Cloe Ordina a Tasio il Licenziamento di Metà Organico per Volere di Brossard – Un Fulmine a Cielo Sereno Sulla Fabbrica in “Sueños de Libertad”

Madrid – Le mura della fabbrica, solitamente un simbolo di progresso e lavoro, si sono trasformate in un teatro di agonia e disperazione. La recente incursione di Cloe, impeccabile e glaciale, nell’ufficio di Tasio, il caposquadra finora conosciuto per il suo animo bonario e la sua integrità, ha scatenato una tempesta che minaccia di spazzare via anni di dedizione e sacrificio. Il verdetto è stato pronunciato con una freddezza disarmante: metà della forza lavoro dovrà essere licenziata, un diktat proveniente dalle alte sfere di Brossard, il cui nome riecheggia come un’ombra incombente.

La scena che si apre davanti ai nostri occhi è di una tensione palpabile. Tasio, visibilmente scosso da un dialogo precedente con Edmundo, il capo cantiere, è appena rientrato nella sua stanza. La chiamata interrotta con Edmundo lasciava presagire complicazioni lavorative, ma nulla poteva prepararlo alla confessione che Cloe stava per rivelargli. Le sue parole, cariche di un peso insopportabile, gelano l’aria: “Ieri ho parlato con il mio capo e… mi ha incaricato di un compito per lei. So che le risulterà spiacevole, ma deve licenziare metà della forza lavoro finché non riprenderà l’attività della fabbrica.”

La reazione di Tasio è immediata e potente. Le sue parole risuonano di incredulità e un profondo senso di ingiustizia. “Cosa sta dicendo, signorina Beltrán?” L’appello, carico di sgomento, si scontra contro la corazza di pragmatismo di Cloe. Tasio, con la sua umanità intatta, non riesce a concepire un simile massacro occupazionale. “Ma, ma come posso licenziare tutta questa gente che ha famiglia, signorina?” Le sue mani, abituate a forgiare il metallo, ora tremano di fronte alla prospettiva di spezzare vite.


Cloe, tuttavia, non si scompone. La sua presenza è un turbine di determinazione, un volto imperscrutabile che cela forse una lotta interiore, ma che in superficie ostenta una ferrea disciplina. “Ho passato tutta la mattina ad analizzare i fascicoli,” spiega, con un tono che suona quasi come una giustificazione, “e il mio criterio è stato puramente professionale. I migliori restano, i più prescindibili se ne vanno.” Questo approccio, seppur logicamente ineccepibile in un’ottica di pura efficienza aziendale, ignora completamente l’anima pulsante della fabbrica: i suoi uomini e le loro storie.

Il conflitto tra i due si inasprisce, mettendo in luce le profonde divergenze ideologiche. Tasio, nel suo ruolo di direttore, chiede con urgenza se Cloe non avesse pensato di chiedere il suo aiuto, un estremo tentativo di mediazione. Ma la risposta di Cloe è tagliente: “La sto chiedendo adesso.” Il peso della responsabilità ricade interamente su Tasio, obbligato a essere il messaggero di notizie nefaste. La sua domanda, disperata: “E perché non lo fa il nuovo direttore?” è un grido di protesta contro questa ingiustizia.

La spiegazione di Cloe è implacabile. “Perché quando arriverà, l’azienda dovrà essere già risanata e al momento lei è ancora il direttore.” La parola “risanata” risuona come un insulto per Tasio, che non può fare a meno di obiettare, la sua voce incrinata dall’indignazione: “Signorina, sta parlando dei dipendenti come se fossero parassiti.” Il richiamo a “signor de la Reina” e la supplica di Cloe di non renderle le cose più difficili (“Per favore, signor de la Reina, non me la renda più difficile. Non ha altra scelta”) evidenziano la pressione a cui è sottoposta, ma non attenuano la gravità della sua missione.


La cruda realtà economica viene messa a nudo: “Questi tagli sono necessari per la sopravvivenza della fabbrica, per la sua sostenibilità economica.” Cloe, pur nella sua fermezza, sembra quasi costretta a eseguire un ordine inappellabile. Tasio, però, non può e non vuole accettare questa logica spietata. Il suo tormento interiore è palpabile: “Sa qual è il problema? Che sono amico della grande maggioranza e molti hanno figli, sono padri di famiglia.” L’umanità di Tasio traspare in ogni parola, mentre evoca le immagini di uomini anziani, la cui età renderà quasi impossibile trovare un nuovo impiego.

“Sì, mi dispiace molto,” ammette Cloe, con un filo di voce che tradisce una possibile empatia, ma la sua professionalità riprende il sopravvento. “Ma gli ordini vengono dall’alto.” Un’ombra di scetticismo aleggia nell’aria. Cloe, nel suo tentativo di mitigare il colpo, rivela di aver già preparato la lista, escludendo coloro che ritiene meno indispensabili, nel tentativo di alleggerire il compito di Tasio. Eppure, la consapevolezza che questo sarà il suo ultimo atto prima di essere lei stessa “prescindibile” aggiunge un ulteriore livello di drammaticità alla scena. “Non si preoccupi, lei sarà ricollocato. Davvero, non dimentichiamo che è uno degli azionisti.” Questa promessa, seppur fatta con la massima deferenza, non riesce a placare il senso di tradimento e la paura che attanaglia Tasio, il quale sussurra amaramente: “Non so in quale malora ho appoggiato la vendita, signorina.”

Cloe cerca di infondere un barlume di speranza: “Quando riprenderà l’attività nella fabbrica, tutto questo sarà rimasto un mero aneddoto.” La promessa di una futura reintegrazione per coloro che verranno licenziati è un palliativo fragile di fronte alla cruda realtà del presente. Tasio, con un sospiro che porta il peso del mondo, accetta il suo destino: “Bene, allora andiamo.” Cloe, congedandosi frettolosamente, chiede a Tasio di tenerla informata, un ultimo gesto di responsabilità, prima di svanire, lasciando dietro di sé un clima di incertezza e un futuro in bilico.


La fabbrica, teatro di questo dramma, ora tace, ma il rumore assordante dei licenziamenti imminenti riecheggia nelle sue sale. La decisione di Cloe, dettata da Brossard, segna una svolta epocale in “Sueños de Libertad”, mettendo a nudo la spietatezza del mondo degli affari e il fragore delle vite umane spezzate dalle grandi manovre economiche. La domanda che ora incombe è: quali saranno le ripercussioni di questa carneficina occupazionale e come reagiranno i lavoratori e la comunità di fronte a questa nuova, dolorosa realtà? L’eco di queste domande continuerà a risuonare, mentre il destino di molti pende ancora da un filo sottile.