🔴 ‘Valle Salvaje’ capitolo 287: Alejo supplica per Luisa di fronte al suo destino

Il capitolo 287 di “Valle Salvaje” ci trascina in un vortice di emozioni dove l’amore disperato incontra la fredda mano della giustizia e le ombre insidiose del passato. La tragedia incombe sulla vallata, tessendo una trama di tradimenti, alleanze spezzate e suppliche che potrebbero ridefinire il futuro dei nostri amati personaggi. Luisa, ingiustamente accusata del furto di un’antica e preziosa statua, si ritrova prigioniera della Santa Hermandad, mentre il suo amato Alejo, con il cuore a pezzi, si appella al padre in un gesto di umiliazione e disperazione per salvarla. Nel frattempo, l’ombra di Damaso, figura enigmatica e portatrice di oscure intenzioni, si allunga sulla casa grande, mettendo a dura prova la fragile posizione di Victoria e promettendo colpi di scena sconvolgenti. Questo episodio promette un crescendo di tensione, rivelazioni inaspettate e una dimostrazione di amore capace di sfidare le forze del destino.

Luisa: L’ombra della cella e il peso dell’ingiustizia

La scena si apre in un ambiente opprimente: l’aria della cella, satura di umidità e freddo pungente, riflette perfettamente lo stato d’animo di Luisa. Accoccolata su un giaciglio di paglia che offre scarso conforto contro il gelo del pavimento, la giovane si stringe le ginocchia, il volto scavato dalla disperazione. La luce pallida che filtra dalla piccola finestra in cui è confinata è grigia, un presagio del buio che sembra aver avvolto non solo il paesaggio autunnale, ma anche la sua anima. Ogni ombra, ogni rumore, ogni sussurro sembra riecheggiare le parole spietate del capitano della Santa Hermandad: “Rimane arrestata per il furto della sacra statua. Le prove vi indicano, ragazza. Non tentate di negare l’evidente.” Prove? Luisa si dibatte nel tormento, incapace di concepire quali prove possano esistere per un crimine che non ha commesso. Si sente intrappolata in una rete invisibile, tessuta con malizia e destinata a soffocarla. Il suo unico pensiero, il suo unico conforto in quell’incubo, è Alejo. Immagina il suo volto, il panico nei suoi occhi, il suo tormento nel sapere che lei è rinchiusa. La sua assenza è un dolore quasi più acuto delle sbarre che la separano dal mondo. Sussurrando il suo nome nel vuoto, le lacrime che aveva trattenuto con ferrea volontà iniziano a scorrere, tracciando solchi limpide sulla polvere del suo viso, un muto grido d’aiuto al suo amore.


Alejo: La corsa disperata contro il tempo e il muro dell’indifferenza

Mentre Luisa languisce nella sua prigione, Alejo sente il mondo crollare. Corre per le strade acciottolate della villa, il fiato corto, il panico che gli stringe la gola. Ogni volto incrociato sembra un giudice, ogni sussurro un’accusa contro la donna che ama. Il suo primo istinto, la sua unica speranza, è José Luis, il Duca, un uomo di potere e influenza, capace di smantellare quella farsa con una sola parola. Raggiunge il palazzo ducale senza fiato, ignorando i guardiani che riconoscono il suo arrivo. Attraversa il cortile, sale le scale di marmo e irrompe nel grande salone, dove il Duca è immerso nella lettura di documenti. “José Luis!”, esclama Alejo, la voce spezzata dall’angoscia. Il Duca solleva lo sguardo, i suoi occhi blu, freddi e calcolatori, si posano su di lui. Non c’è sorpresa, solo una calcolata distanza. “Alejo. A cosa si deve questa interruzione così veemente? Modera le tue forme. Te lo ruego. Sei nella mia casa.” Ignorando la reprimenda, Alejo urla: “Hanno arrestato Luisa. La Santa Hermandad se la è portata via. L’accusano di rubare la statua. È una follia, una menzogna infame. Devi aiutarmi. Per favore, José Luis, tu hai potere. La tua parola è legge per quella gente. Ditegli che è un errore, che la liberino.”

La calma esasperante di José Luis è un muro di ghiaccio contro la disperazione ardente di Alejo. “Comprendo la tua agitazione, è naturale, ma non devi lasciarti portare dagli impulsi. La Santa Hermandad non agisce senza motivo. Se l’hanno arrestata è perché devono avere indizi.” “Indizi. Non ci sono indizi che valgano. Luisa è innocente. La conosco meglio di me stesso. Sarebbe incapace di un simile atto. Qualcuno le ha teso una trappola. Qualcuno vuole farle del male.”


José Luis, con un sospiro stanco, replica come se stesse spiegando una lezione elementare: “Il mondo è pieno di gente che vuole fare del male ad altri. Ma la mia posizione è delicata. Intercedere per qualcuno accusato di un sacrilegio. Comprendi il danno che ciò potrebbe arrecare alla mia reputazione? La gente del popolo è molto devota. Sostenere una ladra di reliquie sacre non è il modo migliore per guadagnare il loro favore.” “Ma non è una ladra!”, insiste Alejo, battendo un pugno sul tavolo, facendo vibrare la penna nel calamaio. “È la donna che amo. Pensavo, pensavo che dopo tutto quello che abbiamo vissuto potessi contare su di te.”

Il Duca si alza e cammina verso la finestra, dando le spalle. La luce del pomeriggio disegna la sua imponente silhouette. “Il mio appoggio non è un assegno in bianco, Alejo. La mia ascesa, la mia posizione mi sono costate molto. Non posso rischiare tutto per un impeto passionale. Mi dispiace. Ti suggerisco di cercare un buon avvocato, se puoi permettertelo. È tutto ciò che posso fare.” La freddezza delle sue parole è uno schiaffo in pieno volto. Alejo rimane immobile, sentendo l’ultima briciola di speranza andare in frantumi. Guarda l’uomo che un tempo considerava un amico e vede solo un politico, uno stratega che misurava ogni mossa sulla scacchiera del potere. La delusione è un veleno amaro che gli brucia la gola.

L’ombra di Damaso e il terrore di Victoria


È in questo preciso istante di desolazione che un servitore annuncia una nuova visita. Un uomo alto, di portamento distinto e sguardo penetrante, entra nel salone con una sicurezza che stride con la tensione dell’ambiente. I suoi capelli scuri hanno le tempie argentiate e un sorriso enigmatico gioca sulle sue labbra. “José Luis, caro amico, spero di non interrompere nulla di importanza.” José Luis si gira e, per la prima volta da tempo, Alejo scorge una crepa nella sua maschera d’impassibilità. Un barlume di sorpresa, di disagio, quasi di timore. “Damaso, che ci fai qui? Non mi aspettavo la tua visita.” Il nuovo arrivato, Damaso, allarga le braccia con un gesto teatrale. “Forse un vecchio amico ha bisogno di un invito formale? Passavo per la regione e non potevo non venire a salutare il fiammeggiante Duca. Ho sentito parlare molto dei tuoi successi. Ti sei ritagliato una buona strada.”

La presenza di Damaso cambia completamente l’atmosfera del salone. L’aria si carica di una sottile elettricità, di un passato irrisolto. Alejo, sentendosi uno straniero in una conversazione che non comprende, si ritira in silenzio, il peso del rifiuto di José Luis che gli schiaccia l’anima. Ma mentre esce, sente la voce di Damaso, carica di un veleno pungente: “Sebbene devo dire, José Luis, che mi sorprende la tua scelta finale. Dopo tutto, sposare qualcuno di così umile estrazione come quella tal Pilar. Credevo che le tue ambizioni puntassero più in alto. Una macchia su un lignaggio che tenti di lucidare con tanta cura, non credi?” L’affondo è diretto, una freccia che colpisce nel segno l’orgoglio di José Luis. Alejo non ha bisogno di vedere il volto del Duca per sapere che quelle parole hanno fatto centro. La paura che aveva visto nei suoi occhi non era per un semplice re-incontro, era la paura che quell’uomo, Damaso, avesse il potere di abbattere il castello di carte che con tanto sforzo aveva costruito.

Nel frattempo, Victoria sente un brivido percorrerle la schiena quando il maggiordomo le annuncia il nome del visitatore. Damaso. Il nome risuona nella sua mente come l’eco di un tempo che credeva sepolto. Un’epoca di segreti, passioni e pericoli che aveva lottato per dimenticare. Si guarda allo specchio, tentando di comporre un’espressione di serenità, ma i suoi occhi tradiscono la tempesta che si è scatenata dentro di lei. “Perché ora? Perché lui?” Scende la scalinata con l’eleganza che la caratterizza, ogni passo misurato, la gonna del suo vestito di seta che fruscia sul marmo. Lo trova nel salone principale, di spalle, intento a contemplare un ritratto degli antenati del Duca. “José Luis non c’è più,” dice lei, la voce più ferma di quanto si senta. Lui si gira lentamente e il sorriso che le dedica non è cambiato minimamente. È lo stesso sorriso predatorio, lo stesso che l’aveva stregata e terrorizzata allo stesso tempo anni prima. “Victoria, sei ancora bella come il giorno in cui ti ho vista l’ultima volta. Il tempo ti è stato generoso. O forse è il titolo di Duchessa che ti sta così bene.”


“Cosa vuoi?” chiede, andando dritta al punto. Non ha tempo né voglia dei suoi giochi. “Via, diretta come sempre. È una delle cose che sempre ho ammirato di te.” Si avvicina a lei, accorciando la distanza. Victoria indietreggia istintivamente. “Non spaventarti, cara. Non sono venuto per creare problemi. Al contrario, la tua mera presenza è già un problema. Questa è casa mia. Sono una donna sposata.” Damaso emette una risata sommessa, sprezzante. “Sposata. Chiami quello un matrimonio? Un accordo di convenienza con un arrampicatore sociale che desidera solo il potere che il tuo titolo gli conferisce. Non farmi ridere, Victoria. Tu ed io sappiamo cos’è la vera passione, cosa provavamo l’uno per l’altra. Quello non si può fingere.” “Quello è finito molto tempo fa. È stato un errore. Un errore.” La sua voce diventa un sussurro pericoloso e si avvicina tanto che lei può sentire il calore che emana da lui. “Non un errore le notti che abbiamo passato insieme, le promesse che ci siamo fatti. Io non l’ho dimenticato, Victoria. Neanche un istante.”

Lei deglutisce a fatica. Il cuore le martella contro le costole. “Vattene, per favore, non hai niente da fare qui.” Lui solleva una mano e le accarezza la guancia con il dorso delle dita. Il contatto è elettrico e lei si scosta come se le bruciasse. “Non hai ancora capito perché sono tornato, vero?” I suoi occhi scuri la scrutano, spogliando la sua anima. “Non sono venuto a ricordare il passato, sono venuto a recuperarlo. Sono venuto a recuperare te.” La confessione la lascia senza fiato. È il suo peggior incubo diventato realtà. Damaso non è solo un fantasma del passato. È una minaccia presente, una tempesta in procinto di scoppiare sulla sua precaria stabilità. La sua posizione, il suo matrimonio, tutto ciò che aveva costruito, pende da un filo. Deve fare qualcosa e in fretta. Con o senza l’aiuto di José Luis.

Più tardi, quando suo marito rientra nei suoi appartamenti, Victoria lo affronta, la disperazione che tinge la sua voce. “Damaso è qui. È tornato. Capisci cosa significa?” José Luis si toglie la giacca con parsimonia, evitando il suo sguardo. “Lo so, l’ho incontrato prima. Un incontro inopportuno.” “Inopportuno, José Luis, quell’uomo è pericoloso. Ha detto che è venuto per me. Intende, intende riprendere quello che avevamo.” Lui si ferma e la guarda, ma nei suoi occhi non c’è compassione, solo un freddo calcolo. “Victoria, non esagerare. È un bulletto, un fanfarone che cerca di intimidirti. Probabilmente vuole solo denaro o qualche favore. Ignoralo e se ne andrà.” “Non capisci. Non lo conosci come me. Non si fermerà davanti a nulla. Potrebbe distruggerci. Potrebbe rivelare…”


“Un vecchio amore giovanile, per favore, ho questioni più importanti di cui occuparmi che dei tuoi vecchi amanti,” la interrompe lui, la voce tagliente. “L’arresto di quella ragazza, Luisa, ha causato un gran subbuglio nella villa. Devo gestire le conseguenze, assicurarmi che il mio nome non venga macchiato dalla mia associazione con Alejo. Quindi ti importa più della tua reputazione che della mia sicurezza?” chiede lei, incredula. “La mia reputazione è la tua sicurezza, Victoria, è ciò che ci tiene a galla in questo nido di vipere. Ora, se mi scusi, sono stanco. Occupati tu di Damaso. È un tuo problema, non mio.” E con queste parole la lascia sola al centro della stanza, un blocco di ghiaccio nel cuore. Era sola, completamente sola di fronte al pericolo. Damaso aveva minacciato la sua posizione, ma l’indifferenza di José Luis l’aveva lasciata senza difese. La Duchessa si sentì più vulnerabile che mai. Una regina su una scacchiera sul punto di ricevere lo scacco matto.

La festa di Don Hernando: un impegno forzato e un futuro incerto

Lontano dalle intrighi di palazzo, nella corte, Don Hernando trasuda orgoglio e soddisfazione. Ha organizzato una grande festa, un evento sociale di prim’ordine. I saloni brulicano di nobili, dame con sontuosi abiti e cavalieri nei loro migliori ornamenti. La musica dell’orchestra fluttua nell’aria, mescolandosi al mormorio delle conversazioni e al tintinnio dei calici di cristallo. Ma per Leonardo e Bárbara, quella festa è una tortura. Sono in piedi, uno accanto all’altra, sorridendo agli invitati. Una coppia perfetta agli occhi del mondo. Ma dentro, si sentono come due estranei legati da una catena invisibile.


Don Hernando, ad un certo punto, chiede silenzio con un colpo del suo calice. “Miei cari amici,” annuncia con voce potente. “Vi ho riunito stasera per condividere con tutti voi una notizia che mi riempie di immensa gioia. È per me un onore e un piacere presentarvi pubblicamente il mio futuro genero Leonardo e la mia amata figlia Bárbara come coppia ufficiale. Il loro impegno è motivo di celebrazione per le nostre famiglie.” Un applauso assordante riempie il salone. Leonardo prende la mano di Bárbara, fredda come il ghiaccio, e la alza perché tutti la vedano. Il sorriso che dedica alla folla è forzato, una maschera che nasconde il suo disagio. Bárbara, dal canto suo, sente le pareti chiudersi attorno a sé. Ogni applauso è come un martello che conficca i chiodi della sua bara. È intrappolata e lo sguardo di suo padre, brillante di trionfo, non le lascia scampo.

In un angolo del salone, Adriana osserva sua sorella con il cuore che si stringe. Conosce Bárbara meglio di chiunque altro e può vedere il panico velato nei suoi occhi, la tensione nella linea della sua mascella. Dall’ultimo e terribile incidente, Adriana vive in uno stato di allerta costante, temendo che la fragile stabilità di Bárbara si infranga da un momento all’altro. Si avvicina a suo marito, Rafael, che conversa animatamente con un altro nobile. “Rafael, guardala,” sussurra. “No, sta bene, questa farsa la sta consumando. Ho paura.” Rafael la guarda con condiscendenza, minimizzando le sue paure come sempre. “Cara, stai vedendo fantasmi dove non ci sono. È naturale che sia nervosa. È il centro dell’attenzione. Tutte le giovani donne si mettono così prima del loro fidanzamento.” “Si passerà? No, non è quello. È qualcosa di più profondo. Temo che ritenti. Sai, attentare alla sua vita.” “Adriana, per l’amor di Dio, non dire queste cose qui. Bárbara sta superando. Non essere così funesta.”

Ma Pedrito, il giovane e fedele servo che è sempre nei paraggi, ha ascoltato la conversazione. Si avvicina ad Adriana con discrezione quando Rafael si allontana. “La signora ha ragione,” dice a bassa voce. “Anch’io l’ho notato. La signorina Bárbara ha lo stesso sguardo perso dell’ultima volta. Credo che sia in pericolo. Non dobbiamo abbassare la guardia.” Le parole di Pedrito, invece di calmarla, confermano i peggiori timori di Adriana. Sua sorella sorride, ma la sua anima grida in silenzio e sembra che solo lei e il giovane servo siano in grado di sentirla.


Damaso: Ombre nel passato e minacce al presente

La rete di intrighi tessuta da Damaso non si limita al palazzo ducale. Ha altri obiettivi, altri pezzi da muovere nel suo misterioso gioco. Quello stesso pomeriggio, mentre il sole comincia a calare, si incrocia sulla strada di Matilde. La giovane serva sta tornando dal mercato quando la voce grave di Damaso la ferma. “Scusate, signorina. Siete Matilde, vero? La serva della Duchessa.” Matilde sobbalza. Non conosce quell’uomo, ma il suo sguardo intenso la mette subito nervosa. “Sì, signore. In cosa posso esservi utile?” “Solo una domanda. Ho sentito parlare di un uomo in questa casa. Uno tale Gaspar. Mi hanno detto che è un uomo di fiducia. Sapete qualcosa di lui?” La menzione di Gaspar rende Matilde ancora più tesa. È un argomento delicato, quasi proibito. “Gaspar, sì, lavora nelle scuderie. È un bravo uomo.” “Un bravo uomo,” ripete Damaso, assaporando le parole. “Questo è tutto ciò che sapete. Non avete notato nulla di particolare in lui? Qualche segreto che custodisce gelosamente?” La sua insistenza è strana, quasi ossessiva. Matilde sente un brivido di apprensione. “Non so a cosa vi riferite, signore. Gaspar è solo un mozzo di stalla. Se mi scusate, devo tornare ai miei impegni.” Si affretta ad andarsene, sentendo lo sguardo di Damaso conficcato nella sua schiena. Quella conversazione l’ha turbata profondamente. Non capisce l’interesse di quello strano uomo per un semplice servo come Gaspar. Sebbene non sembri sapere chi sia realmente, l’inquietudine la corrode. Non appena possibile, cerca Atanasio, l’uomo di cui più si fida. Lo trova a revisionare alcuni conti nello studio. “Atanasio!” esclama, chiudendo la porta alle sue spalle. “Ho appena avuto un incontro dei più strani.” Gli racconta con tutto il dettaglio la conversazione con Damaso, il modo in cui aveva chiesto di Gaspar, la sua insistenza, il suo sguardo inquietante.

Atanasio ascolta attentamente, il suo volto che diventa sempre più serio. “Damaso, hai detto? Ti ha detto il suo nome?” “No, ma l’ho sentito nominare nel palazzo. È un visitatore del Duca. Perché lo conosci?” “Ho sentito parlare di lui,” risponde Atanasio, evasivo. “E il suo interesse per Gaspar non fa presagire nulla di buono. Matilde, promettimi che ti terrai lontana da quell’uomo. È pericoloso.” Il tono grave di Atanasio allarma ancora di più Matilde. Quell’uomo, Damaso, era molto più di un semplice visitatore. Era un’ombra che incombeva su Valle Salvaje e le sue intenzioni erano oscure quanto i suoi occhi.


Nel frattempo, in un altro luogo della villa, il nome di Atanasio viene pronunciato in un contesto molto diverso. Alejo, nella sua febbrile ricerca di qualsiasi cosa potesse aiutare Luisa, ha sentito una voce. Una voce che, per quanto insignificante potesse sembrare, era un filo d’erba a cui un uomo che annega poteva aggrapparsi. Si diceva che la testimonianza di Atanasio su un ladro conosciuto, un certo Tomás, che era stato visto aggirarsi vicino alla chiesa la notte del furto, stesse iniziando a seminare il dubbio tra alcuni membri della Santa Hermandad. Non era molto, forse non era nulla, ma per la prima volta dalla detenzione di Luisa, una minuscola fiamma di speranza si accese nel cuore di Alejo. Forse, solo forse, la verità aveva ancora una possibilità di aprirsi un varco tra la matassa di bugie.

Nella casa delle guardie, Isabel osserva Eva e Amadeo con uno sguardo sempre più sospettoso. Il loro comportamento, i loro sguardi furtivi, il modo in cui si proteggono a vicenda. Tutto alimenta la teoria che si era sviluppata nella sua mente. Erano fratelli. L’ultimo errore che avevano commesso, uno scivolone in una conversazione che lei aveva sentito a metà, aveva fatto scattare tutti gli allarmi. Decise di fare pressione su suo marito. “Francisco. Francisco,” gli dice una notte mentre lui pulisce la sua uniforme. “Devi dirmi la verità. Eva e Amadeo sono fratelli, vero? Ecco perché li proteggi così tanto.” Francisco sospira, eludendo il suo sguardo. “Isabel, non ricominciare con le tue fantasie. Sono due ragazzi che hanno avuto una vita difficile.” “Non sono fantasie. Vedo come si guardano, come si curano. È lo stesso legame che unisce i miei figli. Perché tanto segreto? Cosa temi?” “Temo che la tua lingua tagliente li metta nei guai. Se la gente lo scopre, inizieranno le domande. Chi sono? Da dove vengono? È meglio che nessuno sappia nulla.” Ma il suo rifiuto servì solo a rafforzare la convinzione di Isabel. C’era un segreto, uno grande, ed era decisa a scoprirlo, non importa quali fossero le conseguenze.

Mentre gli intrighi si sviluppavano nel palazzo e nella corte, nella piccola casa, la dimora di Luisa, regnava un silenzio denso e pesante. Peppa, sua sorella, si muoveva per le stanze come un fantasma. L’assenza di Martín, che se n’era andato, e ora la detenzione di Luisa, avevano lasciato un vuoto insopportabile. Ogni oggetto le ricordava sua sorella. Lo scialle che aveva lasciato su una sedia, il ditale accanto al cesto da cucito, l’odore di pane che impregnava solitamente la cucina. Si sentiva fuori posto nella sua stessa casa. La gioia si era spenta, sostituita da una paura sorda e costante. Guardava fuori dalla finestra aspettando di vedere Alejo tornare con buone notizie, ma ogni volta che i suoi passi si avvicinavano, il suo volto portava una nuova sfumatura di disperazione.


Alejo aveva esaurito tutte le sue opzioni. Aveva parlato con José Luis, aveva cercato testimoni, aveva cercato di ragionare con le guardie della Santa Hermandad. Tutto invano, il muro della burocrazia e dell’indifferenza era invalicabile. Luisa continuava ad essere rinchiusa e il tempo correva contro di lei. Le restava solo un ultimo ricorso, un’opzione che aveva evitato a tutti i costi, una porta che le incuteva terrore e umiliazione dover bussare. Respiro profondamente, armandosi del poco coraggio che le rimaneva. Si incammina verso la casa principale, la casa di suo padre, l’uomo con cui non aveva scambiato altro che freddi saluti da anni, l’uomo a cui il suo rispetto e il suo affetto le erano sempre stati negati.

Lo trova nel suo studio, una stanza cupa e austera, come il proprietario stesso. Era seduto dietro un’enorme scrivania di quercia, la luce di un candelabro proiettava lunghe ombre sul muro. “Padre,” dice Alejo, la voce appena un sussurro. Suo padre alza lo sguardo dai suoi documenti, i suoi occhi, così simili ai suoi, ma privi di ogni calore, lo esaminano con disprezzo. “Cosa vuoi? Sono occupato.” Alejo fa un passo avanti, la disperazione che lo vince, le ginocchia che tremano, e poi fa l’impensabile. Si inginocchia, cade a terra davanti all’uomo che gli ha dato la vita, la fronte quasi a toccare il legno del pavimento. “Padre, ti supplico.” La sua voce si spezza, soffocata da un singhiozzo che non può reprimere. “Ti supplico per il ricordo di mia madre. Aiutami.” L’uomo lo guarda dalla sua sedia, il suo volto una maschera di pietra. Il silenzio nella stanza è assoluto, rotto unicamente dal respiro affannoso di Alejo. “Hanno arrestato Luisa, la donna che amo. L’accusano di qualcosa che non ha fatto. La condanneranno, padre. Lo so. Tu, tu hai influenza. Conosci persone importanti. Una tua parola, una sola tua parola potrebbe cambiare tutto. Potrebbe salvarla.”

“Non ti ho mai chiesto nulla. Ho vissuto la mia vita senza essere un peso per te. Ma ora ti imploro. Dimentica il tuo orgoglio. Dimentica il tuo disprezzo per me. Fallo per la memoria di lei. Aiutami a salvare un’innocente. Ritira le accuse, per favore. Papà.” L’ultima parola esce dalle sue labbra come un lamento, una parola che non pronunciava da quando era bambino. Alza lo sguardo, gli occhi inondati di lacrime, cercando un barlume di pietà, di compassione, di umanità sul volto di suo padre. L’uomo rimane immobile, osservando suo figlio prostrato ai suoi piedi, supplice. Il destino di Luisa, la felicità di Alejo, tutto pende dalla risposta che si forma lentamente dietro quella facciata di impassibile freddezza. Il candelabro vacilla e nella penombra dello studio il tempo sembra fermarsi, aspettando un verdetto che potrebbe significare la salvezza o la condanna definitiva.