🔴 ‘Valle Salvaje’ Capitolo 266: Leonardo Sfidarà la Famiglia per Bárbara: Un Amore Contro un Impero

Un turbine di passioni proibite, tradimenti celati e un coraggio appena sbocciato. Il capitolo 266 di “Valle Salvaje” promette scintille e pone le basi per una guerra che potrebbe scuotere le fondamenta stesse della ricca e potente famiglia Montenegro. In un intreccio degno dei più audaci melodrammi, Leonardo, il predestinato erede, si trova al centro di una tempesta che minaccia di travolgere tutto ciò che ama, a partire dal suo cuore, destinato – secondo i piani altrui – a un’altra donna.

L’annuncio ufficiale del suo imminente fidanzamento con Irene, figlia del nobile duca di Castro Viejo, è piombato su Leonardo come una condanna a morte. Le eleganti sale della hacienda dei Montenegro, solitamente un rifugio di potere e tradizione, si sono trasformate in una prigione dorata. L’odore di cera d’api appena lucidata e di menzogne antiche aleggiava nell’aria, testimone silenzioso del tormento interiore del giovane. Don Hernando, con la sua voce baritonale che non ammetteva repliche, e Doña Amanda, con un sorriso affilato come una lama, hanno sigillato il destino del loro unico erede durante un pranzo carico di convenzioni sociali e ambizioni economiche. Gli antenati sorridevano dalla loro opulenza, ignari della sofferenza che la loro eredità stava infliggendo a un’anima viva.

Leonardo, costretto al silenzio da un pugno serrato sotto il tavolo e un dolore irradiato fino alle tempie, ha assistito impotente alla recita di un futuro che non gli appartiene. La sua anima, invece di celebrare, si stava frantumando ad ogni parola pronunciata. Ora, le congratulazioni risuonano nelle sue orecchie come un ronzio agonizzante, un eco beffardo della sua disperazione.


Ma è nel cuore di Leonardo che la vera battaglia ha inizio. L’amore per Bárbara, quel sentimento che aveva promesso di proteggere con la sua stessa vita, è il faro che lo guida nell’oscurità. Ogni incontro clandestino, ogni bacio rubato, ogni sussurro sotto la luna si sono trasformati nella spinta necessaria per rompere le catene che lo legano. Inorridito all’idea di spezzare il cuore della donna che ama, Leonardo prende una decisione drastica. Non permetterà che il suo amore venga calpestato dalle ambizioni familiari.

Con una determinazione ferrea, si dirige alle scuderie. Ensilla “Tormenta”, il suo stallone nero, e cavalca a perdifiato attraverso i sentieri che separano il suo destino da quello di Bárbara. Il vento gli sferza il viso, ma non riesce a lavare via la vergogna e il panico. Ogni galoppo è un grido disperato, un “Bárbara, perdonami. Bárbara, aspettami.”

Nel frattempo, a casa sua, Bárbara ha ricevuto la notizia nel modo più crudele possibile, attraverso le indiscrezioni di una serva al mercato del paese. Il cesto di verdure le è sfuggito di mano, spargendo il contenuto sul terreno polveroso, quasi a simboleggiare la dispersione del suo mondo. “Leonardo e Irene, fidanzati.” La parola, ripetuta incessantemente nella sua mente, suona come un veleno, ogni sillaba un colpo al cuore. Si sente stupida, ingenua, tradita. Ha creduto nelle sue promesse, si è aggrappata alla speranza del loro amore come un naufrago a un relitto, e ora la marea la sta trascinando negli abissi.


Rifugiatasi nel suo piccolo gazebo, un luogo intriso di ricordi dei loro incontri segreti, Bárbara si lascia andare alle lacrime. Lacrime di rabbia, di dolore, di una tradizione così profonda da toglierle il respiro. Tutto è stato una menzogna? Lei, un semplice passatempo prima che lui adempisse al suo vero dovere?

Ma il ruggito inconfondibile di “Tormenta” rompe il suo torpore. È lui. Leonardo, con il volto sconvolto dall’angoscia, corre verso di lei. “Bárbara,” sussurra la sua voce, roca e disperata. Lei si ritrae, l’ira che funge da scudo per i resti del suo cuore infranto. “Non osare avvicinarti a me,” sibila, la sua voce stranamente incrinata ma tagliente. “Non hai il diritto di essere qui. Dovresti essere a festeggiare il tuo fidanzamento.”

Leonardo si ferma, il dolore che gli attraversa il volto come un’ombra. “Per favore, ascoltami,” implora. “Nulla di tutto questo è ciò che sembra. È una trappola, un’imposizione dei miei genitori. Io non ho accettato nulla. Mai lo farei.”


La risata di Bárbara è amara, priva di gioia. “Eppure, tutto il valle ne parla. La figlia del duca. Un ottimo partito per l’erede dei Montenegro. Suppongo che io non mi inserissi in quel quadro, vero? Una semplice ragazza senza titolo né fortuna.”

“Non dire così,” la prega Leonardo, accorciando la distanza tra loro, prendendola delicatamente per le braccia. Anche se lei cerca di resistere, la forza per allontanarlo non c’è. “Sai che non è vero. Sai che l’unica cosa che mi importa in questo mondo sei tu. Guardami, Bárbara, per favore, guardami negli occhi.”

Lei alza lo sguardo, e nei suoi occhi Leonardo vede un universo di dolore. I suoi sono pieni di una disperazione sincera. “Mi hanno messo all’angolo,” continua lui, la voce che trema di impotenza. “Hanno fatto l’annuncio alle mie spalle, ufficialmente, davanti ai genitori di Irene. Credono che così mi obbligheranno, che non avrò altra scelta che cedere, ma si sbagliano. Te lo giuro, Bárbara, ti do la mia parola d’onore. Quel matrimonio non si celebrerà.”


Le sue dita accarezzano la sua guancia umida, un contatto che è una scarica elettrica per entrambi, un promemoria di tutto ciò che condividono e di tutto ciò che stanno per perdere.

“E come pensi di impedirlo, Leonardo?” sussurra lei, la sua corazza di rabbia che comincia a incrinarsi. “Ti affronterai a loro, a don Hernando e a doña Amanda? Sai come sono? Non si fermano davanti a nulla.”

“Mi affronterò a loro e a chiunque sia necessario,” dichiara con una convinzione feroce. “Non mi importa cosa faranno, non mi importa se mi diserederanno, se mi cacceranno di casa. Non passerò la vita intera a essere infelice al fianco di una donna che non amo. Non rinuncerò a te. Te lo prometto qui e ora, Bárbara. Quel matrimonio con Irene non avverrà mai.”


Le sue parole sono un balsamo, un fuoco in mezzo all’inverno che l’ha invasa. Una parte di lei vuole credergli, la parte che lo ama alla follia si aggrappa a quella promessa come all’aria che respira. Ma un’altra parte, quella più razionale e ferita, vede la realtà con una chiarezza brutale. “Leonardo, tua madre, doña Amanda, è un’esperta nell’arte di muovere i fili. Sa quali sono i tuoi punti deboli. Ti premerà, ti manipolerà, userà il tuo senso del dovere, l’onore della tua famiglia, tutto ciò che ti hanno inculcato fin da bambino. Ti spezzeranno e quando lo faranno, cosa resterà di noi?”

“Non potranno,” insiste lui, lo sguardo intenso. “Non questa volta, perché questa volta ho te. Tu sei la mia forza. Finché saprò che ti fidi di me, che mi aspetti, potrò affrontare tutto.” La stringe, attirandola verso il suo petto con una disperazione che dice tutto. Bárbara si lascia abbracciare, affondando il viso nella sua camicia, aspirando il suo profumo, l’odore di cuoio, di cavallo e di lui. Si permette, per un istante, di credere. Di sentire il calore del suo corpo e la sicurezza delle sue braccia.

Ma la paura è un serpente attorcigliato nel suo cuore. “E mio padre?” mormora contro il suo petto. “José Luis, anche lui sembra favorevole a questo matrimonio.” Leonardo si irrigidisce. Non aveva pensato a José Luis. “Cosa vuoi dire?” “L’ho sentito parlare,” continua Bárbara. “Dice che questa unione con la famiglia del tuo padre ci conviene. Che rafforzerebbe la nostra posizione, che ci porterebbe benefici.” La voce di Bárbara si tinge di una nuova sfumatura di desolazione. “Nemmeno lui è dalla mia parte. Sono sola in questo, Leonardo. Completamente sola contro tutti.”


Lui la allontana leggermente per guardarla di nuovo negli occhi. La vulnerabilità che vede in essi gli spezza l’anima. “Non sei sola,” dice con una fermezza incrollabile. “Hai me, e io sono più forte di tutti loro insieme quando lotto per te. Ascoltami bene, Bárbara. Parlerò con i miei genitori stasera stessa. Metterò le cose in chiaro e troverò il modo di sciogliere questo nodo. Non so ancora come, ma lo farò. Ho solo bisogno che tu ti fidi di me. Riesci a farlo? Riesci a fidarti di me ancora un po’?”

Bárbara lo guarda. Per un lungo istante vede l’amore, la determinazione, ma anche la paura nel profondo dei suoi occhi, la stessa paura che prova lei. Sa che il cammino che hanno davanti è un campo minato, ma guardandolo, sentendo il battito del suo cuore contro la sua mano, sa che non ha altra scelta. Amarlo è il suo destino, nel bene e nel male. Annuisce lentamente, una singola lacrima che le scende lungo la guancia. “Mi fido di te,” sussurra, anche se le parole suonano insieme come una preghiera e una sentenza.

Leonardo la bacia. Non è un bacio appassionato, ma uno disperato e profondo. Un bacio che tenta di sigillare una promessa impossibile, un bacio che è un giuramento contro il mondo. Quando si separano, il sole sta tramontando, tingendo il cielo di sfumature arancioni e violette. È una bellezza dolorosa, la fine di un giorno che ha cambiato le loro vite per sempre. Leonardo monta a cavallo, le dedica un’ultima occhiata carica di significato e parte, lasciando Bárbara sola nel gazebo, con il cuore diviso tra una fragile speranza e un timore opprimente. La storia d’amore che credeva solida come una roccia si allontana, diventando un’eco in una valle piena di ombre.


Mentre tanto, in un’altra ala della hacienda Montenegro, nelle stanze del servizio, l’aria è ugualmente densa, ma per ragioni diverse. Qui odora di paura stantia e di segreti sul punto di marcire. Úrsula, la giovane serva, la cui bellezza è pari alla sua astuzia, sente una corda invisibile stringersi attorno al suo collo giorno dopo giorno. La morte di Julio, l’antico fattore, rimane una ferita aperta nella vita della hacienda. Sebbene sia stata ufficialmente classificata come un incidente, gli sguardi sospettosi la seguono ovunque. Sa che Victoria, la figlia dei guardiani, una donna con cui condivide un passato torbido e pericoloso, non esiterebbe a consegnarla ai lupi se ciò le salvasse la pelle. Victoria è una sopravvissuta, proprio come lei. E nel gioco della sopravvivenza non ci sono lealtà, solo interessi.

Úrsula si guarda in un piccolo specchio nella sua stanza. La giovane del riflesso ha gli occhi spaventati, ma la mascella ferma. Il panico è un lusso che non può permettersi. Deve agire, e in fretta. Ha bisogno di un’assicurazione sulla vita, di un asso nella manica che sia così potente da non poter essere contrastato nemmeno dalla stessa Victoria. E quell’asso ha un nome: Ana.

Ana, la governante dei figli di una famiglia vicina, è una donna discreta, colta e, soprattutto, custode di segreti. Úrsula, con la sua abilità di ascoltare dietro le porte e leggere tra le righe, aveva scoperto da tempo che Ana non è chi sembra essere. C’è qualcosa nel suo passato, qualcosa che la rende vulnerabile, e la vulnerabilità nel mondo di Úrsula è sinonimo di opportunità. Era già ricorsa a lei una volta, tessendo una rete di fiducia a base di confidenze parziali e favori calcolati. Ora è il momento di riscuotere il premio maggiore.


Aspetta che scenda la sera e, con il pretesto di andare in paese a prendere delle erbe medicinali, scivola fuori dalla hacienda e imbocca il sentiero che porta alla casa dove lavora Ana. La trova in giardino a potare delle rose alla luce di un lume. “Buonasera, Ana,” dice Úrsula con una voce morbida, quasi melliflua. Ana sussulta, lasciando cadere le cesoie. Non l’aveva sentita arrivare. “Úrsula, mi hai fatto spaventare. Cosa ci fai qui a quest’ora? Stavo passeggiando.” Mente con facilità. Ha bisogno di aria fresca. “L’atmosfera nella hacienda è carica,” fa una pausa, lasciando che la curiosità di Ana faccia il suo lavoro. “Per il fidanzamento di don Leonardo.” Ana annuisce, riacquistando la compostezza. “Una buona notizia, immagino, l’unione di due famiglie così importanti.”

“Per alcuni,” risponde Úrsula, il suo tono che insinua tutto il contrario. “Per altri è l’inizio della fine.” Si avvicina ad Ana, il suo viso che assume un’espressione di grave confidenza. “Infatti, è per qualcosa legato alle tensioni che questo sta generando che sono venuta a trovarti. Ho bisogno di chiederti un favore, un favore molto grande.” Ana la guarda con sospetto. Il primo favore che le aveva chiesto Úrsula era stato innocuo, ma le aveva lasciato uno strano senso di debito. “Che tipo di favore, Úrsula? Sai che la mia posizione qui è delicata. Non posso immischiarmi negli affari dei Montenegro.”

“Non direttamente, ovviamente,” dice Úrsula, abbassando la voce fino a farla diventare un sussurro cospiratorio. “È qualcosa di personale e molto discreto. Vedi, con tutto questo trambusto, ci sono certi documenti, certe lettere che sono rimaste esposte, lettere che potrebbero essere mal interpretate e causare un danno terribile a persone innocenti.” Úrsula sta improvvisando una storia al momento. Le migliori bugie si vestono sempre con le vesti della protezione e della nobiltà.


“Lettere. Che lettere?” chiede Ana, incuriosita nonostante se stessa. “Non posso darti dettagli per la tua stessa sicurezza.” Úrsula la guarda con i suoi grandi occhi, fingendo una profonda preoccupazione. “Posso solo dirti che si trovano in un luogo a cui io non posso accedere senza destare sospetti.”

Nello studio di don Hernando. Il cuore di Ana fa un balzo. Lo studio del patriarca dei Montenegro, è una follia. “Impossibile,” esclama in un sussurro soffocato. “Nessuno entra in quello studio senza il suo permesso. È il luogo più sorvegliato di tutta la casa.” “Lo so,” conferma Úrsula, la sua voce ora urgente. “Ecco perché ho bisogno di te. Tu non sei del servizio. A volte vieni in biblioteca a consultare libri con il permesso di doña Amanda. Lo studio è proprio accanto. Nessuno sospetterebbe di te se potessi trovare un momento, una scusa.”

“Per cosa? Per delle lettere? Sei pazza, Úrsula? Non farò una cosa del genere. Potrebbero licenziarmi o peggio.” Úrsula sospira come se le dispiacesse dover arrivare a quel punto. Il suo viso si indurisce sottilmente. “Ana, credimi, capisco la tua paura, ma il danno che quelle lettere possono fare è molto più grande del rischio che correresti tu. Pensalo come un atto di giustizia.” Fa un passo avanti, la sua voce che diventa pericolosamente seducente. “Inoltre, non te lo chiederei se non sapessi che sei una donna di risorse. Una donna che sa cosa significa avere un passato. Una donna che è arrivata a Valle Salvaje cercando un rifugio da Salamanca.”


La menzione di Salamanca è come un pugno allo stomaco per Ana. Impallidisce visibilmente. Come lo sapeva? Nessuno nella valle conosceva la sua vera origine né le ragioni per cui era fuggita dalla sua città natale. Úrsula vede il panico nei suoi occhi e sa di averla in pugno. Continua. La sua voce ora un misto di ricatto e falsa solidarietà. “Tutti abbiamo segreti, Ana. Io custodirò il tuo se tu mi aiuterai con questo. Devi solo entrare, prendere una busta che sarà nel secondo cassetto a destra della scrivania, una busta senza mittente, e portarmela. Nessuno lo saprà. E poi entrambe potremo continuare le nostre vite più sicure.”

Ana è intrappolata. La richiesta di Úrsula è una follia, un rischio demenziale, ma la minaccia implicita nelle sue parole è ancora peggiore. Il suo passato, se venisse a galla, la distruggerebbe. Guarda la giovane serva che ha di fronte e non vede più una ragazza spaventata, ma una ragno che tesse la sua tela. Ma quali intenzioni reali si celano dietro quella richiesta? Sono davvero lettere quelle che cerca? O è qualcos’altro? Un documento, un testamento, una prova che potrebbe usare per salvarsi dall’impiccagione e guadagnare potere? Ana non lo sa. Sa solo che Úrsula l’ha intrappolata nel suo gioco e che rifiutarsi non è un’opzione.

“Quando?” chiede con voce tremante. Un sorriso quasi impercettibile si disegna sulle labbra di Úrsula. “Domani, durante la cena. Don Hernando sarà impegnato con i suoi ospiti. Sarà il momento perfetto.” Si volta e si allontana nell’oscurità, lasciando Ana tremante tra i roseti, con l’odore dei fiori che si mescola al fetore della paura. Úrsula ha messo in moto il suo piano, un piano disperato che potrebbe salvarla, condannarla per sempre, e che trascinerà altri nella sua caduta. Tutto sta per cambiare.


Lontano dal dramma dei Montenegro e dalle intrighi del servizio, nella modesta casa che condivide con Alejo, Luisa vive il suo inferno personale. Il suo non è un inferno di passioni proibite o di minacce di morte, ma uno molto più silenzioso e tortuoso, l’inferno della memoria. L’arrivo di Tomás nella Valle è stato come disseppellire un cadavere che credeva di aver sepolto molti anni prima. Tomás, la sua presenza è una costante accusa silenziosa. Ogni volta che si incrocia con lui in paese, ogni volta che sente il suo sguardo su di sé, il passato si abbatte e la soffoca. Un passato che condividono solo loro due, un segreto oscuro e pesante che la perseguita nei sogni e la tormenta nella veglia.

Quel pomeriggio, l’angoscia è quasi insopportabile. Cerca di cucire una camicia per Alejo, ma le sue mani tremano così tanto che l’ago le sfugge dalle dita e si è già punta tre volte, macchiando il tessuto bianco con minuscole gocce di sangue. La sua respirazione è superficiale, il suo cuore un tamburo sfrenato nel petto. Alejo, entrato nella stanza senza fare rumore, la osserva per un momento dalla soglia. Vede il suo pallore, il sudore sulla sua fronte, il modo in cui il suo sguardo è perso in un punto invisibile del muro. Il suo stato è peggiorato nelle ultime settimane, ma oggi è diverso. Oggi sembra essere sull’orlo del collasso.

“Luisa, tesoro, stai bene?” chiede con una voce morbida, carica di preoccupazione. Lei sussulta come se fosse stata svegliata da un incubo. Lascia da parte la cucitura e forza un sorriso che non raggiunge i suoi occhi. “Sì, Alejo, sono solo un po’ stanca. È tutto.”


“Non è solo stanchezza, lo sai,” dice lui, avvicinandosi e sedendosi accanto a lei. Le prende le mani fredde tra le sue. “Sei così da giorni, distante, spaventata, mangi appena, dormi appena. È per Tomás, vero? Da quando quell’uomo è tornato, non sei più la stessa.” Luisa distoglie lo sguardo. Non può confessarglielo. Non può raccontargli la verità. Il segreto è così orribile che teme che se lo pronunziasse ad alta voce, distruggerebbe non solo la sua vita, ma anche l’amore di Alejo, l’unica cosa buona e pura che possiede. “Non so di cosa parli. Tomás è solo qualcuno del passato. Non ha alcuna importanza.”

“Allora perché tremi ogni volta che senti il suo nome?” insiste Alejo, il suo tono paziente ma fermo. “Luisa, sono tuo marito. Puoi fidarti di me. Qualunque cosa sia successa tra voi, possiamo affrontarla insieme. Ma questo silenzio ti sta consumando.”

Ciò che più terrorizza Luisa è proprio il silenzio di Tomás. Non l’ha minacciata direttamente, non ha detto una parola su quella faccenda, ma non è necessario. La sua mera presenza, i suoi sorrisi criptici, le sue frasi ambigue sono una forma di tortura psicologica molto più efficace. La tiene in uno stato di allerta costante, aspettando il momento in cui lui deciderà di parlare e far esplodere il suo mondo in mille pezzi. È come vivere con una spada di Damocle sulla testa. “Non c’è niente da affrontare,” mente Luisa, la voce un filo. “Te lo assicuro. Sono solo vecchi fantasmi. Se ne andranno come sono venuti.” Ma nemmeno lei si crede alle sue parole. La paura cresce nel suo interno come un’erbaccia, soffocando tutto il resto. Teme che la sua angoscia, sempre più visibile, finisca per tradirla. Se Alejo iniziasse a indagare, a indagare su Tomás. L’idea è così terrificante che prova nausea.


Quella notte non riesce a dormire. Si gira e rigira nel letto con gli occhi aperti nell’oscurità mentre la mente le proietta immagini frammentate di una notte lontana. Una strada fangosa, la luce di una luna malata, il suono della pioggia, l’odore di terra bagnata e di paura, e il volto di Tomás, giovane allora, ma con lo stesso sguardo freddo e calcolatore che ha ora. Si alza e va in cucina a prendere un bicchiere d’acqua. Guardando fuori dalla finestra verso l’oscurità della campagna, le sembra di vedere una figura in piedi accanto al vecchio albero di quercia in giardino. Il sangue le si gela nelle vene. Strizza gli occhi e per un istante crede di riconoscere la silhouette di Tomás che osserva la casa. Osservandola. Lei sbatte le palpebre e la figura scompare. Era reale o solo un prodotto della sua mente tormentata. Non lo sa più distinguere. La paura la sta facendo impazzire, erodendo il confine tra realtà e paranoia. Appoggia la fronte al vetro freddo della finestra, sentendo come le lacrime di panico cominciano a sgorgare. Il passato non solo la perseguita, è tornato per reclamarla e sa, con una certezza terrificante, che non potrà più nasconderlo a lungo. La sua relazione con Alejo, la sua pace, la sua intera vita pendono da un filo e Tomás è colui che tiene le forbici.

Di ritorno nella villa Montenegro, la tensione è tale che si potrebbe tagliare con un coltello. Leonardo ha richiesto un’udienza con i suoi genitori e ora sono tutti e tre riuniti nello studio di don Hernando, lo stesso studio che Úrsula pianifica di assaltare. Il fuoco crepita nel camino, ma non porta calore, solo un gioco di ombre danzanti che allungano le figure e accentuano la gravità della situazione. Don Hernando è seduto dietro la sua imponente scrivania di mogano con le dita intrecciate sul cuoio lavorato. Doña Amanda rimane in piedi vicino alla finestra, la sua silhouette ritagliata contro il cielo notturno. Entrambi guardano il loro figlio con un’espressione che è un misto di delusione e autorità inamovibile.

“Ebbene,” comincia don Hernando, la sua voce che rimbomba nel silenzio. “Ci hai fatto chiamare con un’urgenza che suggeriva un affare di stato.” Leonardo inspira profondamente, raccogliendo tutto il suo coraggio. Si è passato l’ultima ora a provare il suo discorso, ma ora, di fronte allo sguardo gelido dei suoi genitori, le parole sembrano goffe e deboli. “Padre, madre, vengo a parlarvi della decisione che avete preso senza il mio consenso… dell’annuncio che avete fatto questo pomeriggio.”


“Non è stata una decisione, Leonardo, è stata una formalità,” corregge doña Amanda senza voltarsi. “Il culmine di mesi di negoziati, un grande traguardo per questa famiglia. Dovresti esserne grato.”

“Grato?” L’incredulità colora la voce di Leonardo. “Grato perché mi incatenate a vita a una donna per la quale non provo assolutamente nulla? Grato perché decidete il mio futuro come se fosse una delle vostre transazioni commerciali?”

“Modera il tuo tono, ragazzo,” ammonisce don Hernando, battendo la mano sulla scrivania. “Irene è una dama, è bella, istruita e, cosa più importante, è una Castro Viejo. Quest’unione consoliderà il nostro potere nella regione in un modo che nemmeno immagini. L’amore è un lusso di poeti e contadini. Noi, i Montenegro, abbiamo doveri.”


“Il mio dovere è verso la mia stessa felicità,” replica Leonardo, facendo un passo avanti. “E la mia felicità non è al fianco di Irene. La mia felicità ha un altro nome.”

Doña Amanda si volta finalmente e sul suo volto c’è un sorriso condiscendente. “Ah, sì, la figlia di José Luis. Bárbara.” Pronuncia il nome come se fosse qualcosa di sporco. “Credevi davvero che non fossimo a conoscenza delle tue scappatelle romantiche. Sei prevedibile, figlio. Quella ragazza è una distrazione, un capriccio. Non è la donna giusta per starti accanto, per essere la signora di questa casa.”

“Voi non sapete nulla di lei,” dice Leonardo tra i denti, “e non sapete nulla di ciò che provo. Amo Bárbara ed è con lei che mi sposerò.” Il silenzio che segue la sua dichiarazione è pesante, assoluto. Don Hernando lo guarda come se gli fossero spuntate due teste. Doña Amanda, d’altra parte, emette una risata breve e secca. “Che commovente, ma anche che irrilevante. Il fidanzamento con Irene è già pubblico. Annullarlo ora provocherebbe uno scandalo monumentale. Sarebbe un insulto imperdonabile al duca di Castro Viejo. Diventeremmo lo zimbello di tutta la contea e ci guadagneremmo un nemico molto potente. È questo che vuoi? Trascinare il nome della tua famiglia nel fango per un capriccio?”


“Non è un capriccio,” insiste Leonardo, la sua voce carica di frustrazione. “È la mia vita.”

“Non capisci. Quello che capiamo è che stai agendo come un bambino viziato,” interviene suo padre, alzandosi dalla sedia. La sua imponente figura sembra riempire tutta la stanza. “Ti abbiamo dato tutto. Un nome, un’educazione, una fortuna. In cambio, ti chiediamo solo una cosa, che tu adempia al tuo dovere. Ti sposerai con Irene, assicurerai il lignaggio e il futuro di questa famiglia e porrai fine a questa assurda avventura con quella ragazza immediatamente. È la mia ultima parola.”

Leonardo li guarda uno ad uno. Vede la determinazione incrollabile nei loro occhi, l’acciaio nelle loro voci. Si rende conto che non c’è argomento che possa convincerli, non c’è supplica che possa ammorbidirli. Per loro, lui non è una persona, ma uno strumento, un pezzo sulla loro scacchiera. E in quel momento qualcosa dentro di lui si spezza. L’obbedienza, il rispetto filiale che gli avevano inculcato per tutta la vita si frantuma.


“No,” dice la sua voce sorprendentemente calma, ma piena di una nuova e fredda risolutezza. “Non lo farò.”

“Cosa hai detto?” ringhia don Hernando.

“Ho detto di no. Non mi sposerò con Irene. E se tenterete di obbligarmi, se continuerete con questa farsa, me ne andrò. Rinuncerò al cognome, all’eredità, a tutto, ma non rinuncerò alla mia vita né alla donna che amo.” Si volta e cammina verso la porta senza aspettare risposta. Prima di uscire, si ferma e guarda i suoi genitori sopra la spalla. “Gliel’ho promesso a lei. Le ho promesso che questo matrimonio non si sarebbe celebrato e intendo mantenere la mia promessa, anche se fosse l’ultima cosa che faccio.”


Chiude la porta alle sue spalle, lasciando i suoi genitori immersi in un silenzio attonito. Per la prima volta nella sua vita, li ha sfidati apertamente. La guerra è stata dichiarata e mentre cammina per i corridoi oscuri della villa, Leonardo sente una strana miscela di terrore e liberazione. Ha bruciato i ponti. Ora non gli resta che avanzare, senza sapere se alla fine del cammino troverà la felicità o la rovina totale. Ma per la prima volta sente che è lui a tenere le redini del proprio destino.

La notte a Valle Salvaje è profonda ed è piena di segreti. Una promessa d’amore lotta per sopravvivere contro il peso della tradizione. Un piano disperato viene messo in moto nelle ombre, minacciando di far emergere verità nascoste. E un passato terrificante incombe su un’anima tormentata, a un passo dal distruggere la fragile pace di una casa. Il mercoledì successivo non sarà un giorno qualunque, sarà il giorno in cui tutti questi fili tesi al limite cominceranno a spezzarsi.