanti. Da lontano risuonerà la musica delle prove, mentre Lorenzo, da un angolo, supervisionerà tutto con un’aria di finta grandezza. Curro sentirà lo stomaco bruciare vedendo come il giardino si trasforma in un teatro per quella farsa. “Uno spettacolo di bugie,” mormorerà tra i denti. Poco dopo, Cristóbal, il capomastro incaricato del gruppo di lavoro, si avvicinerà con un foglio in mano. “Curro,” dirà, attirando la sua attenzione, “il signor Lorenzo ti manda questo.” Curro aggrotterà la fronte, prenderà il foglio e chiederà: “Cos’è, Cristóbal?” Aprendolo, leggerà ad alta voce con un tono carico di rassegnazione: “Da ora in poi dovrai supervisionare il carico dei barili, la pulizia delle carrozze, la lucidatura dei candelabri e il trasporto dei fiori in salone. Tutto prima della fine del pomeriggio.”
Curro socchiuderà gli occhi: “Quindi ora vuole che lavori come un servo alla sua festa.” “Non è una questione di volere,” risponderà Cristóbal con fermezza. “È un ordine. Se non intendi obbedire, puoi fare le valigie e andartene.” Curro inspirerà profondamente cercando di contenere la rabbia. “E tu, Cristóbal, credi sia giusto trattarmi così?” chiederà. “Non giudico,” risponderà l’uomo con freddezza. “Eseguo solo gli ordini. Il mio compito è farti lavorare fino all’ultimo minuto.” L’atmosfera a La Promesa diventa sempre più tesa e i servi, spaventati, non sanno come reagire. Alcuni si scambiano sguardi di incertezza mentre María, osservando da lontano, stringe i pugni con indignazione, troppo timorosa per intervenire.
Curro, con lo sguardo fermo e l’orgoglio ferito, farà un passo avanti e pronuncerà parole che rivelano tutta la sua determinazione: “Farò ciò che ordina, ma non per paura. Voglio guardarlo negli occhi quando tutto crollerà.” Cristóbal, impassibile, scuoterà la testa: “Parli troppo, ragazzo. Al lavoro.” Sotto lo sguardo attento dei presenti, Curro inizierà a eseguire gli ordini, ma dentro, una rabbia silenziosa brucia.

La notte cala su La Promesa, densa di tensione. Curro, con il cuore in tormento, si ferma ai piedi della scala. “Dobbiamo parlare,” dice con tono deciso. Lorenzo alza lo sguardo infastidito: “Che succede ora? È finito il vino? Non ti piacciono i fiori?” Curro avanza di qualche passo: “Credi davvero di potermi umiliare così? Usarmi come un servo mentre ti prepari a sposare una donna che non ti ama?” Lorenzo abbozza un sorriso sprezzante: “Posso fare quello che voglio. Ángela sarà mia moglie e tu, Curro, rimarrai il bastardo che non avrebbe mai dovuto mettere piede in questo palazzo.”
“Codardo!” urla Curro. Lorenzo si avvicina lentamente con uno sguardo velenoso: “Attento alle tue parole, potrei cacciarti via adesso stesso. E nessuno muoverebbe un dito per fermarmi.” Curro stringe i pugni consumato dall’ira, ma Lorenzo ride con freddezza: “Sei patetico, un servo innamorato di una donna che non sarà mai tua. Ángela sarà mia davanti a Dio e a tutti, e tu sarai lì a lucidare candelabri e a trasportare fiori.”
Nei giorni seguenti, il palazzo si trasforma, i tavoli vengono coperti di sete pregiate, arrivano fiori profumati dalla capitale e le campane della chiesa locale suonano in segno di festa. Tutto sembra pronto per il grande evento. Ángela, tuttavia, è pallida, spenta, tormentata dall’insonnia. Lorenzo, al contrario, cammina orgoglioso, mostrando a tutti ogni dettaglio delle nozze come fosse un trofeo.

La vigilia della cerimonia cala come un manto di inquietudine. Curro passa la notte insonne, prigioniero dei suoi pensieri, incapace di accettare l’idea di vederla accanto a Lorenzo. Il vento fischia attraverso la finestra socchiusa. La fiamma della lampada vacilla proiettando ombre danzanti sulle pareti. Improvvisamente, un sussurro. La tenda si muove e una figura emerge dall’ombra. Una giovane vestita di bianco con i capelli sciolti e lo sguardo sereno ma deciso.
Curro rimane immobile, incredulo. Hann balbetta con il cuore in gola: “Non può essere, ti ho visto nella bara. Ero lì.” Lei sorride dolcemente avvicinandosi: “Non sei pazzo, Curro. Sono qui perché devi ascoltarmi. Stai per lasciare che l’amore della tua vita cada nelle mani dell’uomo più crudele di questo luogo. Permetterai davvero?” Curro si porta le mani alla testa, disperato: “Ci ho provato. Hann, le ho chiesto di fuggire, l’ho implorata. Ma ha paura. Paura di Lorenzo. Paura di ciò che potrebbe fare a me, a tutti.” Hann gli accarezza il viso con tenerezza: “E lascerai che la paura decida ciò che è giusto? Sei più forte di questo. Se avessi ascoltato il mio cuore, forse non avrei sofferto tanto. Ma tu puoi ancora farlo. Puoi cambiare tutto. Lottare per il vero amore.”
Curro cerca di trattenere le lacrime: “Ma se interferisco, rovinerò tutto. Ángela potrebbe odiarmi.” “Non ti odierà,” risponde Hann sfiorandogli la guancia. “Nel profondo ti ama, solo che il terrore la imprigiona e tu sei l’unico che può liberarla.” Curro chiude gli occhi confuso: “Perché sei tornata da me?” Lei sorride malinconicamente: “Perché la verità torna sempre. Curro. L’amore non si seppellisce e non voglio che tu viva con il peso del rimorso.”

A poco a poco, la figura di Hana si dissolve nella luce tremolante, lasciando solo il suono del vento e le mani di Curro tremanti. Cade in ginocchio ansimante e comprende che è stato tutto un sogno. La stanza è vuota, ma il suo cuore batte con una forza sconosciuta. “Aveva ragione,” mormora. “Non posso permettere che accada.”
L’alba porta con sé l’attesissimo giorno del matrimonio. Il palazzo è in festa. Gli invitati si riuniscono nel giardino adornato di fiori. La musica fluttua nell’aria e Lorenzo, radioso nel suo abito, attende trionfante di fronte all’altare. Ángela, accompagnata da Leocadia, avanza con passo esitante, gli occhi umidi e il volto pallido. Il sacerdote prende il suo posto. La cerimonia inizia.
Sul fondo della sala, Curro osserva in silenzio, con il sogno ancora vivo nella mente. Le parole di Hann risuonano nel suo petto come un tamburo. “Lotta per il vero amore.” Quando il sacerdote apre la bocca, Curro non può più trattenersi. Fa un passo avanti, poi un altro. “Padre, fermi la cerimonia!” grida. Un silenzio assoluto cade su tutti. Lorenzo si gira furioso: “Cosa significa questo, idiota?” Curro, ansimante ma fermo, lo guarda dritto negli occhi: “Non posso permettere che questo accada. Ángela, ti amo e non ti lascerò obbligare a vivere una bugia.”

Tutti rimangono immobili. Ángela porta una mano alla bocca, gli occhi pieni di lacrime. Il sacerdote fa un passo indietro mentre un mormorio si diffonde tra gli invitati. “Sei pazzo?” ruggisce Lorenzo lanciandosi verso di lui. “Chiamami come vuoi,” risponde Curro con voce ferma. “Ma questo matrimonio non si celebrerà. Preferisco morire piuttosto che vederti distruggerla.” Leocadia tenta di intervenire, ma il caos regna sovrano. Ángela, piangendo, fa un passo avanti: “Curro, cosa stai facendo?” “Ciò che dovevo fare fin dall’inizio,” replica lui senza distogliere lo sguardo. “Lottare per noi.”
Un silenzio assoluto si impadronisce del giardino. Lorenzo, tremando di odio, tenta di reagire, ma per la prima volta non trova parole. Tutti trattengono il respiro. Il destino ha scelto il suo momento. Se non volete perdere nulla di ciò che sta per accadere, scrivete “sì” nei commenti e molto presto arriverà un nuovo video. Alla prossima. M.
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