AVVISO ESCLUSIVO: “SOGNI DI LIBERTÀ” – MERCOLEDÌ 10 SETTEMBRE ANTENA 3, CAPITOLO 393: LUIS SCOPRE TUTTO IN UN TURBINE DI VERITÀ NASCOSTE E CONSEGUENZE DEVASTANTI
Amici appassionati di “Sueños de Libertad” (Sogni di Libertà), preparatevi a un episodio che segnerà una svolta epocale. Mercoledì 10 settembre, Antena 3 alzerà il sipario sul capitolo 393, un appuntamento carico di tensione, rivelazioni scioccanti e dinamiche umane portate al limite. Il filo conduttore di questo episodio promette di essere la scoperta di Luis, un momento che cambierà per sempre la sua percezione della realtà e le sorti di coloro che ama.
La scena iniziale ci catapulta nell’ufficio di Damián, dove una Cristina visibilmente turbata cerca risposte. L’atmosfera è carica di un’urgenza palpabile. “Mi dispiace se l’ho disturbata con la mia visita in fabbrica,” esordisce Cristina, la sua voce leggermente incrinata dall’ansia. “Mi avevano detto che oggi pomeriggio non sarebbe passato di lì e avevo bisogno di vederla.” Damián, con un’espressione di pacata comprensione, la invita a sedersi: “Non si preoccupi, si accomodi, per favore.” La conversazione prende immediatamente una piega seria. “Mi dispiace molto per quello che è successo alla madre di Tasio,” prosegue Cristina, cercando forse un terreno comune. Damián annuisce, il suo sguardo perso per un istante nel ricordo: “Sì, è stato molto triste e soprattutto inaspettato. Ma immagino che non sia venuta a parlare di questo. Mi dica, cosa posso fare per lei?”
È qui che Cristina svela la vera natura della sua preoccupazione. “Sarò chiara,” dichiara con fermezza, nonostante la vulnerabilità trasparente nei suoi occhi. “Io e Irene siamo molto preoccupate per la mancanza di notizie di Pepe. Non è solo non sapere dove sia, ma se stia bene o meno. Abbiamo provato a indagare per conto nostro, ma non abbiamo ottenuto nulla.” Damián, con la sua consueta schietta curiosità, domanda: “E don Pedro non ha chiarito se avesse qualcosa a che fare con quella scomparsa? Mi perdoni la schiettezza.” La risposta di Cristina è carica di frustrazione: “No, don Pedro giura di non sapere nulla e ci ha lasciate entrambe con la stessa angoscia.”
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La conversazione si sposta poi su un piano più personale, toccando le intricate relazioni familiari. Damián confessa a Cristina: “Mi dispiace, Cristina. Se mi sono messo in contatto con lui, è stato perché sapevo che desideravi conoscere tuo padre.” Cristina, con una sincerità disarmante, aggiunge: “E so che questo le è costato la relazione con Irene, ma devo confessarle che da parte mia sono felice di aver scoperto la verità su di lui.” Un sorriso, quasi impercettibile ma carico di significato, solca il volto di Damián. “Non sa quanto sono grato di sentire questo, soprattutto provenendo da lei.” L’entusiasmo di Cristina esplode: “Glielo dico sinceramente. Per questo ho bisogno di chiederle un favore. Ho bisogno che mi dia tutte le informazioni sulla mia famiglia che ha trovato il detective che lavorava per lei.” Damián, con un velo di scetticismo, la avverte: “La avverto che non troverà nulla che non sappiate già.” Ma Cristina è irremovibile: “Ma potrebbe esserci qualche indizio? Qualche dettaglio trascurato, qualcosa che ci aiuti a trovare Pepe?”
Damián cede, riconoscendo l’efficacia del suo investigatore: “Quel detective ha scoperto moltissime cose, per questo l’ho ingaggiato, perché è molto efficace.” Con i documenti in mano, Cristina è un fascio di speranza e determinazione: “Sì, sì, lo vedo. Ho anche bisogno del suo contatto. Credo che se qualcuno può scoprire dov’è Pepe, è quel detective.” Damián le fornisce il nome, Ángel Ruiz, ma con un’ultima avvertenza: “Non so se le sarà d’aiuto, perché non siamo finiti in ottimi rapporti.” Cristina, con una sicurezza incrollabile, replica: “Questo lo lasci a me. Moltissime grazie per il suo aiuto.”
Nel frattempo, nel laboratorio, un’altra crisi sta prendendo forma. Gema irrompe nella scena, trovando Joaquín e Luis insieme, e il suo volto è segnato da una preoccupazione crescente. “Meno male che vi trovo,” esclama, la voce tesa. “Devo parlare con voi.” Joaquín risponde, il suo tono pronto ad ascoltare: “Certo. Cos’è successo?” Gema continua: “È per vostra madre. Mi ha preoccupata perché è già la seconda volta che mi dà delle scuse per non venire a mangiare a casa. Non è da lei. Vuole sempre passare tempo con Teo.” Luis interviene, cercando di razionalizzare: “Gema, è normale.” Ma Joaquín, con un gesto, lo interrompe: “Luis, lasciala parlare.”

Il racconto di Gema svela una realtà inquietante: “Non riuscivo a togliermi dalla testa quanto la vedessi stare male. Avevo bisogno di sapere come stava e mi sono resa conto che era per don Pedro. Che non vuole venire a casa.” Luis, ora visibilmente allarmato, incalza: “Ma si può sapere cosa succede tra Pedro e Madre? Me lo volete raccontare una volta per tutte?” Gema, con un sussurro carico di orrore, confessa: “Vostra madre aveva un livido sullo zigomo e sull’occhio. L’ho visto perfettamente, nonostante tutto il trucco che portava.” Joaquín, l’ira che monta, alza la voce: “Mi sta dicendo che quel disgraziato sta mettendo le mani addosso a mia madre?” Gema annuisce, aggiungendo un dettaglio agghiacciante: “Si è resa conto che l’avevo visto e mi ha fatto un gesto per non dire nulla davanti a don Pedro.” Luis, ancora incredulo, cerca una spiegazione razionale: “Vediamo, un momento, ci deve essere una spiegazione.”
Ma la spiegazione che segue è ancora più dolorosa. Joaquín, indignato, esplode: “Dovevo tirarla fuori da quella casa. Come ho potuto permetterlo?” Luis, cercando di mantenere un barlume di razionalità, tenta di placarlo: “Calmiamoci un momento. Ci deve essere una spiegazione.” È in questo momento che Joaquín rivela un retroscena che aggrava ulteriormente la situazione: “C’è qualcosa che avrei dovuto dirti prima. Quel disgraziato ha sabotato il mio lavoro in direzione per togliermi il posto. Me lo ha confessato lui stesso e poi si è compiaciuto umiliandomi.” Luis, sconvolto, domanda: “Madre lo sa?” Joaquín annuisce. “Allora perché gli sta ancora accanto?” incalza Luis, la sua voce carica di disperazione. Gema interviene, offrendo una prospettiva tragica: “Perché deve restare lì. Quell’uomo è anziano e si sta spegnendo.” Luis, infuriato, dichiara: “Allora dobbiamo fermarlo subito. Non gli toccherà più un capello.” Joaquín, tuttavia, cerca di prevalere con la prudenza: “Ascoltami, la prima cosa che dobbiamo fare è parlare con madre e farci spiegare cosa sta succedendo prima di fare qualsiasi cosa.” Gema, con realismo, obietta: “Dubito molto che vorrà che la vediate con quel colpo in faccia. Darà qualsiasi scusa per evitarlo.” Joaquín, tuttavia, è determinato: “No, troveremo un motivo per cui non possa rifiutarsi di venire a casa.” Con un’azione rapida, afferra il telefono e chiama Digna, usando come pretesto il malessere di Teo, impossibilitato a prendersi cura di lui. Digna, infine, acconsente.
Più tardi, Digna arriva a casa dei figli, trovandola inspiegabilmente vuota. Le sue chiamate a Gema rimangono senza risposta, finché non sono i suoi figli ad apparire. “Cosa ci fate qui?” esordisce, confusa. “Non dovevate essere al lavoro? Dov’è Teo?” Joaquín, con la voce che cerca di essere rassicurante, risponde: “Non si preoccupi, madre. Teo sta bene. È uscito con Gema a fare un giro.” Digna, ancora più perplessa, domanda: “Cosa sta succedendo? Perché mi avete fatto venire per prendermi cura del bambino se il bambino sta bene?” È Joaquín, il cui sguardo è diventato severo, a porre la domanda fatidica: “Madre, cosa le è successo sul viso?”

La risposta di Digna è un’altra domanda, carica di imbarazzo e paura: “Avete parlato con Gema?” Luis interviene, la sua voce tagliente: “Guardaci in faccia e dimmelo. Don Pedro ti ha picchiata.” Digna, in lacrime, nega: “No, no mi ha picchiato. No, che vergogna. Mio Dio. Per favore, non state male.” Joaquín insiste, il suo tono ora più morbido, empatico: “Siamo i tuoi figli. Nessuno meglio di noi lo capirà.” È allora che Digna, con voce spezzata, inizia a svelare la tragica verità: “Abbiamo discusso molto forte. Era fuori controllo, mi ha afferrato per le braccia. Ho cercato di liberarmi, ma mi faceva molto male. Gli ho anche urlato, abbiamo lottato. Ho cercato di liberarmi con tanta forza che, con sfortuna, ho sbattuto contro la porta in faccia.” Luis, il sangue che gli bolle nelle vene, esplode: “Vado subito ad affrontarlo, quel disgraziato!”
Ma Digna, con uno sforzo disperato, lo ferma: “Luis, no, non fare niente. Pedro mi ha in pugno.” Luis, incredulo, le chiede: “Ma cosa sta dicendo, madre? Non può trattarla così, né averla in suo potere.” Joaquín, con saggezza, interviene: “Luis, ascolta madre.” Luis, però, è irremovibile: “Ma andiamo a vedere perché dice che la tiene in pugno.” Ed ecco che la confessione di Digna diventa un baratro di disperazione: “Perché è la verità. Pedro sa cosa ho fatto e se non faccio quello che mi chiede, mi denuncerà alle autorità. Io sono responsabile della morte di tuo cugino.”
La narrazione di Digna rievoca un passato traumatico: “Quella notte abbiamo discusso. Lui mi ha tirato fuori una pistola, me l’ha puntata contro, ha suonato il telefono e io ho approfittato del suo momento di distrazione per spingere l’arma, allontanarla da me, con così tanta sfortuna che l’arma si è sparata.” Joaquín interviene, chiarendo un dettaglio cruciale che ribalta la prospettiva: “Ma Jesús aveva la pistola in ogni momento. Madre non ha fatto nulla. Dopo, don Pedro ha aiutato a coprire tutto. Per questo non possiamo affrontarlo, perché se lo facciamo, madre finirà in carcere.”
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La scena si sposta nuovamente nella fabbrica, dove Irene incrocia don Pedro. L’incontro è carico di un’ambiguità sottile. “Non mi aspettavo di trovarla qui a lavorare,” commenta Irene, con un tono che oscilla tra la sorpresa e una nota di ironia. “Visto che era andato a casa, pensavo che sarebbe rimasto a riposare.” Don Pedro, con una gravità che non ammette repliche, risponde: “In questo momento c’è molto lavoro da fare.” Irene, con un filo di preoccupazione genuina, chiede: “Come si sente?” La sua risposta è un sospiro di rassegnazione: “Ogni giorno mi sento peggio. Mi avevano già avvisato che sarebbe stato così. Non c’è niente che possa fare per rimediare.”
Irene, cercando un appiglio, azzarda: “Beh, almeno ha Digna al suo fianco, no?” Don Pedro, con uno sguardo che tradisce un profondo rimpianto, replica: “Anche io vorrei che fossi tu. So che non mi crederà, ma tutto quello che ho fatto in passato l’ho fatto pensando che fosse il meglio, per poi rendermi conto adesso di quanto mi sia sbagliato.” Irene, con una mossa sorprendente, sceglie la via del perdono: “Mi dispiace di aver reagito come ho reagito quando ho saputo della sua malattia. Mi duole nell’anima che stiamo così. So che quello che ha fatto, per quanto sbagliato fosse, era il suo modo di proteggermi, di amarmi. E a volte penso che dovrei perdonarla e tornare a casa.” Don Pedro, con gli occhi lucidi per l’emozione, si avvicina: “Per Dio, Irene, è quello che chiedo a Dio ogni giorno. È quello che più mi serve in questo momento, recuperarla.” Irene aggiunge, la sua voce che vacilla tra il rancore passato e la compassione presente: “È che non voglio lasciarmi trasportare dal rancore, soprattutto vedendola così.” Don Pedro, con un’intensità straziante, interviene: “Non sa come sto passando questo periodo. Non è solo dolore fisico, anche la sofferenza tra noi. Questo mi spezza il cuore.”
È a questo punto che Irene pone le sue condizioni, una mossa audace che ribalta le dinamiche di potere: “Pedro, sarei disposta a tornare e a prendermi cura di lei, ma devo chiederle qualcosa in cambio.” Lui, con un filo di speranza nella voce, domanda: “Cosa?” Irene, senza esitazioni, dichiara: “La prima, che mi dica dov’è José. E la seconda, che lasci andare Digna a casa sua. Se io torno, non ha più bisogno di lei.” Don Pedro replica, ma questa volta è la sua risposta a essere velata da un’ombra di disperazione e negazione: “Non posso dirle dove si trova José perché non lo so. Per quanto riguarda Digna, ora è molto confusa, come lo era anche lei, Irene.” Irene lo interrompe, la sua voce ferma: “Questo non è vero, e lei lo sa, Pedro.” Don Pedro insiste, aggrappandosi a un barlume di speranza: “Sono sicuro che ricorderà l’amore che ci ha unito e perdonerà. Torneremo ad essere come prima. Non ha nessun motivo per andarsene da me.” Irene, con una determinazione incrollabile, conclude: “Pedro, questa volta non è lei a porre le condizioni.” Lui, incredulo, ribatte: “Nello stato in cui mi trovo, mi metterà delle condizioni.” Irene annuisce: “Sì, glielo ripeto. Tornerò se mi dice dov’è José e restituisce la libertà a Digna.” Don Pedro, ferito nel profondo, risponde: “Era tutta la compassione che mi avrebbe dato?” Irene conclude con un ultimo, ponderato pensiero: “Non deve rispondermi ora, Pedro. Ci pensi con calma. Non ho più niente da dirle.”

Il capitolo 393 di “Sogni di Libertà” promette di essere un vero e proprio terremoto emotivo, con segreti svelati, legami spezzati e la possibilità di una fragile riconciliazione che pende da un filo sottile. Non perdetevi questo appuntamento imperdibile mercoledì 10 settembre su Antena 3!
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